AGI – È morto a 86 anni Carlo Mazzone, storico allenatore della Roma e del Brescia. Conosciuto nella Capitale come Sor Carletto, detiene il record di panchine in Serie A: 792 ufficiali, 797 considerando i cinque spareggi.
La scomparsa di Carlo Mazzone, Carletto per tutti, avvenuta oggi nella ‘suà Ascoli Piceno a 86 anni (era nato a Roma il 19 marzo 1937) è un dolore per tutti gli appassionati di calcio. Non solo perchè ‘sor Magara’ è stato uno dei più apprezzati e amati allenatori italiani, ma anche per la genuinità e la passione sana e vera che metteva nel suo lavoro. Una passione raccontata in un recente documentario di Alessio Di Cosimo trasmesso da Prime Video (‘Come un padre’) in cui si ripercorre la vita professionale di Mazzone, dalla sua carriera sfortunata di calciatore a quella fortunata e ‘da record’ di allenatore: detiene il primato di panchine in Serie A, con 792 partite (797, calcolando anche 5 spareggi), nonché il record di presenze ufficiali in panchina, con 1278.
A lui si deve il debutto in serie A di Francesco Totti a 16 anni nella Roma, la rinascita a Brescia di Roby Baggio e di Giuseppe Signori a Bologna, lo spostamento di Andrea Pirlo nel ruolo di regista.
Dopo aver giocato nelle giovanili della Roma e poi nei dilettanti del Latina esordì in Serie A il 31 maggio 1959 in Fiorentina-Roma (1-1) e giocò l’ultima di campionato Roma-Talmone Torino (4-1). L’anno seguente passò, sempre in Serie A, alla Spal poi si trasferì in Serie C nelle fila del Siena. L’anno seguente andò alla Del Duca Ascoli, club in cui giocò per nove anni, dal 1960 al 1969, e dove collezionò 219 presenze, quasi tutte da capitano. La sua ultima stagione da calciatore, quella 1968-1969, fu anche la sua prima da allenatore, sempre dei bianconeri.
Per Mazzone l’incontro determinante fu con un uomo molto simile a lui, il presidente dell’Ascoli Costantino Rozzi, persona verace, sanguigna, appassionata che gli affidò temporaneamente per due volte la conduzione della prima squadra: il 24 novembre 1968 l’esordio in panchina in sostituzione di Malavasi, poi il 4 maggio 1969 al posto di Capello e fino alla fine del campionato di Serie C. Nel campionato seguente Mazzone, nella penultima giornata di andata, sostituì fino al termine della stagione l’allenatore Eliani e portò la squadra per la prima volta nella sua storia in testa al campionato, sfiorando la promozione. Rimase all’Ascoli fino al 1975 e in questo periodo, con due promozioni in tre anni, portò la squadra dalla Serie C alla massima serie. Nel campionato 1974-1975 ottenne la prima di molte salvezze in Serie A.
Passato alla Fiorentina, vi rimase per tre anni, vincendo nel 1975 la Coppa di Lega Italo-Inglese e classificandosi al terzo posto nel campionato 1976-1977. Passato alla guida del neopromosso Catanzaro nel 1978, alla guida del club calabrese raggiunse due salvezze in massima serie. Nel 1980 tornò sulla panchina dell’Ascoli dove rimase per cinque stagioni, guidando la squadra a un sesto posto nel campionato 1981-1982 e a quattro salvezze consecutive.
Dopo una breve parentesi al Bologna nel 1985-1986 in Serie B, senza riuscire a centrare per pochi punti l’obiettivo della promozione. Poi passò al Lecce, in Serie B, subentrando a dieci giornate dal termine: si giocò gli spareggi per la Serie A con Cesena e Cremonese e perse la finale col Cesena. I salentini guidati da Mazzone centrarono comunque l’obiettivo della promozione in Serie A l’anno successivo, con il secondo posto a due punti dalla capolista Bologna. L’esperienza con il Lecce proseguì per altri due anni in Serie A, con due salvezze: la prima con un nono posto, la seconda per un solo punto.
