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Domus Romane, torna il tour dell’antica Roma con la voce di Piero Angela

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AGI – Nel cuore di Roma, a pochi metri dal Campidoglio e dal Colosseo, nei sotterranei di Palazzo Valentini c’è un’importante area archeologica di oltre 1800 metri quadrati, dove ci sono i mirabili resti di due domus romane e delle terme che si ergevano dove oggi è Piazza Venezia con vista sulla colonna Traiana. A distanza di quasi vent’anni dalla sua apertura al pubblico, l’area archeologica delle Domus Romane di Palazzo Valentini, situata in via Foro Traiano 84, è stata sottoposta a un restauro tecnologico dell’originario progetto immersivo/multimediale ideato da Piero Angela e Paco Lanciano grazie a un accordo di partenariato pubblico-privato tra la Città Metropolitana di Roma Capitale e Civita Mostre e Musei.

Il nuovo progetto, basato sull’impiego di sistemi di video proiezione di nuova generazione e ad alta definizione, che ha consentito di rendere ancora più profonda ed emozionale la visita all’interno degli scavi. Anche il sistema di diffusione audio, che gioca un importante ruolo nella costruzione di un’esperienza immersiva, è stato completamente ristrutturato, introducendo l’ascolto individuale mediante cuffie che riproducono i vari commenti e la colonna sonora dell’esperienza in alta qualità disponibili in italiano, francese, inglese, tedesco e spagnolo, permettendo a un vasto pubblico internazionale di godere appieno dell’esperienza multimediale.

L’effetto combinato delle nuove tecnologie di proiezione e del nuovo sistema di diffusione audio coinvolge profondamente il visitatore delle Domus facendogli vivere un’esperienza immersiva memorabile, da adesso anche multilingua. Nella versione italiana il racconto delle Domus è narrato dalla voce di Piero Angela mentre per le altre lingue il testo è tradotto e interpretato da doppiatori professionisti.

L’esplorazione delle Domus Il visitatore vede “rinascere” strutture murarie, ambienti, peristilii, terme, saloni, decorazioni, cucine, arredi, compiendo così un viaggio virtuale dentro una grande Domus dell’antica Roma. Un esempio unico e prezioso di come il patrimonio artistico dell’antichità, riconsegnato da un’opera attenta e rigorosa di restauro e riqualificazione, possa essere valorizzato attraverso l’integrazione delle nuove tecnologie.

La visita ampia delle Domus di Palazzo Valentini comprende tre zone archeologiche:

1) gli ambienti di rappresentanza delle Domus, dove il padrone di casa riceveva i suoi ospiti;

2) il settore delle Terme che erano all’interno di una delle Domus;

3) i resti di un edificio pubblico, forse un tempio dedicato dall’Imperatore Adriano a Traiano e Plotina Divi. Un filmato accompagna il visitatore nella ricostruzione della storia e delle vicende narrate sulla Colonna di Traiano. All’interno del museo, sale destinate alla esposizione di reperti archeologici si alternano alla visita multimediale. Nell’ultima area di visita è inoltre possibile vedere parte del bunker costruito nel sotterraneo del Palazzo durante la Seconda Guerra Mondiale, che ha mantenuto la sua struttura originaria.

“Alle Domus Romane di Palazzo Valentini non è stata tutelata solo l’area archeologica, ma è stato tutelato anche l’originario progetto multimediale e immersivo”, sottolinea Giorgio Sotira, amministratore delegato di Civita Mostre e Musei che ha investito 900mila euro per realizzare questo progetto interamente finanziato da privato. Civita Mostre e Musei prevede una spesa di 3,5 milioni di costi di personale e per i servizi ad alta intensità per i prossimi 10 anni.

Sempre per i prossimi 10 anni la previsione è di 500mila visitatori. “Si è realizzato un vero e proprio restauro digitale che ha consentito di ammodernare un impianto vetusto con apparecchiature moderne e maggiormente sostenibili – aggiunge Sotira – nonchè di garantire una fruizione multilingua che tiene conto della natura del sito, amato sia dai residenti che dai turisti. Civita è orgogliosa di aver proposto un’operazione che garantisce allo stesso tempo tutela, sostenibilità, valorizzazione e innovazione (di prodotto e di metodo)”, conclude. 

