Chiudi

Cultura

Cultura

“Il libro non è in crisi, piace ai giovani e nel 2024 si leggerà ancora tanto”

“il-libro-non-e-in-crisi,-piace-ai-giovani-e-nel-2024-si-leggera-ancora-tanto”

AGI – Da settembre Giovanni Francesio è il nuovo Direttore Editoriale di Neri Pozza, storica casa editrice veneta che in quasi 80 anni di vita si è legata a nomi come Gadda, Montale e Buzzati. Dopo aver guidato Piemme, Sperling & Kupfer e Frassinelli, per assumere il timone del marchio che tenne a battesimo Goffredo Parise Francesio ha lasciato il ruolo di Responsabile dalla narrativa italiana di Mondadori. Lo abbiamo incontrato per capire  se è in atto un cambio della guardia anche tra cosa leggiamo e cosa leggeremo. 

Sceso da un transatlantico, lei ora pilota un elegante veliero battente bandiera Neri Pozza: verso cosa?  

Innanzitutto va premesso che la mia è solo l’evoluzione di un percorso professionale: dopo 20 anni nel Gruppo Mondadori ora mi impegno ad essere parte del genetico flusso di crescita di Neri Pozza, provando a mantenerlo all’altezza della trazione e magari ad aggiungervi un tocco personale sul fronte della narrativa italiana.

Detto ciò, è difficile stabilire dove vada il mercato. Non credo nei trend, ho visto sfiorire in luogo comune troppe certezze su quello che avrebbe venduto o meno.  L’unica avvalorata da fatti è che il libro di carta riesce ancora a parlare ai giovani. Tra tanti esempi recenti, in Neri Pozza lo testimonia il caso di ‘Blackwater’ di Michael McDowell andato fortissimo nel 2023.

Le case editrici per sopravvivere devono vendere, ma non gli spetta anche un ruolo di guida culturale nella società? In altri termini, sono gli editori o i lettori a stabilire cosa arriva in libreria? 

Lo fanno insieme. E sul discorso della guida culturale andrei cauto perché il libro è anche strumento di intrattenimento, lecitamente. L’importante è che gli editori pubblichino testi di cui sono convintissimi. Come dico sempre ai colleghi giovani: quelli che li fanno saltare sulla sedia.

Le case d’edizione sono aziende, che impiegano persone e devono stare in attivo. La guida culturale di un Paese spetta ad intellettuali, scrittori e giornalisti. Giangiacomo Feltrinelli, che divulgò ‘Il Gattopardo’, diceva di non  prendersi troppo sul serio: l’editore è un carrettiere di libri.  

Da puro fruitore di letteratura: cosa manca sugli scaffali? 

L’offerta è vastissima: ogni lettore trova quel che cerca. Forse, dopo aver letto ‘V13’  di Emmanuel Carrère sul processo del Bataclan, sento che manca uno come lui nella narrativa italiana. Un  trasformatore di cronaca in letteratura. 

Si sente dire spesso: troppi libri e pochi lettori

Nei fatti il mercato è sano, stabile e concorrenziale: secondo i dati cresce del 2% sul 2022. La retorica dice che in Italia si legge meno che altrove, ma in realtà quello dei “troppi libri” è un tema più di tipo industriale: dato che l’editoria si regge su paramenti di produttività, pubblicare meno significa far lavorare meno gente. Detto ciò, probabilmente sarebbe tempo di rallentare il flusso delle novità e dedicare più energie ed investimenti alla cura dei libri usciti. 

Quanto dura un libro oggi? 

Dipende, quelli che intercettano spirito del tempo e gusto dei lettori potenzialmente all’infinito. In termini industriali la durata di un libro dal successo medio, con una seconda edizione tascabile, è di 5 anni.  Poi ci sono gli errori che avvizziscono subito ed i casi come ‘Shantaram’ di Gregory David Roberts, che Neri Pozza diede alle stampe nel remoto 2005 e questa settimana ha venduto centinaia di copie. 

Lei è un esperto di narrativa italiana: un nome di oggi che prenderebbe  in scuderia e l’autore della vita

Per l’oggi non mi permetto di citare che Pietro Trellini, solo perché ho contribuito alla sua emersione facendolo esordire in Mondadori.  Tra i nomi di sempre dico Sciascia. E Fenoglio per ‘Una questione privata’.   

Non trova che in Italia alcuni autori non siano giustamente celebrati? 

Spesso parliamo di  libri, prodotti potenzialmente eterni, come mozzarelle in scadenza. Nella canonizzazione del valore di un autore non teniamo conto del lavoro del tempo, che non si ferma. Le dinamiche isteriche della comunicazione fanno sì che non tutti quelli che meritano vengano identificati subito, ma i libri hanno un’intelligenza profonda, carsica, ed i giusti riconoscimenti alla fine arrivano. Guido Morselli non avrebbe mai immaginato che sarebbe stato ricompreso tra i grandi del secondo ‘900 italiano.  

