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The Japanese Standoff, l’arte che si incontra a dispetto del tempo

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AGI – Ragionare sull’esistenza di connessioni lungo la storia dell’arte che svelino una vicinanza spirituale tra artisti, al di là del dato cronologico. È l’intento di una mostra che sarà inaugurata sabato 16 dicembre 2023, alle ore 18:00, nello spazio espositivo ETworks Studio a Roma. “The Japanese Standoff” è il titolo della mostra, curata da Luca Arnaudo e Roberto Lacarbonara, con opere degli artisti Utagawa Hiroshige, Ennio Tamburi e Mathew McWilliams

Se nell’immaginario cinematografico è ricorrente uno scontro a tre – “alla messicana” – solitamente senza possibilità di soluzioni positive, l’occasione presente mira invece agli esiti cooperativi di un confronto, pur idealmente competitivo, facendo incontrare tre artisti di cui valorizza una comune sensibilità “giapponese” per equilibri compositivi essenziali di segno e colore, in particolare sulla carta.

 

La celeberrima xilografia del pittore e incisore giapponese Utagawa Hiroshige, la Festa di Tanabata (ca. 1856, parte della serie Cento famose vedute di Edo) è l’opera che, insieme a un’altra importante incisione dell’artista (Sakanoshita, ca. 1837, dalla serie Cinquantratre stazioni della Tōkaidō), innesca il dialogo ideale tra lo stesso Hiroshige, Tamburi e McWilliams. Aeree trasparenze, piani di profondità che s’intersecano dirigendo lo sguardo dagli spioventi di un paesaggio urbano fino all’orizzonte, o ancora assorte geometrie rupestri, moti d’acqua dalla straniante fissità: le composizioni di Hiroshige, tanto ammirate dagli impressionisti, innervano il modernismo di una straordinaria sintesi grafica.

Ai lievi movimenti di bandiere, ai volteggi animati dalla brezza dell’oceano e alle sfumate atmosfere montane ha guardato anche Ennio Tamburi nel corso della sua lunga avventura artistica, animata da meditate peregrinazioni tra Giappone, India, Tibet e Nepal, da cui ha riportato un ampio ricorso alle carte e alla segnicità propria dell’immaginario orientale, ma declinato con uno sguardo meridiano, particolarmente attento ai rapporti di luce e colore.

In questo incontro ideale subentra, con la sua produzione più recente di carte e tele, Mathew McWilliams, artista canadese di base a Parigi, che da un lato, anni fa, ebbe anche modo di conoscere personalmente Tamburi visitandone lo studio romano insieme al curatore di questa mostra, dall’altro ha sempre professato una profonda ammirazione per Hiroshige. Nel suo affermare il valore di un minimalismo compositivo a “levare”, fatta di studiate sovrapposizioni di piani-colore, l’opera di McWilliams s’insinua tra quella dei due maestri in maniera vitale e lieve, aprendo così questo “confronto giapponese a tre” a nuove prospettive di considerazione all’insegna di una comune, raffinata misura estetica.

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Golden Globes, Barbie e Oppenheimer pronti a sbancare

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AGI – “Barbie” e “Oppenheimer” – l’improbabile coppia di film che ha dominato il botteghino e generato innumerevoli meme su Internet quest’estate – dovrebbero guidare i Golden Globe appena rinnovati quando le nomination verranno svelati lunedì.

Soprannominati collettivamente “Barbenheimer” perché la loro uscita nelle sale è avvenuta nello stesso giorno, entrambi i film probabilmente otterranno un punteggio elevato tra gli elettori dei Globes, che danno il via alla stagione dei premi cinematografici di Hollywood. “Barbie” – una vivida satira femminista sulla linea vincente delle bambole di plastica – è stato il film di maggior incasso del 2023, guadagnando più di 1,4 miliardi di dollari a livello globale.

Si prevede che otterrà riconoscimenti per le sue star Margot Robbie e Ryan Gosling, così come per la sceneggiatrice e regista Greta Gerwig. “Oppenheimer”, il film drammatico di Christopher Nolan sull’inventore della bomba nucleare, adorato dalla critica, ha incassato l’incredibile cifra di 950 milioni di dollari al botteghino mondiale.