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Rinascono le domus romane di Palazzo Valentini grazie a un restauro tecnologico

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AGI – Fino al 2004 giaceva nascosta nei sotterranei di Palazzo Valentini un’importante area archeologica di oltre 1800 metri quadrati, testimonianza dell’incessante capacità di Roma di riservare sorprese di inestimabile valore. A distanza di quasi vent’anni, l’area archeologica delle Domus Romane di Palazzo Valentini, situata in via Foro Traiano 84, conferma la sua attrattiva per i numerosi visitatori locali e stranieri che
affollano quotidianamente i suoi spazi. Grazie a un accordo di partenariato pubblico-privato tra la Città Metropolitana di Roma Capitale e Civita Mostre e Musei, l’area è stata sottoposta a un restauro tecnologicodell’originario progetto immersivo/multimediale ideato da Piero Angela e Paco Lanciano.

Questa iniziativa, che costituisce uno dei più importanti partenariati in ambito culturale in Italia, ha integralmente preservato le volontà narrative e divulgative del noto giornalista scientifico scomparso nel 2022, migliorando e potenziando le capacità immersive, multimediali e tecnologiche dell’esperienza di visita. Il progetto tecnologico. Il progetto, basato sull’impiego di sistemi di video proiezione di nuova generazione e ad alta
definizione, ha consentito di rendere ancora più profonda ed emozionale la visita all’interno degli scavi. Anche il sistema di diffusione audio, che gioca un importante ruolo nella costruzione di un’esperienza immersiva, è stato completamente ristrutturato, introducendo l’ascolto individuale mediante cuffie che riproducono i vari commenti e la colonna sonora dell’esperienza in alta qualità disponibili in italiano, francese, inglese, tedesco e spagnolo, permettendo a un vasto pubblico internazionale di godere appieno dell’esperienza multimediale.

L’effetto combinato delle nuove tecnologie di proiezione e del nuovo sistema di diffusione audio coinvolge profondamente il visitatore delle Domus facendogli vivere un’esperienza immersiva memorabile, da adesso anche multilingua. Nella versione italiana il racconto delle Domus è  narrato dalla voce di Piero Angela, mentre per le altre lingue il testo è tradotto e interpretato da doppiatori professionisti.

L’esplorazione delle Domus

Il visitatore vede “rinascere” strutture murarie, ambienti, peristilii, terme, saloni, decorazioni, cucine, arredi, compiendo così un viaggio virtuale dentro una grande Domus dell’antica Roma.
Un esempio unico e prezioso di come il patrimonio artistico dell’antichità, riconsegnato da un’opera attenta e rigorosa di restauro e riqualificazione, possa essere valorizzato attraverso l’integrazione delle nuove tecnologie. La visita ampia delle Domus di Palazzo Valentini comprende tre zone archeologiche:
1) gli ambienti di rappresentanza delle Domus, dove il padrone di casa riceveva i suoi ospiti.
2) il settore delle Terme che erano all’interno di una delle Domus.
3) i resti di un edificio pubblico, forse un tempio dedicato dall’Imperatore Adriano a Traiano e Plotina Divi. Un filmato accompagna il visitatore nella ricostruzione della storia e delle vicende narrate sulla Colonna di Traiano. All’interno del museo, sale destinate alla esposizione di reperti archeologici si alternano alla visita multimediale.

Nell’ultima area di visita è inoltre possibile vedere parte del bunker costruito nel sotterraneo del Palazzo durante la Seconda Guerra Mondiale, che ha mantenuto la sua struttura originaria.

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“Vi racconto mio nonno Oscar Wilde”

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AGI – Merlin Holland è un gentiluomo inglese di 78 anni reso elegantemente giovanile da un’innata goffaggine, nonché l’unico discendete diretto di Oscar Wilde. Il diverso cognome è dovuto al fatto che suo padre Vyvyan, figlio secondogenito dell’autore del ‘Ritratto di Dorian Grey’, fu costretto, come il fratello, ad adottare una nuova identità anagrafica dopo lo scandalo seguito al famoso processo per sodomia. Oggi massimo esperto e curatore dell’opera omnia del celeberrimo nonno, Merlin Holland lo è anche del libro autobiografico di suo padre Vyvyan Holland “Essere figlio di Oscar Wilde” da poco pubblicato in Italia da La Lepre Edizioni. Lo abbiamo incontrato a Roma.

Qual è la storia di Essere figlio di Oscar Wilde e cosa racconta?

“Si tratta di un’opera che ha richiesto più di 50 anni di preparazione, tale era la resistenza di mio padre a rievocare il passato. Pubblicarlo è stato per lui una catarsi, una liberazione dal dolore, ed è servito a completare la storia di mio nonno rendendo pubblico ciò che è successo ai suoi familiari dopo il processo che subì. Quando il libro è uscito per la prima volta in Inghilterra, nel 1954, mio padre ricevette moltissime lettere di persone che si dicevano addirittura all’oscuro del fatto che Wilde avesse avuto una progenie. La prima parte del testo racconta l’infanzia felice di Vyvyan, vissuta fino ai 9 anni accanto ai genitori. In era vittoriana, quando i padri dell’alta borghesia e della nobiltà non usavano trascorrere molto tempo con i figli piccoli, mio nonno Oscar era talmente affettuoso da giocare per ore con i suoi bambini sul pavimento”.