3 libri Neri Pozza per il 2024: narrativa italiana, straniera e un saggio

Nomino i primi in uscita. Per la straniera ‘Gli aghi d’oro’ di McDowell. Per l’italiana ‘L’ultimo viaggio di Lenin’  di Francesco Pala, ironico e letterario vincitore del Premio Neri Pozza in  libreria il 21 gennaio a 100 anni dalla morte del padre della rivoluzione russa. Per la Saggistica ‘Un giorno nella vita di Abed Salama’ di Nathan Thrall, che scava alla radice quotidiana del conflitto israelo palestinese in modo toccante e profondo.  

Cosa leggeremo nel 2024: autofiction o ritorna il romanzo classico con i personaggi di fantasia?

Ormai l’autofiction in Italia si è radicata, ma molti editori, me compreso, cercano di affiancarle romanzi con un racconto di fiction al loro centro. Un caso di successo del 2023, non Neri Pozza, è stato ‘La Portalettere’. L’offerta sarà larga, dipende da giornalisti, critici ed intellettuali cosa verrà valorizzato.  A volte sembra esista solo un genere perché si parla solo di quello, ma  i lettori hanno i loro percorsi. 

L’editoria è politica?

No, è un mondo sanamente competitivo ai cui abitanti interessano solo i libri. Sono stato 19 anni in Mondadori senza subire mai interferenze. In termini di valore, pubblicare è invece un gesto di responsabilità sociale che chiede attenzione e passione. I libri contribuiscono a formare l’opinione pubblica ed in particolare nell’editoria per bambini e ragazzi  si deve puntare sempre alla qualità. ‘Harry Potter’ è l’esempio cardine: rimarrà uno dei  capisaldi della letteratura mondiale.

Leggi
Cultura

In mostra a Roma i fumetti di Fecchi e il cinema dipinto di Valcarenghi

in-mostra-a-roma-i-fumetti-di-fecchi-e-il-cinema-dipinto-di-valcarenghi

AGI – Nel primo anno di vita La Vaccheria, lo spazio espositivo gestito dal Municipio IX Roma Eur, ha accolto grandi mostre come “Flesh: Warhol & The Cow” e “Dal Futurismo all’arte virtuale”, ancora in corso e prorogata fino al 31 marzo 2024.

Si è aperta inoltre alla fotografia e al fumetto, con la mostra di Sergio Toppi organizzata da ARF, ed ha ospitato a settembre anche la 2a edizione di “9daleggere”, il Festival della lettura e della letteratura del Municipio IX, trasformandosi sempre più in uno spazio culturale vivace e in movimento, in cui si incontrano i diversi linguaggi artistici e dove intrattenersi con sale lettura e coworking.

Oggi, dedica una nuova pagina all’arte del fumetto con una doppia mostra: l’esposizione principale “L’arte nei fumetti di Massimo Fecchi”, in cui sono presentate circa 100 tavole realizzate da questo autore conosciuto e apprezzato in tutto il mondo (la maggior parte per Disney ma non solo), sarà infatti impreziosita da “Il cinema dipinto: l’arte nei manifesti di Rodolfo Valcarenghi” che espone alcune opere di Rodolfo Valcarenghi, importante autore manifesti cinematografici, al tempo in cui venivano dipinti, e inchiostratore di fumetti che ha collaborato a lungo con di Massimo Fecchi.

Le nuove mostre saranno ospitate alla Vaccheria fino al 14 gennaio 2024.

Romano d’adozione, Massimo Fecchi nasce nel 1946 a Città di Castello in Umbria. Inizia la sua carriera in Italia giovanissimo. Negli anni Sessanta collabora, tra l’altro, con “L’Unità” come autore della striscia Picchio e Pacchio, realizza rinomate serie a fumetti come Globulo Rosso, collabora alle matite per Kriminal e crea Jacula, con lo Studio Rosi, disegna per il mensile “Telezecchino” e per “Il Giornalino”. Progressivamente, attraverso lo studio di Alberto Giolitti, diventa conosciuto e apprezzato negli USA, dove inizia a disegnare negli anni Settanta i principali personaggi della Warner Bros (da Tom & Jerry a Bugs Bunny).

Si sposta poi in Germania, dove per oltre venti anni disegna per importanti editori, realizzando fumetti come Fix & Foxi, Lupo e Pumuckl, tra i più amati dal pubblico tedesco. Nel 1997 inizia la sua collaborazione con la Disney, tramite la casa editrice danese Egmont, per cui disegna storie con protagonisti Paperino, Topolino, il Lupo cattivo e i Tre porcellini.

