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Fedez sbotta contro gli haters e li chiama ‘conigli infami’

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AGI –  “Troppo facile da dietro uno schermo senza assumersi le responsabilità di ciò che si scrive. Vi giuro su quello che ho di più caro che scoprirò chi siete, conigli infami”. Così Fedez su X sbotta contro gli haters che hanno rivolto minacce e malauguri ai due figli, Il rapper nei giorni scorsi aveva annunciato di aver già sporto denuncia alla polizia postale contro gli odiatori seriali che affollano i suoi profili. 

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È battaglia sulla copertina originale di ‘Asterix e Cleopatra’

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AGI – È battaglia legale intorno alla messa all’asta a Bruxelles di un disegno originale di Albert Uderzo del 1963, la copertina di “Asterix e Cleopatra”, una tempera di 32×17 cm, il cui valore è stimato tra i 400.000 e i 500.000 euro. A metterla in vendita è il figlio di un uomo che ne divenne proprietario più di 50 anni fa “a seguito di una donazione fatta da Albert Uderzo”, assicura la casa d’aste.

Ma Sylvie Uderzo, figlia del disegnatore, contesta la proprietà dell’opera e alla fine di novembre ha incaricato un avvocato francese di sporgere denuncia alla Procura di Bruxelles per “abuso di fiducia o furto”.
Nel disegno Uderzo fa una parodia del manifesto della produzione hollywoodiana del 1963 “Cleopatra”, all’epoca il film più costoso della storia. La Cleopatra di Uderzo ha la stessa posa di Elizabeth Taylor, Asterix sostituisce Giulio Cesare interpretato da Rex Harrison e Obelix Marco Antonio, interpretato da Richard Burton.

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Intervista ad Anna Voltaggio, in libreria con ‘La nostalgia che avremo di noi’

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AGI – Un romanzo breve destrutturato in tredici storie che hanno per secco titolo dei nomi. Personaggi che mutano ruolo da una all’altra trascolorando da protagonisti in comparse. Un puzzle di punti di vista emozionali che sottotraccia prende la forma del monologo interiore collettivo. Con La nostalgia che avremo di noi (Neri Pozza) una voce nuova bussa agli ingressi del  palazzo buono della letteratura italiana optando per la porta dell’originalità.

E rifiutando di classificarsi come “femminile” con la scelta di interpretare anche il sentire degli uomini. Sta suscitando interesse l’esordio in libreria di Anna Voltaggio, anche perché non è affatto un nome sconosciuto nell’ambiente.

Una  professionista della comunicazione editoriale che passa dall’altra parte della barricata: come ci si sente?

Leggermente a disagio, grazie. Entro incerta, in punta di piedi, in un mondo che per altri versi pratico da molti anni. L’approccio è  agli antipodi, come il livello di esposizione. So che sarò e guardata e giudicata, ma da esordiente accetto di provare insicurezza nella mia zona di confort.

Il suo libro racconta la generazione dei quaranta/cinquantenni di oggi puntando a una cifra minimale in termini di riferimenti spazio temporali: perché ha scelto di descrivere più il dentro che il fuori?

Dando parola alla sfera interiore più segreta vorrei far venire a galla un’età vissuta con smarrimento. Senza generalizzare, tratteggio un gruppo di adulti che rispetto ai loro omologhi del passato non hanno riferimenti. Perché la mia generazione è andata nel futuro a mani nude. Non alludo solo alla tecnologia: non abbiamo più trovato sentieri tracciati, tappe esistenziali definite nel privato e nel lavoro, e quasi sempre ripiegato sul piano B perché quello A non era praticabile.

Introduzione dell’euro, crisi economica: tutte le certezze smottate. A chi ci ha preceduto va detto grazie per tante cose, ma non hanno costruito. Noi a 30 anni non potevamo permetterci un appartamento, anche chi veniva dalla borghesia: il precariato era esistenziale e ha inciso nella costruzione dei nostri legami.

Coordinate emozionali: sono quelle che contano di più in letteratura?

Ne offro meno di altro tipo perché mi concentro più su sentimenti ambigui come desiderio e nostalgia. L’esterno è in parte omesso, ma le emozioni non prescindono dalla società. Inoltre la forma breve del racconto limita lo spazio e spinge a utilizzare simboli che rimandino a concetti. Una città fragile come Venezia specchia le fragilità di un  personaggio, una di frontiera come Trieste rappresenta un confine da raggiungere andando incontro al dolore.

Una periferia persa nel nulla era la quinta giusta per un racconto più onirico. Ho cercato di essere precisa soprattutto nel ritmo e nel posizionare le parole dove volevo che fossero, inserendole nel tempo dell’oggi.