Dovrebbe raccogliere nomination per i membri del cast, tra cui Cillian Murphy e Robert Downey Jr, così come per il suo regista. Gli organizzatori dei Globes sperano che il clamore duraturo e l’attenzione che circonda “Barbenheimer”, così come altri film popolari e acclamati come “Killers of the Flower Moon” e “Poor Things”, possano spostare l’attenzione lontano dalla recente notorietà del gala. I Golden Globe hanno resistito per alcuni anni difficili, dopo che una denuncia del Los Angeles Times nel 2021 ha mostrato che l’organo votante dei premi – la Hollywood Foreign Press Association – non aveva membri neri.

Quella rivelazione ha innescato la messa in onda di un’ampia gamma di altre critiche a lungo latenti nei confronti dell’HFPA, comprese le accuse di dilettantismo e corruzione. All’inizio di quest’anno, i beni e i marchi dei premi sono stati acquistati e revisionati da un gruppo di investitori privati, tra cui il miliardario statunitense Todd Boehly, e l’HFPA è stato sciolto. Agli ex membri dell’HFPA con sede a Hollywood è stato vietato di accettare regali e ora riceveranno uno stipendio per votare per i loro film e programmi preferiti, mentre più di 200 elettori non membri (e non retribuiti) da tutto il mondo sono stati aggiunti.

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Archeologi italiani fanno riemergere l’antica città di Tell Muhammad in Iraq 

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AGI – “Sono straordinarie scoperte ingegneristiche, che non ci saremmo mai aspettati di fare a Tell Muhammad in Iraq. A febbraio torneremo per restaurare quanto recentemente portato alla luce perchè il lavoro di un archeologo non è solo quello di scavare ma anche di restaurare e studiare”.

Lo dice all’AGI l’archeologo Nicola Laneri, docente di Archeologia e Storia dell’arte del Vicino Oriente al Disum, che ha fatto il punto sui risultati della seconda campagna di scavi della missione archeologica “Baghdad Urban Archaeological Project” dell’Università di Catania, promossa con lo State Board of Antiquities and Heritage iracheno e grazie al ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale.

“Durante questa seconda missione iniziata il 4 settembre e conclusa il 22 ottobre – spiega Laneri – abbiamo scavato tanto, circa 800 mq in estensione e fino a un metro e mezzo in profondità, ma il lavoro ci ha premiati con meravigliose scoperte. Oltre alla porta monumentale nella cinta muraria di Hammurabi, ai magnifici vasi e a due edifici risalenti al II millennio a.C. già scoperti durante la prima campagna del 2022, adesso siamo arrivati a potere studiare il complesso sistema di fortificazioni e di gestione delle acque che segnava il versante nord-orientale della città di Tell Muhammad, fondata all’inizio dell’epoca Paleobabilonese (l’età di Hammurabi) vicino all’odierna Baghdad. Qui è stato scavato per circa 40 metri il muro di cinta che delimitava un canale o un porto fluviale rivolto verso il fiume Tigri”.

“L’antica città – prosegue lo studioso – fu poi abbandonata in corrispondenza della cosiddetta ‘Caduta di Babilonia (1595 a.C.) da parte del sovrano Ittita Mursili. Tale porta, si è scoperto, era associata a un sistema di canalizzazione di acque reflue che portava i liquami dal centro della città a uno spazio esterno molto simile a un porto fluviale rivolto verso il fiume Tigri. Ed è stata proprio la supposizione, sostenuta anche dal ritrovamento di una panchina, della presenza di un porto ad avere incoraggiato la voglia di tornare a febbraio e studiare meglio ciò che abbiamo lasciato”.

La porta si apriva su un sistema di ingresso che prevedeva una scala diretta a una ampia terrazza soprelevata con annesso torrione, nonchè un canale che faceva parte dell’intricata rete fognaria della città. In particolare, il canale era caratterizzato da un intrico di contrafforti interni e di tubazioni in terracotta che favorivano e velocizzavano il deflusso dei reflui.

Alla sommità della scala si trovava un torrione e, all’interno dello spiazzale esterno, era posizionata una cisterna per la raccolta dell’acqua che in una fase successiva venne trasformata in fossa di scarico.