Nato a Roma nel 1933, Rodolfo Valcarenghi si diploma al liceo artistico e negli anni Cinquanta inizia a lavorare nello studio di Augusto Favalli della Lux Film, uno degli studi più importanti della Capitale per la produzione di manifesti cinematografici. Dipinge manifesti per centinaia di film tra cui: Riso amaro, Crimen, I diavoli alati, I compagni, L’uomo dalla cravatta di cuoio, Uno strano tipo, Attila, I figli della gloria, I pionieri del west. Nel 1967 inizia a lavorare nello studio di Alberto Giolitti dove svolge il ruolo principale di inchiostratore di storie a fumetti, ma ha anche occasione di dipingere copertine per albi pubblicati in Inghilterra e Germania come Lasso e Reno Kid e di produrre tavole per alcuni settimanali inglesi della Fleetway. Negli anni Ottanta inizia una lunga collaborazione con Massimo Fecchi, prima come inchiostratore dei famosi personaggi di Rolf Kauka Fix & Foxi, poi per i personaggi Disney.

Leggi
Cultura

Eiffel, il visionario che inventò il simbolo di Parigi

eiffel,-il-visionario-che-invento-il-simbolo-di-parigi

AGI – Se il padre Alexandre non avesse cambiato provvidenzialmente il cognome, oggi a Parigi svetterebbe la Tour Bönickhausen, e per i francesi sarebbe un bel problema conciliare la grandeur con una parola spiccatamente tedesca proveniente dalla Renania; se il figlio Gustave si fosse intestardito a fare il chimico, la Ville Lumière sarebbe paesaggisticamente un’altra cosa e miliardi di cartoline e fotografie non avrebbero riprodotto una torre di ferro dalla sagoma inconfondibile e tipica.

Per fortuna o per lungimiranza Alexandre Boenickhausen adottò ufficialmente il nomignolo di Eiffel col quale veniva chiamato nell’Armée di Napoleone (anche se sarà ufficializzato solo nel 1879) e il primogenito Gustave, venuto alla luce a Digione il 15 dicembre 1832, sarebbe divenuto universalmente noto per la sua “creatura” destinata in origine a essere smantellata dopo l’esposizione universale del 1889.

La forza del destino decise altrimenti nei bivi della vita. Eiffel doveva infatti lavorare come chimico nella fabbrica di vernici dello zio Jean-Baptiste Mollerat, ma un litigio familiare dalle venature politiche (Alexandre era ovviamente bonapartista, l’altro repubblicano) gli chiuse quella via. Era entrato quindi in contatto con l’ingegnere Charles Nepveu che costruiva macchine a vapore e materiale ferroviario il quale l’aveva nominato capo progettista nel 1857, quando firmò il primo progetto: il Ponte di Bordeaux in ferro, lungo 500 metri. Aveva solo 25 anni.

Nel 1864 creava una propria società e nel “decennio della gloria” 1870-1880 la Compagnie Eiffel aveva una solida reputazione in termini di qualità e innovazione, in tutto il mondo, considerato pure che tutta l’ossatura di contenimento della Statua della Libertà a New York, progettata per sostenere l’immane peso della scultura di Frédéric-Auguste Bartholdi altrimenti irrealizzabile, era opera sua, come ponti, viadotti e persino la stazione centrale di Budapest.

Il progetto

Il progetto della Tour è del giugno 1884, a firma di Gustave Eiffel, Maurice Köchlin ed Emil Nouguier (scelto tra 107 che avevano partecipato al concorso) e il cantiere viene aperto il 28 gennaio 1887. L’inizio del montaggio dei piloni risale al I luglio, il primo piano è completato il I aprile 1888, il secondo il 14 agosto, il completamento avviene il 31 marzo 1889. I lavori durano 2 anni, 2 mesi e 5 giorni e l’inaugurazione avviene il 21 marzo 1889, con lo stesso Eiffel che posiziona in vetta il tricolore francese dopo aver salito i 1.710 scalini che scandiscono i 300 metri di altezza che fino al 1929 ne faranno l’edificio più alto del mondo.

Nonostante le immancabili critiche, il successo è immediato, con due milioni di visitatori durante l’Expo che celebra il primo centenario della Rivoluzione francese. Già previsto che al massimo dopo 20 anni la torre sarebbe stata smontata per recuperare 7.300 tonnellate di ferro, ma poi si era dimostrata utilissima, se non indispensabile, per le trasmissioni radio e le telecomunicazioni. Ed è ancora lì, e non solo per l’avvento della tv e di internet.

In mezzo ai trionfi, anche la disavventura del crac politico-finanziario del progetto del canale di Panama, al quale aveva partecipato nel 1887, che a causa delle polemiche e delle azioni legali, lo aveva fatto finire alla sbarra per frode agli azionisti depauperati dei loro risparmi, con conseguente condanna nel 1893 a due anni di carcere e a una pesante multa. Da queste accuse infondate sarà del tutto scagionato nello stesso anno da una sentenza della Cassazione.