“La seconda parte del libro descrive i tre anni di esilio forzato seguiti al processo per omosessualità di Wilde del 1895. Cambiato nome, i suoi due figli fuggono dall’Inghilterra affidati a una governante, mentre la moglie Constance vi resta nonostante l’enorme portata dello scandalo. Mio padre non si dilunga su questo tema, ma mia nonna era una donna estremamente coraggiosa e non abbandonò il marito sin dopo l’ultima sentenza, pur raggiungendo spesso i figli o comunque tenendosi in stretto contatto con essi, prima della definitiva ricongiunzione, mentre la loro diaspora da esuli continuava di collegio in collegio tra Svizzera, Germania, Italia e Principato di Monaco”.

“Dopo un inserto composto da una trentina di lettere giovanili di Wilde e tre suoi racconti inediti (prima tramandati oralmente e poi scritti), la terza parte del libro racconta del ritorno a casa dei figli di Wilde, a seguito della morte della mamma, e di come la famiglia tenti di cancellare ogni ricordo del loro padre, che non doveva nemmeno essere nominato. E’ la più emozionante, perché nonostante tutti i tentativi di rimozione la memoria di Oscar trapela di continuo nella vita di Vyvyan Holland. Le ultime pagine riportano una lettera dell’amante di Wilde, Alfred Douglas, a Vyvyan ed un necrologio di un compagno di università di Oscar, di nome William Ward, che lo ricorda da giovane”.

La figura di Wilde è incredibilmente moderna: si può dire che il ritratto di Dorian Grey sia il primo profilo social?

In effetti quella che dominava l’era vittoriana somiglia all’ipocrisia del nostro tempo. Si presenta in pubblico un’immagine ideale di se stessi, ma dietro c’è una realtà completamente diversa. La differenza è che oggi siamo disposti a vendere le nostre anime in cambio di ricchezza e successo, più che di bellezza.

Il titolo del libro di suo padre è Essere figlio di Oscar Wilde: chi è il figlio di Wilde oggi?

David Bowie era suo figlio. D’altronde mio nonno è sempre stato amato dal rock: la sua immagine è anche sulla copertina di Sgt Pepper dei Beatles. Più in generale, era un individualista in un tempo in cui il conformismo dominava. Oggi nessuno ama dirsi conformista: non è mai esistito un periodo in cui tanta gente vorrebbe essere Oscar Wilde.

Con i suoi comportamenti, Wilde è stato l’antesignano del genderfluid?

Suppongo di sì. Ogni volta che vado al cimitero parigino di Pere – Lachiase, la maggioranza delle persone che trovo intorno alla sua tomba sono giovani, che strappano pagine dai loro diari, vi scrivono dolci dediche e le lasciano come biglietti d’amore. Negli anni ne ho raccolti e conservati moltissimi. Un gran numero sono in lingua italiana, e di donne.

Il perbenismo vittoriano che condannò Wilde somiglia alle nuove dittature della cancel culture e del politically correct?

Non so, ma parlando di Wilde bisogna sempre tenere presente che nulla per lui era solo bianco o solo nero. Al contrario: secondo il suo principio ispiratore la realtà non era mai univoca. Aborriva il dogmatismo. Quindi la cultura dell’assolutismo di oggi l’avrebbe profondamente scioccato.

Ha un aforisma per il libro di suo padre?

Preferisco citare una frase contenuta tra le sue pagine che ho veramente compreso solo 30 anni dopo averla letta per la prima volta: non c’è nulla di peggio del realizzare che nessuno al mondo sta pensando a te come la persona più importante. Rappresenta la solitudine totale. Quella che purtroppo hanno sperimentato i figli di Oscar Wilde.

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Cultura

Colosseo, scoperta una nuova domus tra Foro Romano e Palatino 

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AGI –  Il Parco archeologico del Colosseo, nell’ambito di un progetto di studio e ricerca,  ha riportato alla luce alcuni ambienti di una lussuosa domus di età tardo-repubblicana, di cui erano state scavate alcune strutture murarie nel 2018, e un tempo esistente esattamente nell’area in cui, in età augustea, vennero costruiti gli Horrea Agrippiana, i celebri magazzini lungo il vicus Tuscus (strada commerciale che collegava il porto fluviale sul Tevere e il Foro Romano) costruiti dal genero di Augusto, Marco Vipsanio Agrippa.