Negli spazi interni alla cinta muraria sono anche stati scoperti edifici legati alla lavorazione dei cereali e alla panificazione, oltre che dei forni che avevano anche la funzione di liquefare il bitume, fondamentale per l’impermeabilizzazione dei vasi e dei luoghi legati alla gestione dell’acqua.

“Straordinaria, inoltre, è stata la scoperta di un bagno con foro e latrina sottostante e di uno spazio sacro con altare e tombe dedicato al culto degli antenati attestato nei contemporanei testi in cuneiforme – ha sottolineato Laneri – e anche gli oggetti scoperti durante questa seconda campagna di scavo sono di fondamentale importanza perchè, insieme con le forme ceramiche tipiche dell’epoca Paleobabilonese, sono stati trovati tre preziosi sigilli cilindrici con funzione amministrativa che presentano iconografie e iscrizioni tipiche di questa epoca”.

È stata la direttrice del Dipartimento di Scienze umanistiche dell’Università di Catania, Marina Paino, a ricordare come il Disum nutra particolare attenzione intorno a questo settore di ricerca di cui il dipartimento vanta da sempre studiosi di caratura internazionale.

Chiara Franchini, vice ambasciatore italiano a Bagdad, ha a sua volta ribadito l’importanza della presenza in Mesopotamia dei ricercatori italiani perchè questi hanno permesso di effettuare scoperte significative sulla storia di questa terra, utili al traguardo della istituzione di un Parco archeologico.

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Torna a grande richiesta la “Mostra d’Arte Presepiale” nella chiesa del Corpus Domini di Gragnano

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Torna a grande richiesta la “Mostra d’Arte Presepiale” allestita nella chiesa del Corpus Domini di Gragnano, finanziata dall’amministrazione comunale, con la direzione artistica dal maestro Luca Manzi e dall’archeologo Mario Notomista.

Dopo il grande successo della scorsa edizione, la mostra ritorna con tante novità. Ad esporre saranno circa trenta artisti esperti nella creazione di monumentali scenografie, oggettistica in miniatura e splendidi pastori.

Molte le firme conosciute in ambito nazionale che si caratterizzano per una produzione pienamente aderente alla tradizione del presepe napoletano. L’inaugurazione è prevista per il giorno 10 dicembre 2023, alle ore 11:00 e l’esposizione sarà visitabile tutti i giorni dalle 17:00 alle 20:00 (la domenica e i giorni festivi anche dalle 9:00 alle 12:30). Apertura straordinaria nella notte di Natale.

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“Fantasie di Napoli” si espande. Luca Rallo porta la pizza d’autore napoletana al GranRoma

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“Fantasie di Napoli: Luca Rallo porta la pizza napoletana anche al GranRoma”
Il profumo irresistibile della pizza napoletana ha fatto il suo ritorno a Roma con l’apertura del secondo locale di “Fantasie di Napoli”. Situato nel cuore del centro commerciale GranRoma, in Via Aristide Merloni 141, questo nuovo punto gastronomico promette di offrire una vera e propria esperienza culinaria partenopea. Il pizzaiolo-campione del mondo Luca Rallo, già noto per il suo primo locale in zona Lunghezza, ha portato il meglio della cucina napoletana al centro della Capitale.
La visione di Rallo si riflette nell’impegno per la qualità e l’autenticità. Dopo il successo del suo primo locale, ha scelto di espandersi nel vivace contesto del centro commerciale GranRoma. La grande apertura, avvenuta il 6 dicembre, è stata uno spettacolo per i sensi, con offerte gratuite di pizze Margherita e la possibilità di assaporare una pasta e patate napoletana di alta qualità.
Il locale è una vetrina di eccellenza napoletana, offrendo pizze di altissima qualità e una vasta selezione di piatti tradizionali. La sua inaugurazione, circondata da un’atmosfera festosa, ha segnato il debutto trionfale di “Fantasie di Napoli” nel centro commerciale Gran Roma. Fra i presenti al tavolo stampa-vip, posto al centro della sala: Simone Gallo e Alyna Person, Massimo Polese, Luca Muccichini, Jolanda Gurreri, Maurizio Pizzuto, Sara Lauricella, Sabrina Diamanti e tanti altri.
La forza di questo locale risiede nella capacità di bilanciare sapientemente tradizione e innovazione. Pur mantenendo l’autenticità dei piatti napoletani, il locale non esita a sperimentare nuove idee culinarie. Questa combinazione di tradizione e innovazione si riflette sia nel variegato menu che nell’atmosfera moderna e accogliente del locale.
Il nuovo locale, situato in uno scenario spettacolare all’interno del centro commerciale GranRoma, si presenta come un’opzione perfetta per coloro che desiderano esplorare la ricchezza della cucina napoletana senza dover viaggiare fino in Campania. Sia che tu sia un appassionato di pizza, un amante della pasta o semplicemente curioso di assaporare i sapori autentici di Napoli, “Fantasie di Napoli” è pronto ad accoglierti a braccia aperte.
Con l’apertura del secondo locale a Roma nel centro commerciale Gran Roma, “Fantasie di Napoli” continua a conquistare il cuore dei romani con la sua autentica cucina partenopea. Luca Rallo e il suo team promettono un’esperienza culinaria straordinaria, in cui ogni morso rappresenta un viaggio diretto nel cuore della tradizione gastronomica napoletana. Che tu sia un gourmet o un semplice appassionato di buon cibo, questo nuovo indirizzo sarà sicuramente un punto di riferimento per chi cerca il meglio della cucina italiana.
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A Milano spopola l’albero orizzontale della fondazione Rovati