La Tour Eiffel diventerà uno straordinario e irripetibile strumento pubblicitario grazie all’intuizione di un fiorentino trapiantato in Francia, Fernando Jacopozzi, considerato da tutti “il mago delle luci“. Fu lui a ricordarsi di André Citroën, che aveva conosciuto casualmente al Ministero della guerra nel 1914, e a fargli nel 1922 la proposta di realizzare un progetto di illuminazione della torre con 200.000 lampadine, 100 km di cavi elettrici e una centrale da 1200 kw alimentata dalle acque della Senna, per scrivere il nome del costruttore sui quattro lati con lettere di 30 metri e realizzare la più grande réclame del mondo, non solo luminosa.

Citroën, che aveva convertito l’industria bellica in quella automobilistica producendo vetture innovative, aveva visto nascere giorno dopo giorno il capolavoro di Eiffel e aveva pensato persino di utilizzarlo per varare una Radio Citroën che era stata bloccata sul nascere dal Governo francese per motivi di monopolio delle frequenze. Era un visionario proiettato verso il futuro, ma si spaventò per i costi elevatissimi, salvo aderire quando Jacopozzi bluffò dicendo che allora avrebbe fatto la stessa proposta al concorrente Louis Renault che invece, preventivamente consultato, l’aveva rifiutata.

E così, nonostante il gravoso impegno economico della società per l’acquisto dagli Stati Uniti dei macchinari di stampaggio delle monoscocche, si assicurò per dieci anni il contratto di esclusiva della Tour. Le cronache raccontano di un esercito brulicante di persone, dai trapezisti del circo ai militari della Marina, per montare le lampadine. E il 4 luglio 1925 fu stupore e ammirazione, ogni notte fino al 1934.

Saranno quelle luci a indicare a Charles Lindbergh la meta della prima trasvolata atlantica in solitaria e a far posare le ruote dello Spirit of St. Louis sulla pista dell’aeroporto di Le Bourget la sera del 21 maggio 1927, alle ore 22.22, dopo 5.790 km, 33 ore, 30 minuti e 29 secondi di volo. Gustave Eiffel era morto novantunenne per ictus quattro anni prima, il 27 dicembre 1923, nella sua casa parigina al civico 1 di rue Rabelais, dove si era ritirato vivendo gli ultimi tempi accanto all’amata figlia Claire. La sua torre era già per tutti sinonimo di Parigi e di Francia.

 

Leggi
Cultura

Geppi Cucciari torna in scena con ‘Perfetta’ di Mattia Torre

geppi-cucciari-torna-in-scena-con-‘perfetta’-di-mattia-torre

AGI – Riparte la tournèe teatrale di Geppi Cucciari in scena con “Perfetta”, l’ultimo monologo teatrale scritto da Mattia Torre, drammaturgo e sceneggiatore tra i più influenti della scena italiana, scomparso nel 2019. Lo spettacolo prenderà il via a Roma con tre appuntamenti imperdibili il 19, 20 e 21 dicembre presso il Teatro Ambra Jovinelli alle 21:00.

Il tour, prodotto da ITC2000, toccherà diciotto città differenti e teatri: dopo gli appuntamenti romani, lo spettacolo arriverà il 20 gennaio 2024 a Novara, il 23 gennaio a Torino, il 3 febbraio a Mantova, il 4 febbraio a Varese, il 23 febbraio a Belluno e il 24 e 25 febbraio a Ferrara.

Si prosegue poi l’8 marzo a Bologna, il 9 marzo a Firenze, il 10 marzo a Genova, il 22 marzo a Biella, il 23 marzo a Ivrea, il 5, 6 e 7 aprile a Fano, il 19 aprile a Vigevano, il 20 e 21 aprile a Milano, il 3 e 4 maggio a Napoli e, per chiudere, Geppi tornerà nella sua terra, con uno spettacolo il 16 maggio a Macomer e altri due appuntamenti il 17 e 18 maggio a Cagliari. Con le musiche originali di Paolo Fresu, il coinvolgente one-woman-show racconta un mese della vita di una donna attraverso le quattro fasi del ciclo femminile, aspetto naturale dell’esistenza tuttavia spesso percepito un argomento tabù (non solo dagli uomini).

Protagonista assoluto dello spettacolo è il talento poliedrico di Geppi Cucciari, in grado di spaziare dalla satira alla commedia ai toni più malinconici di una realtà che riesce a far sorridere ma non risparmia al contempo un’amara riflessione sul presente.

Sul palco l’artista interpreta una venditrice d’automobili, moglie e madre, che conduce una vita regolare nella quale trovano posto il lavoro, la famiglia, gli impegni e moltissime responsabilità. In una routine fitta di abitudini e impegni, le giornate scorrono identiche nei ritmi ma sono diverse nella percezione.