Dietro gli Horrea, tra i magazzini e le pendici del colle Palatino la domus si sviluppa su più piani, probabilmente articolata a terrazze e caratterizzata da almeno tre fasi edilizie, databili tra la seconda metà del II secolo a.C. e la fine del I secolo a.C.. Distribuita intorno a un atrio/giardino, la domus presenta, quale ambiente principale, lo specus aestivus, una sala per banchetti che imita una grotta, utilizzata durante la stagione estiva e originariamente animata da spettacolari giochi d’acqua grazie al passaggio di alcune fistule (tubi) in piombo fra le pareti decorate.

 

 

A rendere eccezionale la scoperta è il rinvenimento, in questo ambiente, di uno straordinario rivestimento parietale in mosaico cosiddetto “rustico”, che, per complessità delle scene raffigurate e per cronologia, è privo di confronti.  Costituito da conchiglie di diverso tipo, tessere di blu egizio, preziosi vetri, scaglie minute di marmo bianco o di altri tipi di pietre, tartari (ovvero frammenti di travertino spugnoso) e cretoni di pozzolana legati da malta e orditi, il mosaico, che si data agli ultimi decenni del II secolo a.C., presenta una sequenza complessa di scene figurate. Nelle quattro edicole, definite da lesene e decorate con vasi da cui fuoriescono tralci di foglie di loto e di vite, sono raffigurate cataste di armi con trombe di tipo celtico (carnyx), prue di navi con tridente, timoni con triremi che alludono, forse, a un duplice trionfo, terrestre e navale, del proprietario della domus.

La grande lunetta soprastante presenta, inoltre, un’affascinante raffigurazione di paesaggio con, al centro, una città, con scogliera simulata con i tartari di travertino, affacciata sul mare solcato da tre grandi navi di cui una con vele sollevate; una cinta muraria con piccole torri circonda la città dotata di portici, porte e di un grande edificio pubblico; su uno dei lati una scena pastorale. La rappresentazione di una città costiera potrebbe alludere a una conquista bellica da parte del proprietario della domus, appartenente a un personaggio aristocratico, presumibilmente di rango senatorio. 

In una stanza di rappresentanza attigua, peraltro, l’accurato lavoro di restauro ha riportato alla luce un rivestimento in stucco bianco con paesaggi entro finte architetture e figure di altissima qualità.

“La scoperta di una nuova domus con un ambiente decorato da un mosaico davvero straordinario rappresenta un risultato importante che dimostra, ancora una volta, quanto il Parco archeologico del Colosseo e il Ministero della Cultura siano costantemente impegnati nel promuovere la ricerca, la conoscenza, la tutela e la valorizzazione del nostro straordinario patrimonio culturale. Il rinvenimento ha poi un importante valore scientifico che rende la domus ancor più rilevante. Dopo la riapertura della Domus Tiberiana e il miglioramento dell’accessibilità dell’Anfiteatro Flavio, con l’inaugurazione dell’ascensore che ora arriva al terzo ordine, il cuore della romanità ha disvelato quindi un autentico tesoro, che sarà nostra cura salvaguardare e rendere fruibile al pubblico”, dichiara il Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano.

“Si tratta di un importante risultato – aggiunge il Direttore del Parco archeologico del Colosseo, Alfonsina Russo – che ripaga un lungo lavoro di studio e di ricerca e che rientra in uno degli obiettivi prioritari del Parco, quello della conoscenza e della sua diffusione. Lo scavo archeologico si concluderà nei primi mesi del 2024 e successivamente lavoreremo intensamente per rendere al più presto accessibile al pubblico questo luogo, tra i più suggestivi di Roma antica”.

Nel suo insieme, la domus si qualifica, dunque, come residenza in cui si ritrova precocemente espressa quella luxuria asiatica che per tutto la tarda età repubblicana fu motivo di polemica e feroce lotta politica tra le fazioni aristocratiche e che conferma quanto dicono le fonti sulla presenza, con estese residenze, di esponenti di grandi famiglie senatorie romane nell’area nord-occidentale del Palatino.

Una scoperta straordinaria che riporta alla luce un autentico gioiello che a conclusione degli scavi e dei restauri si va ad aggiungere ai nuovi e diversificati percorsi di visita aperti negli ultimi anni e che compongono la variegata proposta culturale del Parco archeologico del Colosseo.

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Cultura

Dal 15 dicembre la mostra “Cibernetica e Fantasmi. Lo stato dell’arte su poesia e IA”

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AGI –  Dal 15 al 30 dicembre l’organizzazione culturale Sineglossa presenta a Recanati presso Villa Colloredo Mels la mostra di poesia e intelligenza artificiale “Cibernetica E Fantasmi”, in collaborazione con La Punta della Lingua, festival di poesia totale, con il sostegno da Regione Marche – Assessorato alla Cultura e il patrocinio del Comune di Recanati – Assessorato alla Cultura.