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AGI – Un albero di Natale orizzontale nella città del Bosco verticale: sta registrando un grande afflusso di milanesi e turisti l’installazione nei giardini della Fondazione Rovati, in Corso Venezia a Milano.

L’Albero Orizzontale è una creazione del 68enne artista napoletano Giancarlo Neri fatta di oltre 500 palline bianche che la sera si illuminano di luci colorate. L’albero è stato ‘acceso’ il 6 dicembre e resterà esposto fino al 14 gennaio.

“Poche cose sono pericolose per un artista come il cimentarsi con la decorazione natalizia, direi quasi nessuna”, ha osservato Neri, “se la fai ‘strana’ ti distruggono perché hai voluto essere originale a tutti i costi; se rimani nella tradizione ti distruggono dicendo ‘…e ci voleva un artista per fare questa cosa cosi’ banale?’ Non se ne esce, è una sconfitta annunciata. Questa volta, però, la scusa ce l’ho: nella città del Bosco Verticale faccio un Albero Orizzontale. Non ho saputo resistere, peggio per me”.

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Pompei svela il suo panificio ‘industriale’

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AGI – Asini con gli occhi bendati, legati, e costretti a girare per ore seguendo solchi tracciati sul pavimento. Schiavi rinchiusi in un ambiente angusto senza affaccio esterno, con piccole finestre con grate di ferro per far passare un po’ di luce. Una condizione da prigionieri, per uomini e animali, costretti a macinare il grano necessario ogni giorno per produrre il pane.

Un panificio quasi prigione emerge a Pompei nella Regio IX, insula 10, dove sono in corso scavi nell’ambito di un più ampio progetto di messa in sicurezza e manutenzione dei fronti che perimetrano l’area ancora non indagata della città antica più nota al mondo.

Le indagini degli archeologi hanno restituito una casa in corso di ristrutturazione, divisa come è frequente nel mondo romano in un settore residenziale, decorato con raffinati affreschi di IV stile, e locali commerciali, in questo caso destinati alla panificazione.

In uno degli ambienti del panificio, erano già emerse nei mesi scorsi tre vittime, a conferma che nonostante la ristrutturazione in corso, la dimora era abitata. L’ennesima testimonianza del lavoro massacrante a cui erano sottoposti uomini, donne e animali negli antichi mulini-panifici, raccontato anche da una fonte d’eccezione, lo scrittore Apuleio, vissuto nel II secolo d.C., che nelle Metamorfosi IX 11-13, racconta come Lucio, protagonista di una delle sue storie, venga trasformato in asino e venduto a un mugnaio.