Nei martedì di quattro settimane differenti, cambiano infatti gli stati d’animo, le reazioni, le emozioni e gli umori della protagonista che vorrebbe provare a essere perfetta ma intuisce dentro di sè delle variazioni che non dipendono dal suo controllo. Una performance che nella forma di un diario intimo invita lo spettatore a una presa di coscienza su uno dei temi più delicati e complessi dell’universo femminile e rende omaggio alla scrittura di un autore che ha saputo decifrarlo con semplicità e ironia.

Leggi
Cultura

Doppio record storico per gli Uffizi: oltre i 5 milioni di visitatori nel 2023

doppio-record-storico-per-gli-uffizi:-oltre-i-5-milioni-di-visitatori-nel-2023

AGI – Le Gallerie degli Uffizi verso gli oltre cinque milioni di visitatori nel 2023, nuovo record storico di presenze (rispetto ai circa 4,3 milioni del precedente, datato 2019), con un aumento di quasi il 50% rispetto al 2015, ed un secondo record, gli oltre 60 milioni di introiti realizzati nell’ultimo anno, oltre il 70% in più a confronto dei 35 del 2022. Sono alcune delle cifre più significative del bilancio complessivo degli otto anni della direzione di Eike Schmidt alle Gallerie degli Uffizi. Nello specifico, i visitatori complessivi delle Gallerie (Uffizi, Palazzo Pitti, Giardino di Boboli) fino al 10 dicembre sono stati 4.957.678, con un 27,8% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno e ben il 49% in più rispetto ai numeri del 2015, ma dato il raddoppio delle sale aperte l’affollamento nelle è diminuito. In proiezione, al 31 dicembre verrà superata la soglia delle 5.150.000 presenze. In totale, le persone che dal 2016 ad oggi ha varcato la soglia delle Gallerie sono state 27.677.338 persone.

Gli incassi: nel 2023, fino al 10 dicembre, è stata raccolta dalle Gallerie la somma monstre di 58.973.810, un nuovo picco storico. La stima, per fine anno è di arrivare oltre i 60,3 milioni, con un 72,1% rispetto ai risultati 2022. Anche il dato specifico della bigliettazione costituisce un record. 39.829.357 euro dal 1 gennaio al 10 dicembre, 44,3% rispetto allo stesso periodo 2022, con la proiezione di arrivare oltre quota 40 milioni entro il 31 dicembre; l’aumento di ingressi venduti nel 2023, rispetto al 2015 è di 24.343.125 unità, pari al 157,2% in più.

Le altre voci degli introiti sono: Art bonus 8.500; entrate dirette 2.308.474; donazioni e sponsorizzazioni 3.612.660; Mostre e prestiti all’estero 1.858.507; entrate indirette 11.356.312. Da segnalare, in riferimento alla somma di donazioni, sponsorizzazioni e incassi da prestiti di opere, che i 5.479.667 del 2023 costituiscono un aumento del 618% a confronto con gli 886.951 euro del 2016. Inoltre negli ultimi tre anni sono stati gestiti dal museo 7 bandi di servizi, per un valore complessivo di oltre 164 milioni di euro.

Per il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt: “Tra pochi giorni, il numero dei visitatori delle Gallerie degli Uffizi per la prima volta varcherà la soglia dei 5 milioni dall’inizio dell’anno, e già tra oggi e domani gli introiti generati dal museo da gennaio scorso supereranno i 60 milioni di euro, quadruplicati rispetto a otto anni fa, mentre al contempo sono stati introdotti numerosi sconti per i visitatori e aumentate le occasioni di gratuità. Gli spazi espositivi e dell’accoglienza dei musei sono stati notevolmente ingranditi, oltre 80 sale sono state riaperte, o rinnovate e allestite secondo moderni criteri museologici, centinaia di opere che prima stavano nei depositi sono state restaurate e ora sono regolarmente esposte”.

“Sono stati rafforzati i servizi educativi – aggiunge Schmidt – con un gruppo di assistenti e collaboratori che si occupa esclusivamente e stabilmente dell’accessibilità, con molte offerte innovative per i visitatori con esigenze e abilità diverse. Non siamo secondi a nessuno nel campo digitale e sui social media, con circa 1,2 milioni followers su quattro piattaforme, 42 mostre virtuali e oltre 600 mila fotografie gratuitamente fruibili sul nostro sito web, fino agli oltre 400 video che includono spiegazioni delle nostre opere anche in latino, uzbeko, e nella Lingua dei segni italiana (LIS). Con un accrescimento di oltre 1.800 opere negli ultimi otto anni, abbiamo vissuto la stagione di maggiore espansione delle nostre collezioni dal periodo del granduca Pietro Leopoldo, che nel 1766 apri’ al pubblico il Giardino di Boboli e nel 1769 anche gli Uffizi.