Una mostra che sceglie la città natale di Giacomo Leopardi e un titolo ispirato a una conferenza di Italo Calvino per illuminare nuovi punti di contatto tra l’eterno bisogno umano di poesia e le capacità linguistiche e combinatorie delle intelligenze artificiali.

L’idea che una macchina possa rimuovere l’essere umano dai “negozi della vita” e sostituirlo tanto nelle «cose materiali», quanto e soprattutto in quelle «spirituali», è anticipata da Leopardi nel 1824, in una delle Operette morali meno note ma più visionarie e futuribili, in cui il poeta recanatese immagina un’Accademia dei Sillografi – i sillografi erano, nell’antica Grecia, poeti di versi ironici e burleschi – che istituisce un bando di concorso per premiare le tre migliori invenzioni capaci di sostituire l’essere umano. Si lega invece all’ipotesi di una macchina letteraria il titolo scelto per la mostra, Cibernetica e Fantasmi: “dato che gli sviluppi della cibernetica vertono sulle macchine capaci di apprendere, di cambiare il proprio programma, di sviluppare la propria sensibilità e i propri bisogni, nulla ci vieta di pensare che a un certo punto la macchina letteraria senta l’insoddisfazione del proprio tradizionalismo e si metta a proporre nuovi modi d’intendere la scrittura, e a sconvolgere completamente i propri codici” (Cibernetica e fantasmi – Appunti sulla narrativa come processo combinatorio).

“Cibernetica e fantasmi” la mostra

È una retrospettiva sullo stato dell’arte della poesia fatta dall’intelligenza artificiale, con l’intelligenza artificiale e sull’intelligenza artificiale, attraverso un percorso espositivo pensato per offrire ai visitatori una panoramica sulle possibili forme di interazione tra gli esseri umani e le macchine nei processi di creazione. Da opere prodotte autonomamente da IA in grado di leggere, grazie a sensori, il contesto fisico nel quale si trovano e riprodurlo in poesia, fino a versi scritti da esseri umani sul nostro rapporto con le macchine intelligenti, attraversando vari livelli intermedi di co-creazione tra le due autorialità. L’esposizione è ospitata nel museo di Villa Colloredo Mels, a Recanati, uno spazio in cui poesia, arte e intelligenza artificiale possono dialogare con i capolavori del Maestro rinascimentale Lorenzo Lotto e la sezione dedicata a Giacomo Leopardi.

Se già Calvino apriva alle possibilità creative della cibernetica, in un’epoca in cui l’essere umano iniziava a capire “come si smonta e come si rimonta la più complicata e la più imprevedibile di tutte le sue macchine: il linguaggio”, cosa succede quando il linguaggio smontato e rimontato dall’intelligenza artificiale incontra la scrittura poetica attraverso i suoi autori?

La mostra tenterà di rispondere a questa domanda, conducendo il pubblico in un percorso dai primi esperimenti elettronici fino all’utilizzo delle intelligenze artificiali generative come ChatGpt o MidJourney, attraverso le opere di alcuni degli artisti italiani e statunitensi più attivi nel panorama contemporaneo della ai-generated poetry. Da Tape Mark 1, la pionieristica opera computazionale di Nanni Balestrini del 1962, ad I am code: An Artificial Intelligence Speaks, testo in versi scritto da Code-davinci-002, un antenato di ChatGpt, e letto da Werner Herzog, Il regista ed esploratore dell’ignoto che, sorpreso dal loro potere evocativo e disturbante, ha affermato: “Sono io l’unico che dovrebbe recitarle”.

Dai fotoromanzi poetici di Fabrizio Venerandi, il googlism di Marco Giovenale, le audiopoesie Persona distopica / persona utopica di Francesca Gironi, fino a quelle totalmente analogiche sul rapporto uomo-macchina di Paolo Agrati. Infine, due opere internazionali che sono già pietre miliari della poesia realizzata con l’IA: 1 the Road di Ross Goodwin, che, sulle orme di Jack Kerouac, ha percorso migliaia di chilometri insieme ad una IA che scriveva di quello che vedeva e sentiva, e COMPLETION: Are you ready for the future? della pluripremiata poetessa Sasha Stiles, scritte con Technelegy, il suo alter-ego digitale.

In occasione del talk di apertura sarà ospitato un reading interattivo di co-creazione live con ChatGPT di Andrea Capodimonte.

