AGI – In attesa che le rilevazioni ufficiali chiariscano chi ha trionfato nella gran tenzone finale delle Feste, il 2023 dei libri si chiude (al momento) con un 0,3% di vendite, corrispondenti a 1.283 milioni di euro e 85,7 milioni di copie (dati Associazione Italiana Editori – Nielsen BookScan relativi ai primi 11 mesi dell’anno). Il mercato appare diviso a metà tra piccoli e medi (50,1%) e grandi editori, mentre tra i canali di vendita recuperano sia le librerie fisiche (dal 53,4 al 54,5%) che la grande distribuzione (dal 4,7 al 4,9%), con l’e-commerce che scende dal 41,9 al 40,6%.
La classifica provvisoria
Sempre stando ai dati dell’AIE relativi ai primi 11 mesi del 2023, la classifica delle vendite dell’anno vede al primo posto ‘Spare’ (Mondadori) del Principe Harry, seguito da ‘Dammi mille baci'(Always Publishing)‘ di Tillie Cole – libro uscito nel 2018 – e ‘La portalettere’ (Nord) di Francesca Giannone.
Subito fuori dal podio il comeback di Niccolò Ammaniti ‘La vita intima’ (Einaudi) precede la più controversa sorpresa dell’anno: ‘Il mondo al contrario’ del generale Roberto Vannacci, volume auto pubblicato. Al sesto posto si posiziona ‘Tre ciotole’ (Mondadori) della prematuramente scomparsa Michela Murgia, che sopravanza il Premio Strega postumo ‘Come d’aria’di Ada D’Adamo (Elliot) ed ‘ELP’ (Sellerio) di Antonio Manzini.
Chiudono la top ten il longseller ‘Le otto montagne’ (Einaudi) di Paolo Cognetti e ‘Due cuori in affitto’ (Newton Compton) di Felicia Kingsley, 35enne scrittrice modenese che si aggiudica però il titolo di autrice più letta del 2023 con ben 1milione di copie vendute di tutti i suoi libri.
Giova ricordare ancora che questa classifica non comprende le performance di alcuni dei trionfatori delle ultime settimane, a partire da Fabio Volo con il suo ‘Tutto è qui per te’ (Mondadori), Aldo Cazzullo con ‘Quando eravamo i padroni del mondo’ (HarperCollins Italia) ed ancora Antonio Manzini con ‘Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Sud America?’ (Sellerio). Considerati i risultati di vendita che stanno ottenendo questi ed altri titoli, come ad esempio quelli di Donato Carrisi e Gerry Scotti, per un realistico quadro finale del 2023 bisognerà aspettare i numeri di gennaio.
Ritorni
Al di là dei numeri, quello che si avvia a chiudersi è stato l’anno di due, tanto insperati quanto rilevanti, ritorni. Niccolò Ammaniti e Bret Easton Ellis non si palesavano nella forma romanzo rispettivamente dal 2015 e dal 2010 e pareva fossero ormai interessati solo a generi di espressione connessi alla settima arte – o al limite al saggio, per ciò che riguarda l’americano. Invece rieccoli sugli scaffali con ‘La vita intima’ (Mondadori) e ‘Le schegge’ (Einaudi, traduzione di Giuseppe Culicchia), due titoli che meritano qualche riflessione.
Mai come prima narratore onnisciente, Ammaniti si è confermato cantastorie che incatena con una vicenda che esplora i temi della verità e dell’apparenza, eleggendo a protagonista una figura femminile che sembra vagamente ispirarsi, nel dato di partenza, alla compagna dell’ex premier Giuseppe Conte. Una scelta originalissima (non a caso si parla di Ammaniti) sostenuta da una scrittura da maestro della terza persona che ogni tanto si forza ad abbassare il tiro come non volesse mai darsi troppe arie (ancora una volta, una scelta da Ammaniti).
Ma oltre a pennellate descrittive di precisione assoluta, personaggi tanto surreali da assumere tridimensionalità e costanti lampi di ironia, che inviterebbero ad una seconda riflessione, ciò che colpisce è la svolta conclusiva lieve: come se il nostro – dotato fin dai tempi di ‘Fango’ di un’urticante finta ingenuità – avesse ritenuto che al lettore anni ’20 sia ancora necessario porre davanti uno specchio, ma gli vada praticato l’estremo bocca a bocca della pietas per non lasciarlo ferito a morte da ciò che ha visto.
Uno che ha apertamente asserito di voler essere ferito dall’arte, e nei fatti l’ha sempre usata per ferire, è Bret Easton Ellis. Che con i temi dichiarati del torrenziale ‘Le schegge’ sembrava voler confermare in tutto e per tutto questa sua inclinazione. Ma al di là della superficie (tanto cara al creatore di Patrick Bateman) il suo ennesimo ritorno al passato in forma di finta auto fiction pulsa sottopelle a un ritmo diverso dal solito. Non bastano le droghe, l’alcol, il sesso sfrenato e gli omicidi truculenti della figura guida ellisiana del serial killer, la notizia è che dalla ricetta del suo ultimo romanzo l’autore di ‘Meno di zero’ ha eliminato l’ingrediente fondamentale dell’ironia.
Non che questo infici in alcun modo il piacere della lettura: Ellis è ancora l’equivalente moderno del mito della Sirena e lasciare le sue pagine, una volta sollevatane la copertina, rimane impossibile. Ma la forza incantatrice – contraddicendo la pur recente furia iconoclasta del suo saggio ‘Bianco’ (Einaudi) – è ora venata di rinuncia. Giocando a propria volta con il tema del vero e del falso, dall’alto dei suoi quasi 60 anni Ellis fa solo finta di voler far male, perché senza ironia rimangono i rimpianti, l’accettazione acre del tempo e degli errori passati ed anche per lui un’inedita ed umanissima pietà per il lettore.