Abbiamo allestito 159 mostre temporanee agli Uffizi e altrove, in particolar modo in tutto il territorio toscano e quello limitrofo nell’ambito dell’iniziativa Uffizi Diffusi. Ma il dato più straordinario da ricordare sono indubbiamente i 145 libri scientifici con complessivamente oltre 30 mila pagine che abbiamo pubblicato durante gli ultimi otto anni (e altri 12 volumi sono attualmente in corso di stampa): a testimonianza, insieme alla nostra rivista scientifica Imagines, alle 238 conferenze e ai 23 convegni svolti che il museo è diventato un vero e proprio centro di ricerca come non era mai stato prima. Tutto questo – e molto di più – non sarebbe stato possibile senza la passione e l’abnegazione della squadra straordinaria di colleghi interni e collaboratori esterni che ringrazio di cuore per l’impegno, la serietà, la motivazione che ci ha portato insieme a questi risultati”.

Leggi
Cultura

Domus Romane, torna il tour dell’antica Roma con la voce di Piero Angela

domus-romane,-torna-il-tour-dell’antica-roma-con-la-voce-di-piero-angela

AGI – Nel cuore di Roma, a pochi metri dal Campidoglio e dal Colosseo, nei sotterranei di Palazzo Valentini c’è un’importante area archeologica di oltre 1800 metri quadrati, dove ci sono i mirabili resti di due domus romane e delle terme che si ergevano dove oggi è Piazza Venezia con vista sulla colonna Traiana. A distanza di quasi vent’anni dalla sua apertura al pubblico, l’area archeologica delle Domus Romane di Palazzo Valentini, situata in via Foro Traiano 84, è stata sottoposta a un restauro tecnologico dell’originario progetto immersivo/multimediale ideato da Piero Angela e Paco Lanciano grazie a un accordo di partenariato pubblico-privato tra la Città Metropolitana di Roma Capitale e Civita Mostre e Musei.

Il nuovo progetto, basato sull’impiego di sistemi di video proiezione di nuova generazione e ad alta definizione, che ha consentito di rendere ancora più profonda ed emozionale la visita all’interno degli scavi. Anche il sistema di diffusione audio, che gioca un importante ruolo nella costruzione di un’esperienza immersiva, è stato completamente ristrutturato, introducendo l’ascolto individuale mediante cuffie che riproducono i vari commenti e la colonna sonora dell’esperienza in alta qualità disponibili in italiano, francese, inglese, tedesco e spagnolo, permettendo a un vasto pubblico internazionale di godere appieno dell’esperienza multimediale.

L’effetto combinato delle nuove tecnologie di proiezione e del nuovo sistema di diffusione audio coinvolge profondamente il visitatore delle Domus facendogli vivere un’esperienza immersiva memorabile, da adesso anche multilingua. Nella versione italiana il racconto delle Domus è narrato dalla voce di Piero Angela mentre per le altre lingue il testo è tradotto e interpretato da doppiatori professionisti.

L’esplorazione delle Domus Il visitatore vede “rinascere” strutture murarie, ambienti, peristilii, terme, saloni, decorazioni, cucine, arredi, compiendo così un viaggio virtuale dentro una grande Domus dell’antica Roma. Un esempio unico e prezioso di come il patrimonio artistico dell’antichità, riconsegnato da un’opera attenta e rigorosa di restauro e riqualificazione, possa essere valorizzato attraverso l’integrazione delle nuove tecnologie.

La visita ampia delle Domus di Palazzo Valentini comprende tre zone archeologiche:

1) gli ambienti di rappresentanza delle Domus, dove il padrone di casa riceveva i suoi ospiti;

2) il settore delle Terme che erano all’interno di una delle Domus;

3) i resti di un edificio pubblico, forse un tempio dedicato dall’Imperatore Adriano a Traiano e Plotina Divi. Un filmato accompagna il visitatore nella ricostruzione della storia e delle vicende narrate sulla Colonna di Traiano. All’interno del museo, sale destinate alla esposizione di reperti archeologici si alternano alla visita multimediale. Nell’ultima area di visita è inoltre possibile vedere parte del bunker costruito nel sotterraneo del Palazzo durante la Seconda Guerra Mondiale, che ha mantenuto la sua struttura originaria.

“Alle Domus Romane di Palazzo Valentini non è stata tutelata solo l’area archeologica, ma è stato tutelato anche l’originario progetto multimediale e immersivo”, sottolinea Giorgio Sotira, amministratore delegato di Civita Mostre e Musei che ha investito 900mila euro per realizzare questo progetto interamente finanziato da privato. Civita Mostre e Musei prevede una spesa di 3,5 milioni di costi di personale e per i servizi ad alta intensità per i prossimi 10 anni.