Le nuove scoperte rendono possibile descrivere meglio anche il funzionamento dell’impianto produttivo in disuso al momento dell’eruzione del 79 dopo Cristo. Il settore produttivo messo in luce è privo di porte e comunicazioni con l’esterno, l’unica uscita dà sull’atrio, e nemmeno la stalla possiede un accesso stradale come frequente in altri casi. “Si tratta, in altre parole, di uno spazio in cui dobbiamo immaginare la presenza di persone di status servile di cui il proprietario sentiva il bisogno di limitare la libertà di movimento – fa notare il direttore del Parco Archeologico di Pompei Gabriel Zuchtriegel, in un articolo scientifico a più mani pubblicato sull’E-Journal degli scavi di Pompei.

“È il lato più sconvolgente della schiavitù antica, quello privo di rapporti di fiducia e promesse di manomissione, dove ci si riduceva alla bruta violenza, impressione che è pienamente confermata dalla chiusura delle poche finestre con grate di ferro”, aggiunge. La zona delle macine, nella parte meridionale dell’ambiente centrale, è adiacente alla stalla, caratterizzata dalla presenza di una lunga mangiatoia.

Attorno alle macine si individua una serie di incavi semicircolari nelle lastre di basalto vulcanico. Data la forte resistenza del materiale, è verosimile che quelle che a prima vista potrebbero sembrare delle impronte siano in realtà intagli realizzati appositamente per evitare che gli animali da tiro scivolassero sulla pavimentazione e contemporaneamente tracciare un percorso, formando in tal modo la curva canalis descritta da Apuleio.

“Le fonti iconografiche e letterarie, in particolare i rilievi della tomba di Eurysaces a Roma, suggeriscono che di norma una macina fosse movimentata da una coppia composta da un asino e uno schiavo. Quest’ultimo, oltre a spingere la mola, aveva il compito di incitare l’animale e monitorare il processo di macinatura, aggiungere del grano e prelevare la farina”, spiega il direttore del Parco.

L’usura dei vari intagli può dipendere dagli infinti giri, sempre uguali, svolti secondo lo schema predisposto nella pavimentazione. L’ambiente riaffiorato, con la sua testimonianza di dura vita quotidiana, integra il quadro raccontato nella mostra “L’altra Pompei: vite comuni all’ombra del Vesuvio”, che inaugurerà il 15 dicembre alla Palestra grande degli scavi dedicata a quella miriade di individui spesso dimenticati dalle cronache storiche, come appunto gli schiavi, che costituivano la maggioranza della popolazione e il cui lavoro contribuiva in maniera importante all’economia, ma anche alla cultura e al tessuto sociale della civiltà romana. 

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Investigare 5.0, un manuale da perfetto Sherlock dei nostri tempi

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AGI  – “Investigare 5.0”, volume curato dal prefetto Vittorio Rizzi e dalla professoressa Anna Maria Giannini, è stato presentato a Bruxelles presso l’Istituto italiano di cultura dell’ambasciata italiana.

Il manuale vuole essere una sorta di giving back degli investigatori alle accademie e alle scienze criminologiche, con la restituzione del sapere scientifico arricchito dall’esperienza sul campo. Come un prisma di vetro che scompone un raggio di luce bianca in mille colori, così Investigare 5.0 affronta la complessità del mondo delle indagini offrendo le diverse prospettive che, oggi, sono richieste per garantire la sicurezza dei cittadini: alla preparazione professionale e all’intuito dell’investigatore si affianca il lavoro del biologo, del chimico, del fisico, dell’ingegnere, dello statistico, dello psicologo, del sociologo, dell’esperto in comunicazione.

Una pluralità di saperi e di esperienze collegati da due temi di fondo, solo apparentemente lontani: l’innovazione tecnologica e una diversa sensibilità culturale in tema di promozione e tutela dei diritti umani. L’innovazione tecnologica, negli anni che stiamo vivendo, a cavallo di due millenni, ha determinato un’accelerazione unica nella storia dell’umanità.

La rivoluzione digitale offre opportunità straordinarie tanto alle indagini che alle minacce criminali, che richiedono studio e un’attenzione costante per intercettare i nuovi pericoli e predisporre per tempo le contromisure. L’altro filo rosso che ispira questo manuale è l’attenzione alla vittima, una sensibilità contemporanea – oggi codificata anche nell’ordinamento giuridico – che ha introdotto nella criminologia una nuova prospettiva vittimologica. Quella che il codice di procedura penale definisce come la persona offesa dal reato non rappresenta più solo il titolare di un’istanza risarcitoria, ma diventa il protagonista della complessa macchina della sicurezza, che deve essere adeguata ad accogliere i bisogni di chi soffre per essere stato vittima di un crimine ed è titolare di un’istanza di giustizia. Tecnologia e vittimologia diventano così due facce della stessa medaglia, in cui la scienza è il fulcro di una nuova conoscenza che deve partire e tornare all’uomo, per regalare alla società livelli sempre più alti di civiltà e umanità.