All’interno del percorso espositivo sarà possibile, inoltre, assistere alla proiezione del mediometraggio fantascientifico Il Versificatore del 1971, tratto da un racconto di Primo Levi, conservato nelle Teche Rai, sulla commercializzazione di una macchina generatrice di poesie. In una prossima società futura, la domanda di poesia è elevata; un poeta professionista, gravato da un carico di lavoro intenso, sta considerando l’acquisto di un ‘versificatore’, un sofisticato dispositivo capace di generare versi su richiesta. Il rappresentante di questi apparecchi elettronici spiega al poeta e alla sua segretaria il funzionamento della macchina, che inizia presto a manifestare comportamenti inusuali e sorprendenti.

“Cibernetica e fantasmi, la prima mostra su poesia e intelligenza artificiale in Italia, prosegue il percorso pluriennale di ricerca e produzione che Sineglossa porta avanti con l’obiettivo di esplorare il rapporto tra creatività umana e artificiale, per comprendere come queste interazioni cambieranno il nostro modo di produrre conoscenza e pensare la nostra coesistenza con le macchine, per costruire dei futuri desiderabili.  Lo stesso obiettivo perseguito nella produzione e curatela di And we thought, progetto di Roberto Fassone, che ha appena ricevuto il premio MAXXI Bulgari 2024 come miglior progetto di arte digitale. Siamo felici di aver scelto Recanati, città natale di Giacomo Leopardi, per lanciare questa mostra. Da intellettuale visionario era già ben consapevole che questi temi sarebbero stati sempre più al centro del dibattito pubblico. Noi con questa mostra confermiamo i suoi sospetti e ci auguriamo di poter allargare il dibattito” sostiene Federico Bomba, presidente di Sineglossa.

La collaborazione con il festival di poesia La Punta della Lingua è legata alle sperimentazioni condotte in 18 edizioni da questa manifestazione internazionale che ha coinvolto poete e poeti tra i più importanti d’Italia e del mondo (da Vivian Lamarque a Milo De Angelis, da Tony Harrison ad Ana Blandiana, John Giorno, Billy Collins), ha creato il primo laboratorio telematico di poesia sui social network (Facebook Poetry) e il concorso internazionale di videopoesia La poesia che si vede. Nie Wiem, impresa creativa senza scopo di lucro che organizza il festival, è anche una casa di produzione cinematografica che ha prodotto la videopoesia In quanto a noi di Simone Massi, vincitrice del Nastro d’argento 2023.

“Cibernetica e fantasmi” call for poets

La mostra è stata anticipata dal concorso di poesia Cibernetica e Fantasmi: un concorso aperto a tutti, poeti e non, senza limiti di età e lingua, in cui si poteva candidare una poesia scritta dall‘IA, sull’IA o con l’IA. Tutte le opere presentate entreranno a far parte di un archivio digitale che restituirà il variegato panorama della ricerca poetica in questo ambito e al vincitore verrà riconosciuto un premio del valore di 500 euro. La poesia vincitrice verrà annunciata il 15 dicembre 2023, in occasione dell’inaugurazione della mostra.

La giuria che valuta le opere è composta da Luigi Socci e Valerio Cuccaroni, direttori artistici del festival di poesia La Punta della Lingua, Federico Bomba, direttore artistico di Sineglossa, dal poeta computazionale Fabrizio Venerandi e dalla storica della letteratura computazionale Roberta Iadevaia, coinvolta anche come consulente scientifica della mostra.

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Cultura

Boom di prenotazioni per il concerto di Sfera Ebbasta 

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AGI – Boom di prenotazioni nel Cilento, a Sud di Salerno, per l’arrivo di Sfera Ebbasta che si esibirà in concerto il 21 dicembre prossimo. Il rapper, l’artista più ascoltato negli ultimi dieci anni in Italia su Spotify, è ancora ai vertici della classifica Fimi degli album e i vinili più venduti nel nostro Paese.

Il cantante si esibirà al Velia Beach Club di Casal Velino Marina, a poche settimane dall’uscita del suo quarto album ‘X2VR’, già sold out con la prima data di giugno 2024 a San Siro. In Cilento, meta scelta dai turisti soprattutto d’estate, si avverte l’effetto Sfera Ebbasta con gli operatori turistici che stanno ricevendo richieste di soggiorno per il periodo dell’evento da persone provenienti da altre zone della Campania e dalle regioni del Sud Italia. Il Comune di Casal Velino è già al lavoro per la viabilità e la sicurezza dell’intera area. 