Sempre per i prossimi 10 anni la previsione è di 500mila visitatori. “Si è realizzato un vero e proprio restauro digitale che ha consentito di ammodernare un impianto vetusto con apparecchiature moderne e maggiormente sostenibili – aggiunge Sotira – nonchè di garantire una fruizione multilingua che tiene conto della natura del sito, amato sia dai residenti che dai turisti. Civita è orgogliosa di aver proposto un’operazione che garantisce allo stesso tempo tutela, sostenibilità, valorizzazione e innovazione (di prodotto e di metodo)”, conclude. 

Leggi
Cultura

Rinascono le domus romane di Palazzo Valentini grazie a un restauro tecnologico

rinascono-le-domus-romane-di-palazzo-valentini-grazie-a-un-restauro-tecnologico

AGI – Fino al 2004 giaceva nascosta nei sotterranei di Palazzo Valentini un’importante area archeologica di oltre 1800 metri quadrati, testimonianza dell’incessante capacità di Roma di riservare sorprese di inestimabile valore. A distanza di quasi vent’anni, l’area archeologica delle Domus Romane di Palazzo Valentini, situata in via Foro Traiano 84, conferma la sua attrattiva per i numerosi visitatori locali e stranieri che
affollano quotidianamente i suoi spazi. Grazie a un accordo di partenariato pubblico-privato tra la Città Metropolitana di Roma Capitale e Civita Mostre e Musei, l’area è stata sottoposta a un restauro tecnologicodell’originario progetto immersivo/multimediale ideato da Piero Angela e Paco Lanciano.

Questa iniziativa, che costituisce uno dei più importanti partenariati in ambito culturale in Italia, ha integralmente preservato le volontà narrative e divulgative del noto giornalista scientifico scomparso nel 2022, migliorando e potenziando le capacità immersive, multimediali e tecnologiche dell’esperienza di visita. Il progetto tecnologico. Il progetto, basato sull’impiego di sistemi di video proiezione di nuova generazione e ad alta
definizione, ha consentito di rendere ancora più profonda ed emozionale la visita all’interno degli scavi. Anche il sistema di diffusione audio, che gioca un importante ruolo nella costruzione di un’esperienza immersiva, è stato completamente ristrutturato, introducendo l’ascolto individuale mediante cuffie che riproducono i vari commenti e la colonna sonora dell’esperienza in alta qualità disponibili in italiano, francese, inglese, tedesco e spagnolo, permettendo a un vasto pubblico internazionale di godere appieno dell’esperienza multimediale.

L’effetto combinato delle nuove tecnologie di proiezione e del nuovo sistema di diffusione audio coinvolge profondamente il visitatore delle Domus facendogli vivere un’esperienza immersiva memorabile, da adesso anche multilingua. Nella versione italiana il racconto delle Domus è  narrato dalla voce di Piero Angela, mentre per le altre lingue il testo è tradotto e interpretato da doppiatori professionisti.

L’esplorazione delle Domus

Il visitatore vede “rinascere” strutture murarie, ambienti, peristilii, terme, saloni, decorazioni, cucine, arredi, compiendo così un viaggio virtuale dentro una grande Domus dell’antica Roma.
Un esempio unico e prezioso di come il patrimonio artistico dell’antichità, riconsegnato da un’opera attenta e rigorosa di restauro e riqualificazione, possa essere valorizzato attraverso l’integrazione delle nuove tecnologie. La visita ampia delle Domus di Palazzo Valentini comprende tre zone archeologiche:
1) gli ambienti di rappresentanza delle Domus, dove il padrone di casa riceveva i suoi ospiti.
2) il settore delle Terme che erano all’interno di una delle Domus.
3) i resti di un edificio pubblico, forse un tempio dedicato dall’Imperatore Adriano a Traiano e Plotina Divi. Un filmato accompagna il visitatore nella ricostruzione della storia e delle vicende narrate sulla Colonna di Traiano. All’interno del museo, sale destinate alla esposizione di reperti archeologici si alternano alla visita multimediale.

Nell’ultima area di visita è inoltre possibile vedere parte del bunker costruito nel sotterraneo del Palazzo durante la Seconda Guerra Mondiale, che ha mantenuto la sua struttura originaria.

Leggi
Cultura

“Vi racconto mio nonno Oscar Wilde”

“vi-racconto-mio-nonno-oscar-wilde”

AGI – Merlin Holland è un gentiluomo inglese di 78 anni reso elegantemente giovanile da un’innata goffaggine, nonché l’unico discendete diretto di Oscar Wilde. Il diverso cognome è dovuto al fatto che suo padre Vyvyan, figlio secondogenito dell’autore del ‘Ritratto di Dorian Grey’, fu costretto, come il fratello, ad adottare una nuova identità anagrafica dopo lo scandalo seguito al famoso processo per sodomia. Oggi massimo esperto e curatore dell’opera omnia del celeberrimo nonno, Merlin Holland lo è anche del libro autobiografico di suo padre Vyvyan Holland “Essere figlio di Oscar Wilde” da poco pubblicato in Italia da La Lepre Edizioni. Lo abbiamo incontrato a Roma.