L’ambasciatrice Federica Favi ha sottolineato il valore assunto dall’Italia nella cooperazione internazionale e l’importanza del modello italiano nelle strategie di prevenzione e contrasto al crimine organizzato. L’onorevole Sabina Pignedoli ha messo in evidenza quanto sia funzionale alle investigazioni, soprattutto in tema di crimine organizzato, l’utilizzo dell’intelligenza artificiale nell’analisi dei dati.

Il dottor Alfredo Nuzzi di Europol ha posto in luce l’esperienza positiva del modello investigativo italiano sia nelle capacità di prevenzione che in quelle operative in ambito multilaterale, con le esperienze maturate nei pool antimafia ed antiterrorismo.

Il prefetto Rizzi, vicecapo della Polizia, ha rimarcato la necessità di promuovere la cultura del contrasto alle mafie e, nel rispondere alle domande della giornalista Lucrezio in materia di violenza di genere, ha posto l’accento sulla necessità di lavorare culturalmente sul rapporto asimmetrico tra uomo e donna. L’intervista ha toccato diversi temi, quali la criminalità economica finanziaria. Rizzi ha spiegato che in un mondo globale e globalizzato la sfida al riciclaggio è altamente complessa, poiché dall’economia reale si è passati all’economia finanziaria ed oggi si è alla cosiddetta technofin con monete virtuali negoziate su piattaforme: nel centenario di Interpol, l’Italia ha promosso la risoluzione, adottata quasi all’unanimità, per l’istituzione di un nuovo alert, specificatamente la ‘Silver Noticè, sulla scia del principio ‘follow the money’ di Giovanni Falcone.

 

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La Prima alla Scala: 13 minuti di applausi per il Don Carlo di Verdi 

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AGI – Drammatico e romantico, una storia di potere e di amore, senza lieto fine. E’ il Don Carlo di Giuseppe Verdi, firmato da Lluís Pasqual, diretto dal maestro Riccardo Chailly, l’opera più complessa e tormentata del compositore, che stasera ha segnato l’avvio della stagione del Teatro alla Scala di Milano, salutata dal pubblico con 13 di applausi.

Soprattutto per le due cantanti: Anna Netrebko, nel ruolo di Elisabetta di Valois, ed  Elina Garanča, in quello della Principessa d’Eboli, che per il sovrintendente Dominique Meyer sono “la leonessa e la tigre”. Hanno brillato. Mentre qualche perplessità c’è stata sulla regia e, a sentire dal brusio, anche per la direzione di Chailly.

Da dire che l’opera è stata accompagnata da un velo di polemica ‘politica’: quella per i posti nel palco Reale. Ieri il sindaco aveva espresso la volontà di ‘scendere’ in platea per sedersi accanto alla senatrice a vita Liliana Segre. Cosa mai successa in passato. Una impasse superata con l’invito “da parte di Sala e di La Russa” a Segre a occupare un posto nel palco delle autorità.

E così è stato. “Non ho mai mosso un sopracciglio di polemica in questa vicenda – ha spiegato La Russa – perché capivo che era un problema logistico e non politico”.

Dunque, alla fine, a rendere omaggio agli artisti nel palco Centrale c’era la senatrice seduta tra il sindaco e il presidente del Senato Ignazio La Russa. Dietro di loro, il vicepremier Matteo Salvini, il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, i ministri Sangiuliano e Casellati. In teatro si è sentita la mancanza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, qui sempre molto amato.

Anche Segre ha ammesso di sentirne la mancanza spiegando di considerarlo “come un fratello”. Stavolta gli applausi – sempre tributati al Capo dello Stato – sono stati per lei, salutata dal pubblico in piedi. Dopo l’Inno di Mameli la polemica però ha fatto nuovamente capolino in sala.