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I Bronzi di San Casciano al Museo Archeologico di Napoli

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AGI – La mostra ‘Gli dei ritornano’, prorogata fino al 22 dicembre prossimo al Quirinale con uno straordinario successo di pubblico, verrà allestita a fine gennaio negli spazi espositivi del Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

Le oltre 20 statue e statuette bronzee, insieme a diverse monete ed ex voto rinvenuti nel 2022 nel santuario termale etrusco romano del Bagno Grande di San Casciano dei Bagni (Si), potranno così continuare a essere ammirate in attesa della realizzazione del museo loro preposto nel Palazzo dell’Arcipretura di San Casciano, acquisito dallo Stato per ospitare queste antiche testimonianze del passato.

L’esposizione, curata da Jacopo Tabolli, direttore scientifico degli scavi al ‘Santuario Ritrovato del Bagno Grande di San Casciano dei Bagni e professore di Etruscologia dell’Università per Stranieri di Siena, e da Massimo Osanna, direttore generale dei Musei del Mic, sarà allestita al Mann per tre mesi.

“Questi reperti eccezionali, che ci parlano di un passato in cui i mondi romano ed etrusco si riconoscevano nelle medesime tradizioni, hanno la capacità di riconnetterci alle nostre più antiche radici – sottolinea il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano – in attesa del loro ritorno nel luogo da cui sono emersi, dove verranno ospitati in un museo per il quale abbiamo già acquistato l’edificio in cui ogni tipo di pubblico potrà comprendere il significato di questa scoperta straordinaria, ora sarà Napoli ad accogliere ‘Gli dei ritornano’. I visitatori del Mann avranno così l’opportunità di ammirare questi tesori, restituiti a noi dalla terra e dall’acqua in cui erano celati”. 

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È uscito “Gli anni Rca di Raffaella, singoli 1971-72”

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AGI – È uscito “Gli anni rca di Raffaella I Singoli 1971-1972” (Sony Music), esclusivo cofanetto che conclude il ciclo dei singoli Rca di Raffaella Carrà e che fa seguito al precedente “Raffaella Carrà. Gli anni RCA – i singoli 1970-1971”.

Il nuovo cofanetto racchiude quattro 45 giri originali e il 7” 45 giri inedito “Tuca Tuca (English vrs) / Regue (Reggae Rrrr Spanish vrs)”. In questa versione, “Tuca Tuca (I Like It)” viene stampato per la prima volta in assoluto sul supporto vinile e il brano “Regue” è disponibile per la prima volta in Italia in quanto originariamente stampato unicamente per il mercato cileno nel 1971.

“Gli Anni RCA di Raffaella i singoli 1971-1972” è disponibile nelle versioni nero negli store fisici e digitali e colorato in tiratura limitata e numerata a 500 copie unicamente sullo Store Sony.Questi i cinque dischi presenti all’interno di “Gli anni Rca di raffaella i singoli 1971-1972″: Maga Maghella / Papà, El Borriquito / Raindrops Keep Fallin’ On My Head, Tuca Tuca Si / Accidenti a quella sera, T’ammazzerei / Era Solo Un Mese Fa, Like It (Tuca Tuca) / Regue (Reggae) – Vinile 7” Bonus,La copertina di questo cofanetto è impreziosita da uno scatto inedito, catturato dall’occhio acuto di Gianni Boncompagni.

È proprio all’inizio degli anni ’70 che Raffaella arriva al successo televisivo e conosce Gianni, con cui ha poi condiviso tantissimi anni di carriera. Sono inoltre disponibili per l’ascolto in digitale gli album “Fiesta (Italian Edition)”, “Mi spendo tutto”, “Raffaella (1988)”, “Raffaella (1971)”, “Raffaella Senzarespiro”, “Scatola a sorpresa”, “Milleluci”, “Felicità tà tà” e “Raffaella (1978)” per un totale di 9 album disponibili da quest’anno sulle piattaforme streaming e in digital download.

Nel 2024 i fan di Raffaella Carrà potranno aspettarsi ulteriori sorprese poichè si celebrano gli anniversari di alcuni dei momenti più significativi nella sua grandiosa carriera. 

Con il suo stile inconfondibile e con la sua straordinaria abilità di coinvolgere il pubblico, Raffaella Carrà ha trasceso la dimensione musicale, ha sfidato senza paura gli stereotipi di genere, ha superato censure e polemiche e si è affermata come una comunicatrice senza paragoni grazie alla sua irresistibile forza e il suo rapporto con il pubblico. La sua vita e la sua carriera costituiscono un inno all’emancipazione femminile e un esempio di come l’arte possa diventare una potente forza di cambiamento culturale. Ancora oggi, la sua eredità intellettuale e artistica è una grande fonte di insegnamento e ispirazione, e continua a comunicare audacia, forza, intraprendenza e libertà.