Qual è la storia di Essere figlio di Oscar Wilde e cosa racconta?

“Si tratta di un’opera che ha richiesto più di 50 anni di preparazione, tale era la resistenza di mio padre a rievocare il passato. Pubblicarlo è stato per lui una catarsi, una liberazione dal dolore, ed è servito a completare la storia di mio nonno rendendo pubblico ciò che è successo ai suoi familiari dopo il processo che subì. Quando il libro è uscito per la prima volta in Inghilterra, nel 1954, mio padre ricevette moltissime lettere di persone che si dicevano addirittura all’oscuro del fatto che Wilde avesse avuto una progenie. La prima parte del testo racconta l’infanzia felice di Vyvyan, vissuta fino ai 9 anni accanto ai genitori. In era vittoriana, quando i padri dell’alta borghesia e della nobiltà non usavano trascorrere molto tempo con i figli piccoli, mio nonno Oscar era talmente affettuoso da giocare per ore con i suoi bambini sul pavimento”.

“La seconda parte del libro descrive i tre anni di esilio forzato seguiti al processo per omosessualità di Wilde del 1895. Cambiato nome, i suoi due figli fuggono dall’Inghilterra affidati a una governante, mentre la moglie Constance vi resta nonostante l’enorme portata dello scandalo. Mio padre non si dilunga su questo tema, ma mia nonna era una donna estremamente coraggiosa e non abbandonò il marito sin dopo l’ultima sentenza, pur raggiungendo spesso i figli o comunque tenendosi in stretto contatto con essi, prima della definitiva ricongiunzione, mentre la loro diaspora da esuli continuava di collegio in collegio tra Svizzera, Germania, Italia e Principato di Monaco”.

“Dopo un inserto composto da una trentina di lettere giovanili di Wilde e tre suoi racconti inediti (prima tramandati oralmente e poi scritti), la terza parte del libro racconta del ritorno a casa dei figli di Wilde, a seguito della morte della mamma, e di come la famiglia tenti di cancellare ogni ricordo del loro padre, che non doveva nemmeno essere nominato. E’ la più emozionante, perché nonostante tutti i tentativi di rimozione la memoria di Oscar trapela di continuo nella vita di Vyvyan Holland. Le ultime pagine riportano una lettera dell’amante di Wilde, Alfred Douglas, a Vyvyan ed un necrologio di un compagno di università di Oscar, di nome William Ward, che lo ricorda da giovane”.

La figura di Wilde è incredibilmente moderna: si può dire che il ritratto di Dorian Grey sia il primo profilo social?

In effetti quella che dominava l’era vittoriana somiglia all’ipocrisia del nostro tempo. Si presenta in pubblico un’immagine ideale di se stessi, ma dietro c’è una realtà completamente diversa. La differenza è che oggi siamo disposti a vendere le nostre anime in cambio di ricchezza e successo, più che di bellezza.

Il titolo del libro di suo padre è Essere figlio di Oscar Wilde: chi è il figlio di Wilde oggi?

David Bowie era suo figlio. D’altronde mio nonno è sempre stato amato dal rock: la sua immagine è anche sulla copertina di Sgt Pepper dei Beatles. Più in generale, era un individualista in un tempo in cui il conformismo dominava. Oggi nessuno ama dirsi conformista: non è mai esistito un periodo in cui tanta gente vorrebbe essere Oscar Wilde.

Con i suoi comportamenti, Wilde è stato l’antesignano del genderfluid?

Suppongo di sì. Ogni volta che vado al cimitero parigino di Pere – Lachiase, la maggioranza delle persone che trovo intorno alla sua tomba sono giovani, che strappano pagine dai loro diari, vi scrivono dolci dediche e le lasciano come biglietti d’amore. Negli anni ne ho raccolti e conservati moltissimi. Un gran numero sono in lingua italiana, e di donne.

Il perbenismo vittoriano che condannò Wilde somiglia alle nuove dittature della cancel culture e del politically correct?

Non so, ma parlando di Wilde bisogna sempre tenere presente che nulla per lui era solo bianco o solo nero. Al contrario: secondo il suo principio ispiratore la realtà non era mai univoca. Aborriva il dogmatismo. Quindi la cultura dell’assolutismo di oggi l’avrebbe profondamente scioccato.

Ha un aforisma per il libro di suo padre?

Preferisco citare una frase contenuta tra le sue pagine che ho veramente compreso solo 30 anni dopo averla letta per la prima volta: non c’è nulla di peggio del realizzare che nessuno al mondo sta pensando a te come la persona più importante. Rappresenta la solitudine totale. Quella che purtroppo hanno sperimentato i figli di Oscar Wilde.

Leggi
1 10 11 12 13 14 40
Page 12 of 40