Una voce si è levata forte dal loggione, “Viva l’Italia anti fascista” e “no al fascismo”. Un episodio ridimensionato dal presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana secondo il quale “la musica e la Scala vincono su tutto”.

Il presidente la Russa assicura di non aver “sentito nulla”. E per Salvini “se uno viene a sbraitare alla Scala o a fischiare agli Ambrosini ha un problema. E’ nel posto sbagliato. Qui si ascolta e non si urla”.

Altra ‘ombra’: stasera non c’è stato il saluto da parte del presidente del Senato al maestro Chailly e agli artisti e maestranze, che di consuetudine viene fatto dalle autorità durante il primo intervallo.

Pochi giorni fa, le rsa e rls Slc-Cgil e Anpi Scala avevano detto che non avrebbero partecipato “ad alcun cerimoniale di saluto istituzionale rivolto a chi non ha mai condannato il fascismo”.

A salutare il direttore d’orchestra sono andati Sangiuliano, Sala e Meyer. Non La Russa, che però al termine della serata ha spiegato: “Non l’ho voluto dire prima per non fare polemica, ma c’è proprio ignoranza dei ruoli istituzionali. Quando non c’è il presidente della Repubblica, non è che il presidente del Senato è il suo supplente”. Spazio alla musica dunque, e fine delle questioni.

Il cast “glorioso”, forte di grandi voci e ben affiatato era già una garanzia. In scena la super star amatissima da pubblico e critica, Anna Netrebko, e Francesco Meli, che hanno raggiunto le sei inaugurazioni ciascuno. Luca Salsi, era alla quarta.

Con loro Michele Pertusi e la straordinaria Elina Garanča. Lo spettacolo firmato da Lluís Pasqual ha portato in scena un’opera concepita “come tragedia Shakespeariana che ci svela il dietro le quinte del potere. Con il back stage dove i personaggi sono di una solitudine enorme “.

Sul palco pochi colori, oro, alabastro e tanta ‘cupezza’ trasmessa da abiti e mantelli neri. Ma come aveva spiegato il premio Oscar Franca Squarciapino a quel tempo il nero era segno di grande agio e “non di tristezza”.

Nel Don Carlo la trama è complessa, i temi cari al compositore ci sono tutti, l’amicizia, il popolo sottomesso, i problemi tra padre e figlio, il potere, la religione, l’amore tormentato. E ci sono personaggi con diverse sfaccettature. Mettere tutto in scena non è stato facile.

A far sentire “il respiro del compositore” ci ha pensato il direttore d’orchestra Riccardo Chailly che con il Don Carlo chiude la ‘Trilogia del Potere’, iniziata con Macbeth nel 2021 e Boris Godunov nel 2022.

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Prima alla Scala, su il sipario. Applausi per Liliana Segre

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AGI – L’orchestra del Teatro alla Scala di Milano, diretta dal maestro Riccardo Chailly ha eseguito l’inno di Mameli prima dell’inizio dell’opera, il don Carlo di Verdi, che questa sera, inaugura la stagione. Tutti in piedi nel palco reale, dove in prima fila siede anche la senatrice a vita Liliana Segre, tra il sindaco di Milano Beppe Sala e il presidente del Senato Ignazio La Russa. Al termine dell’inno si sono sentite chiaramente un paio di voci che gridavano “viva l’Italia anti fascista”.

Meyer: “Le polemiche? noi ci concentriamo sullo spettacolo”

“Sulla polemica tra il sindaco Sala e il presidente La Russa “la prima della Scala è sempre un momento in cui escono tante cose vere e false. Io ho chiesto a tutti quelli del teatro di concentrarsi sul nostro lavoro che è quello di produrre uno spettacolo bello e importante. Noi facciamo questo”. Lo ha detto il soprintendente della Scala Dominique Meyer a margine della Prima. A chi gli ha chiesto dell’assenza del presidente Mattarella ha risposto: “Io apprezzo molto il presidente Mattarella, sarei stato felicissimo se fosse potuto venire, ha dimostrato in tutti questi anni un affetto grande nei confronti della Scala, non dimenticherò mai quando al Duomo abbiamo presentato il requiem di Verdi alla memoria delle vittime del covid. Poi era tornato quando abbiamo aperto il teatro dopo la pandemia. Sento la sua mancanza ma è più personale che di altra natura”.

