Chiudi
Cultura

Come una storia trovata in fondo a un cassetto è diventata un romanzo di successo 

come-una-storia-trovata-in-fondo-a-un-cassetto-e-diventata-un-romanzo-di-successo 

AGI – Vincere il Premio Bancarella con il libro d’esordio è da togliere il fiato, farlo raccontando la storia della propria bisnonna è un’emozione impagabile. Francesca Giannone, autrice di ‘La portalettere’, romanzo edito da Nord e presenza stabile in classifica dall’uscita nel gennaio 2023, si gode il successo e il risultato e si prepara alla trasposizione cinematografica di questa storia che, ambientata tra gli anni ’30 e gli anni ’60 resta di grande attualità. L’abbiamo intervistata.

Questo romanzo si inserisce in un filone che ci è familiare: una storia con figure femminili molto forti e, su tutte, quella di Anna, prima donna del sud d’Italia a vincere un concorso per diventare postina

È una storia che mi appartiene, perché Anna era la mia bisnonna, e che ho scoperto tramite un biglietto da visita trovato in un cassetto e che riportava per l’appunto nome, cognome e la dicitura ‘portalettere’.

Una storia di ordinario eroismo, considerata l’epoca…

La storia di una donna che arriva dalla Liguria in Salento e compie un atto rivoluzionario, un gesto eroico, pur non essendo ovviamente un’eroina e restando comunque un essere umano, con le sue fragilità, le sue debolezze.

Una storia rimasta chiusa in un cassetto per anni. Possibile che a tavola la domenica non si parlasse mai di questa nonna rivoluzionaria?

È proprio perché questa impresa è rimasta dimenticata per decenni che ho scritto questo romanzo: per restituirne la memoria. È iniziato tutto con un biglietto da visita di cui sono rimasti soltanto due esemplari. Era lì in un cassetto insieme ad altre foto in bianco e nero. Sapevo che la mia bisnonna faceva la postina ma nessuno mi aveva parlato del fatto che fosse stata la prima nel sud Italia. La sua impresa era data non solo per scontata, ma forse non è stata capita e valorizzata fino in fondo, non solo dalla mia famiglia, ma dalla comunità, dal Paese, che fortunatamente adesso sta riscoprendo questa concittadina. Anche se non è una saga familiare, racconta attraverso Anna la storia di una famiglia che seguiamo per due generazioni. Una famiglia a centro della quale c’è un conflitto molto importante, che poi è il filo rosso del romanzo: due fratelli innamorati della stessa donna, un conflitto molto doloroso che seguiamo fino all’ultima pagina

Se fosse stata pugliese invece che ligure avrebbe fatto una scelta così rivoluzionaria?

Questo non lo so. Bisogna comunque dire che prima di lei nessuna donna in paese aveva pensato di partecipare al concorso delle poste per diventare portalettere. Secondo me dipendeva dal fatto che avesse un’istruzione solida alle spalle, a differenza magari di tante altre donne che a stento avevano frequentato la scuola elementare. Lei si presenta al concorso e lo vince proprio grazie al fatto che ha un grado di istruzione più alto rispetto agli uomini.

Abbiamo una storia d’amore molto forte e una storia di emancipazione. Sono gli ingredienti per la storia perfetta per questo momento storico?

Ho iniziato a scrivere questo romanzo senza pensare minimamente nella pubblicazione né al pubblico che poi lo avrebbe letto. Sapevo solo di doverla scrivere. Nel momento in cui ho trovato quel biglietto da visita, ho deciso che dovevo raccontarla, senza alcuna pressione editoriale. Ho dato vita a questo romanzo in quella che poi ho ribattezzato ‘scrittura liberata’. Non ho seguito tendenze, non ho pensato a un pubblico. Ma poi in qualche modo il suo pubblico lo ha trovato. Probabilmente anche il fatto di scrivere senza condizionamenti è stato anche una carta vincente: i lettori hanno sentito che c’era cuore e non una macchina narrativa.

Lei, come la protagonista del suo libro, ha fatto una scelta particolare: ha studiato cinematografia a Roma, scrittura a Bologna e poi è tornata a Lizzanello, il paese dove è ambientato il romanzo. Come mai questa questa scelta?

Ho seguito le orme di Anna senza saperlo. Io ho passato un po’ di anni fuori, poi a un certo punto ho deciso di tornare a casa, alla mia terra, per restituirle qualcosa di tutto quello che avevo assimilato e raccolto. Ed è stato soltanto una volta tornata in Salento che mi sono imbattuta in questa storia.  In qualche modo forse era scritto che dovesse andare così.

 

Lei è anche pittrice e la sua pittura è molto concentrata sulle figure femminili. È una narratrice, ha studiato cinematografia, quindi conosce benissimo i canoni narrativi cinematografici e questo si vede anche nel romanzo. Quanto è importante avere gli strumenti tecnici ma essere capaci di cercare nelle proprie radici per costruire una storia?

È importantissimo perché non ci si può improvvisare narratori. Ho studiato al centro sperimentale di cinematografia, ho frequentato la scuola di scrittura fondata da Carlo Lucarelli a Bologna, la Bottega Finzioni, che mi ha dato gli strumenti con cui poter maneggiare il materiale narrativo. E ci vuole consapevolezza, non bastano soltanto la voglia di scrivere una storia e la passione. Non basta neanche il talento, perché il talento non serve a nulla se non si hanno gli strumenti per poterlo maneggiare. Quindi credo che sia importante avere gli strumenti del mestiere, una cassetta di attrezzi, che è indispensabile nel momento in cui ci si accinge a scrivere un romanzo, che significa centinaia e centinaia di pagine e anni di lavoro. Bisogna saper costruire un impianto narrativo che regga e se non si hanno questi strumenti si rischia di non farcela. Non basta essere un lettore forte per poter scrivere.

I finalisti del premio Bancarella erano sei, tre uomini e tre donne. I finalisti dello Strega erano cinque, quattro donne e un uomo. In totale possiamo dire che fino ad ora c’è una prevalenza di mondo femminile e c’è anche una forte presenza di storie di emancipazione femminile. È un tema che ha una sua urgenza di essere raccontato?

Io penso che si sentisse un po’ la mancanza dello sguardo femminile sulle cose, che è diverso da quello maschile. Quante donne ci sono state raccontate attraverso gli occhi degli uomini? Anna Karenina, Madame Bovary, ci sono personaggi memorabili, raccontati da uomini. Avere il punto di vista femminile sulle cose probabilmente è qualcosa che a lettrici e lettori mancava.

Redazione

Autore Redazione