ROMA (ITALPRESS) – Ogni anno in Italia si effettuano più di 120.000 interventi chirurgici per frattura del femore negli over 65. La causa principale è l’osteoporosi, la malattia dell’apparato scheletrico caratterizzata da una bassa densità minerale e dal deterioramento del tessuto osseo. Circa il 75% delle fratture colpisce le donne, per le quali il rischio di morire in seguito alle complicanze è uguale a quello legato al tumore del seno. I costi complessivi legati alla frattura del femore, dunque ricovero, riabilitazione, pensione d’invalidità e costi indiretti, secondo l’associazione degli ortopedici e traumatologi ospedalieri d’Italia, ammontano nel nostro paese a 1.200.000.000 di euro l’anno. Il numero delle fratture è in aumento e si prevede che per il 2030 in Europa ci saranno circa 750.000 nuovi casi all’anno. Sono questi alcuni degli argomenti trattati da Giuseppe Banfi, professore di biochimica clinica e biologia molecolare clinica presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e direttore scientifico dell’IRCCS Ospedale Galeazzi-Sant’Ambrogio, intervistato da Marco Klinger, per Medicina Top, format tv dell’agenzia di stampa Italpress.
“Uno degli aspetti principali è l’età elevata di questi pazienti: con un’età media 82 anni e un range che va da 65 a 95 anni, chiaramente l’età è molto avanzata – ha esordito – In grande maggioranza sono donne, e per noi è particolarmente importante capire il tipo di frattura. In alcuni tipi si interviene con dei chiodi che bloccano la lesione, in altri casi si interviene con la protesi sostituendo l’intera articolazione. La frattura più classica è quella completa e l’approccio chirurgico in quel caso deve essere particolarmente accurato”. E sul progetto Femur: “E’ nato con la collaborazione di Federated Innovation, l’associazione del distretto di Milano dedicato alla scienza e alla ricerca – ha raccontato – Insieme alle ditte interessate abbiamo organizzato questo studio sulla frattura del femore, riguardante l’intero percorso del paziente, dunque non solo la parte ospedaliera, ma anche su quello che succede prima e soprattutto dopo. Purtroppo è un patologia molto frequente – ha ribadito il professore – Abbiamo operato più di 500 fratture di femore in un anno, è un numero impressionante. Il ministero della salute impone e raccomanda di effettuare l’intervento chirurgico in un lasso di tempo di 48 ore dall’ingresso del paziente. Questa è una richiesta per diminuire la mortalità in questi pazienti. E’ stato un grande avanzamento, in Italia nel giro di dieci anni è raddoppiato il numero dei pazienti operati”.
Oltre allo sviluppo di tecniche sempre più avanzate per quanto riguarda l’operazione in seguito a frattura del femore, di pari importanza è la riabilitazione del paziente operato: “Il nostro studio è servito per avere un quadro di quel che avviene nell’ambito della frattura di femore. Dopo l’operazione bisogna intervenire con una corretta riabilitazione, questa deve essere mirata e personalizzata, anche a domicilio – ha spiegato Banfi – L’intenzione è collaborare con le strutture del territorio che già lavorano a domicilio, proprio per organizzare questa rieducazione che è fondamentale. Su 100 pazienti osservati nel nostro studio, ben 4 si sono già rifratturati. Hanno già altre patologie, è naturale che bisogna intervenire nella rieducazione in modo professionale”. Infine, su come provare a prevenire una frattura del femore: “Bisogna rilevare lo stato di salute dell’osso, in particolare nelle donne che sono più frequentemente soggette all’osteoporosi – ha concluso il professore – E va fatto per prevenire, ma anche nei soggetti già fratturati per evitare che ricapiti un incidente di questo tipo”.
– foto tratta da video Medicina Top –
(ITALPRESS).