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Maria Grazia Chiuri: ‘la moda, come il libro, è libertà’ [VIDEO]

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AGI – Il libro come sogno, fonte creativa ed espressione di libertà. Libri che nutrono anche le collezioni di moda e diventano moda. La Fiera ‘Più Libri Più Liberi’ di Roma non poteva portare sul palco una voce più autorevole per dirlo: quella di Maria Grazia Chiuri, la prima direttrice creativa donna della storica Maison fondata nel 1946 da Christian Dior, dal 2016 la ‘nostra’ italiana sul trono di Francia.

“Sono cresciuta negli anni ’70 e per me la moda è sempre stato un modo per ribellarsi a mia madre che mi voleva vestita da tirolese. Io la moda l’ho sempre vissuta come una forma di libertà: decido per me, chi voglio essere e come voglio essere”. Chiuri è disinvolta e sicura di sé mentre ricorda (strappando un sorriso al parterre) la mamma che cercava d’imporle vestiti improbabili mentre lei voleva i jeans strappati.

I libri hanno aiutato Chiuri a combattere gli stereotipi per reinterpretare l’abbigliamento mettendo al centro la donna e il suo sentire: un nuovo approccio alla femminilità diventato nel giro di breve una nuova declinazione di femminismo che va oltre il fashion  system e parla alle donne e alla società d’oggi. Non a caso la griffe Dior figura tra i partner della 22ma edizione di questa fortunata manifestazione: 670 eventi in quattro giorni, tutti regolarmente sold-out, oltre 115mila presenze e, dulcis in fundo, vendite in forte crescita per gli editori.

Sono numeri da record assoluto, ha tenuto a sottolineare Innocenzo Cipolletta, presidente dell’Associazione Italiana Editori. Era tra i vip, in prima fila, anche durante l’applauditissimo incontro-confronto “Italiane a Parigi”, che ha accesso i riflettori su due prime donne italiane Oltralpe: con Maria Grazia Chiuri e la curatrice della fiera Chiara Valerio, Teresa Cremisi, presidente di Adelphi, già direttrice di due colossi editoriali francesi come Gallimard e Flammarion. 

Avvicinata da AGI, a margine dell’evento, Maria Grazia Chiuri ha spiegato il senso di una non scontata collaborazione tra la Maison francese e la piccola e media editoria italiana: “Io amo molto i libri e c’è anche un rapporto personale con Chiara Valerio e quindi per me è stato un piacere poter coniugare questa passione e quest’amicizia in un progetto realizzato a Roma di cui sono molto orgogliosa perché coniuga un aspetto creativo e culturale”. “I libri per me sono uno strumento fondamentale per il mio lavoro creativo – ha aggiunto – mi permettono d’immaginare e di sognare…la mia presenza qui è per dire a tutti ‘leggete’!

E’ possibile rintracciare i segni delle letture che l’hanno più marcata in tutti i moda board firmati Chiuri, è lei stessa a raccontarlo mentre invita le persone ad abbandonarsi alla lettura per trovare creatività e libertà attraverso i libri. Poi, facendo sorridere un’altra volta i presenti ammette anche che la moda può – a ben vedere – essere assimilata al libro: c’è chi indossa un indumento griffato solo per apparire e chi acquista libri (mai letti) da esporre nella biblioteca di casa, perchè fa ‘status’.

‘We Should All Be Feminists’ is the motto of Maria Grazia Chiuri’s Spring-Summer 2017 collection. Discover more https://t.co/h8KQQERaCz pic.twitter.com/VKAirdVI0F

— Dior (@Dior)
February 10, 2017

C’è una narrativa nel mondo della moda? Secondo Maria Grazia Chiuri ce ne è più di una, a partire da quella che dipinge lo stilista-artista come un genio solitario, chiuso in una stanza a creare, mentre nelle grandi aziende del lusso è il team work che premia e fa vincere un progetto, insieme al confronto continuo nella squadra che lo deve portare avanti. “Purtroppo la moda, aggiunge, è stata raccontata male e anche oggi lo è, perché troppo spesso viene legata all’idea (commerciale) di un brand”. Un aspetto che i nuovi media hanno contribuito ad accentuare mettendo in secondo piano, a suo avviso, “quanto invece la moda sia parte del sistema culturale”.

I pensieri vanno immediatamente alla sua iconica t-shirt “We Should All Be Feminists”. Un messaggio forte, di rottura, che nel 2017 inaugurò l’era Chiuri della Maison francese. Una Maison, ammette, che l’ha accolta e fatta sua da subito, di fatto incoronandola all’interno della sua grandiosa storia e all’interno di un sistema culturale di cui la moda, in Francia, fa parte a pieno titolo. Anche per questo, dice, “mi sento di ringraziare Parigi”.

 

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