Liliana Segre accolta dal sindaco e prefetto

Il Prefetto di Milano Claudio Sgaraglia e il Sindaco di Milano, Giuseppe Sala, hanno accolto la senatrice a vita Liliana Segre all’ingresso del teatro. “Sono un’abbonata. Ho iniziato dal loggione. E questo è un bel momento da ricordare”. Ha detto Segre all’arrivo. La senatrice, che di solito prende posto in platea, stavolta sarà in prima fila nel palco Reale accanto al sindaco e al presidente del Senato Ignazio la Russa. E proprio all’arrivo nel palco reale è stata subito applaudita dal pubblico in sala. Tutti in piedi in platea e nei palchi hanno salutato la senatrice con un caloroso applauso, prima dell’inizio dell’opera verdiana.

Arrivato vicepremier Salvini

Il vicepremier e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini è arrivato al Teatro alla Scala per la Prima del “Don Carlo”. Il leader della Lega è con la compagna Francesca Verdini. “Sono orgoglioso” che Milano oggi sia al centro del mondo “infatti ho scelto Milano per il G7 trasporti ad aprile. Sono ministro di tutta Italia ma sono nato qui e per me Milano è Milano”. Ha detto il ministro e vicepremier arrivando al Piermarini per la prima della Scala.

 Almodovar e Garrel alla prima

Ci sono anche il regista spagnolo Pedro Almodòvar e l’attore francese Louis Garrel alla Prima della Scala. “È una serata molto bella. Questa è la mia cultura, perché parla della storia di noi spagnoli. Sono molto felice, questa è la mia prima volta qui, sono davvero molto eccitato”. Così il regista, a margine della prima del Don Carlo, al teatro alla Scala. 

Casellati: “La prima è una vetrina sul mondo”

“Diciamo che la Prima della Scala è una vetrina sul mondo. La lirica ormai è patrimonio dell’UNESCO e oggi assistere a questa prima di un’opera della maturità di Verdi che un po’ si allontana dalla linea drammaturgica è davvero un grande piacere, con cantanti straordinari, quindi, è una gioia per il cuore”. A dirlo è Maria Elisabetta Alberti Casellati, Ministro per le riforme istituzionali, a margine della Prima del Don Carlo al Teatro alla Scala. 

Nordio: “La ‘prima’ in carcere è il volto migliore della detenzione”

La Scala in carcere “rappresenta il volto migliore della detenzione”. Lo dice il ministro della Giustizia Carlo Nordio rammaricandosi per non poter essere presente alla visione del ‘Don Carlo’ a San Vittore. “So che, come vuole tradizione, a conclusione dell’opera verrà offerto risotto e panettone, frutto del lavoro di persone private della libertà che hanno avuto la possibilità di imparare un mestiere – prosegue Nordio -. Ci stiamo adoperando per cercare di far aumentare il numero delle imprese che investono nel carcere e delle persone che sono impiegate e so di trovare a Milano una società e un’imprenditoria sensibile.

La Russa: “Milano al centro del mondo”

“Milano è al centro del mondo, spero sarà una grande serata di musica come sempre avviene alla Scala. Poi il Don Carlo non è qualcosa che si può ammirare tutti i giorni, è un grande evento”. Lo ha detto il presidente del Senato Ignazio La Russa arrivando al Teatro alla Scala di Milano per la Prima del Don Carlo. “Sono stati solo temi logistici, niente che mi abbia impressionato”, ha detto poi rispondendo a una domanda sulla polemica che si è scatenata sui posti a sedere.

Patti Smith: “Mi aspetto bellezza”

“Stasera mi aspetto bellezza”. Lo ha detto Patti Smith arrivando al Piermarini per la Prima della Scala. A chi le ha chiesto un commento sulla situazione politica la cantautrice ha risposto: “Sono qui per i bambini, non per la politica”.

Un tenore iraniano con la maglietta a sostegno della protesta delle donne

Ramtin Ghazavi il tenore iraniano che questa sera prenderà parte alla prima del Don Carlo cantando nel coro, è arrivato mostrando una maglietta “Donna, vita, libertà” in segno di solidarietà alla rivoluzione delle donne iraniane.

 

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