Dopo una breve parentesi al Pescara, nel 1991 firmò per il Cagliari, dove rimase per due anni. Il sesto posto del 1992-1993 con i sardi (e conseguente loro qualificazione alla Coppa Uefa dopo 21 anni) gli valse la chiamata alla Roma, la squadra del cuore. I suoi tre anni alla guida dei giallorossi furono caratterizzati da un settimo posto e due quinti posti ma per i tifosi furono comunque memorabili e ‘sor Carlettò rimase per sempre nei loro. Durante la sua permanenza a Roma, inoltre, Mazzone lanciò in prima squadra Francesco Totti. Da ricordare un episodio curioso: Mazzone il 27 novembre 1994 vinse per 3-0 un derby contro la Lazio di Zeman. In conferenza stampa Pato, un giornalista ‘fratello di latte’ di Falcao, gli disse: “Carletto, hai vinto un derby per 3-0… adesso puoi pure morire”. Si può immaginare la reazione con tanto di gesto apotropaico di Mazzone…
Dopo l’esperienza a Roma tornò a Cagliari nel 1996 subentrando dopo sei giornate a Gregorio Pèrez, ma non riuscì a salvare i sardi, battuti nello spareggio dal Piacenza, dalla retrocessione in Serie B. Nel 1997 provò l’esperienza al Napoli, dove diede le dimissioni dopo quattro partite di campionato. Nel 1998 approdò nuovamente al Bologna, appena privatosi di Roberto Baggio, ma con Giuseppe Signori che grazie alla sua ‘curà tornò ai livelli di un tempo quando giocava nella Lazio. Guidò i rossoblu alla vittoria dell’Intertoto e arrivò fino alle semifinali di Coppa Uefa e di Coppa Italia.
Nel 1999 passò quindi al Perugia, dove fu uno dei pochi allenatori a completare un campionato intero con la squadra del vulcanico presidente Luciano Gaucci, un altro personaggio molto simile a lui.
Nel 2000 l’avventura forse più bella di Carlo Mazzone: venne chiamato alla guida del Brescia dove, convinto proprio da lui, arriverà Roberto Baggio. Con il ‘Divin codino’ si instaurò un legame di tale empatica che lo stesso calciatore al momento della firma del contratto con le rondinelle fece inserire una clausola che gli avrebbe permesso di rescinderlo nel caso in cui Mazzone avesse cambiato squadra. Un episodio probabilmente vero, raccontato nel film ‘Divin codino’ di Letizia Lamartire trasmesso su Netflix, sottolinea la fiducia assoluta che Mazzone riponeva – ben ripagata – nel campione: “Volete sapere come giocheremo? Semplice: dirò ai miei giocatori di dare la palla a Baggio che ci pensa lui”.
Il binomio Mazzone-Baggio portò il Brescia alla serie record di quattro salvezze consecutive e la qualificazione alla Coppa Uefa sfiorata nel 2001, quando il club lombardo fu sconfitto dal Paris Saint-Germain nella finale dell’Intertoto. Il 30 settembre 2001 fu memorabile quanto controversa la polemica corsa di Mazzone verso la curva dei tifosi dell’Atalanta, dove il tecnico festeggiò il gol del 3-3 siglato da Rinaldi (autogol seguito a una punizione calciata da Roberto Baggio). Mazzone alla guida del Brescia, in uno dei momenti più famosi della sua carriera: la corsa a mostrare il pugno sotto la curva atalantina il 30 settembre 2001, dopo il pareggio dei suoi allo scadere (con Baggio).
Tornato per la terza volta al Bologna nel 2003-2004, ha ottenuto una salvezza e una retrocessione dopo gli spareggi alla fine della stagione 2004-2005. L’anno seguente, esattamente il 7 febbraio 2006 è stato chiamato ad allenare il Livorno, sesto in Serie A, per sostituire Roberto Donadoni. Mazzone ha concluso il rapporto con la società toscana alla fine della stagione e a quasi 70 anni di età. Il successivo 18 marzo, in occasione di Livorno-Juventus, ha eguagliato il record di 787 presenze in panchina in Serie A di Nereo Rocco e lo ha successivamente battuto, giungendo a fine stagione a 792 presenze in serie A. Quella sulla panchina del Livorno è stata l’ultima esperienza del tecnico romano.
Amatissimo dal pubblico e dai suoi giocatori per il suo carattere e la sua passionalità, ebbe da parte di quello che sarebbe diventato l’allenatore più importante del mondo, Josep Guardiola che allenò al Brescia insieme a Baggio e Andrea Pirlo (che grazie a lui scoprì il ruolo di regista), che fu invitato nel 2009 alla finale di Champions League tra Barcellona e Manchester Utd dall’allora allenatore blaugrana: Mazzone accettò volentieri dichiarando apertamente di tifare per la squadra spagnola. Guardiola, al termine della partita, dedicò la vittoria a Paolo Maldini, ritiratosi da poco, e proprio al suo maestro Carlo Mazzone, dicendosi orgoglioso di averlo avuto come tecnico, nonchè di ispirarsi al suo credo calcistico.