I suoi personaggi oscillano tra scelte dettate dalla casualità, se non dal disturbo psichico, e una facciata di normalità: sono così le persone che per ragioni di età stanno prendendo le redini del mondo?

Nessuno dei miei personaggi sarà parte della classe dirigente. Mi incuriosisce l’umanità che sbaglia, la solitudine affamata di vita, la ricerca di qualcosa perche si sente una mancanza. C’è compassione. Ho scritto delle incrinature di persone che tengono in piedi una vita esatta, ma sanno bene di non essere perfette e allineate e che quando deraglieranno finiranno in vicoli ciechi.

Eppure non cambiano le loro decisioni perché è come si sentissero intere nell’errore, si riconoscessero scegliendo uno spazio libero e non conformato a ciò che secondo logica dovrebbe essere. Qualcuno mi ha detto che ho dato ai personaggi maschili tocchi più romantici: non è stato voluto, ma ci tenevo ad essere empatica con entrambi i sessi. Spesso autori uomini hanno fatto parlare le donne, meno il contrario. A me è piaciuto.

Da addetta ai lavori: è vero,  come sostengono le case editrici, che i lettori non amano la brevità dei racconti? Suona strano, in un tempo in cui la comunicazione si è fatta acronimo fino a trasformare ti voglio bene in tvb.

In effetti è raro esordire con dei racconti. Avuto il mio testo in valutazione, alcuni editori hanno mi chiesto di trasformarlo in romanzo infatti, ma non mi sono arresa. Resto innanzitutto una lettrice e la forma breve mi arriva dritta, ferocissima e commovente. Secondo me le storie frammentate spiegano il contemporaneo e se si ricominciasse a proporle dalle librerie arriverebbero ottime risposte.  Non a caso Veronica Raimo e Marco Balzano sono da poco usciti con delle raccolte.

Consigli per aspiranti autori: posto che un libro è per tutti, a chi deve rivolgersi un’esordiente?

Io ho pensato alle mie autrici e ai miei autori preferiti come lettori ideali, ma molti sono morti. A parte gli scherzi, parafrasando Rodari credo che un giovane debba scrivere quello che se non lo scrive gli fa male il braccio.

Due autrici o autori che ama.  E due che l’hanno ispirata.

Amo Clarice Lispector, perché, appunto, tratta di sentimenti ambigui, desiderio, nostalgia, gioco e ricerca dell’amore. E ovviamente mi ispira perché i suoi temi familiari e di amicizia sono anche miei.  Lo stesso vale per Yasmina Reza. Poi amo Daniele del Giudice per la scrittura  suggestiva, profonda e lucida. Ed amo Roberto Bolaño per l’immaginazione.

Un suo personaggio è chiamato Cartesio, ma poi si ritrova a giocare a dadi la sua vita: così vanno le cose?

Cartesio chiude il libro discostandosi da tutti gli altri caratteri,  incerti e in cerca  di qualcosa lasciato in sospeso in un passato che  li condiziona ancora. Lui invece ha un vita serena che non mette in discussione, ma il destino lo sgambetta costringendolo a prendere coscienza che il coraggio di un istante determina il risultato dell’esistenza di tutti noi, in termini di  pace interiore e  mancanza di rimpianti.  Perché ci vuole una dose di audacia per guardarsi in faccia.

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Menù verdiano per la cena di gala della Prima alla Scala

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AGI – La Prima del Don Carlo di Verdi, che inaugura la stagione del teatro alla Scala di Milano, sarà seguita come ogni anno da una cena di gala alla Società del giardino. Organizzata per il dodicesimo anno da Caffè Scala, marchio del gruppo Fincav, di Milano, si avvale per la seconda volta dello Chef Enrico Bartolini affiancato da Davide Boglioli, Executive Chef del Ristorante tristellato Enrico Bartolini al Mudec.

“Per il menu di questa prestigiosa cena – spiega Bartolini – ho pensato a dei piatti che celebrassero il ricco territorio che ha dato i natali Giuseppe Verdi, utilizzando ingredienti tipici per rendere omaggio alla cucina tradizionale. Il dessert sarà invece un omaggio al Principe protagonista dell’opera verdiana”. In evidenza i partner della cena: saranno serviti il Bellavista Teatro alla Scala annata 2019, i panettoni di Elisenda Classico Edizione 2023 e Caffè Borbone.

Intento rinnovato anche questo anno di Caffè Scala è di promuovere l’inclusione dei giovani, dando loro la possibilità di contribuire al successo dell’evento. Dopo aver coinvolto la scuola Capac in cucina e in sala nell’edizione 2022, questo anno il progetto di allestimento dei tavoli è affidato agli studenti del Triennio di Scenografia NABA, Nuova Accademia di Belle Arti coordinata da Margherita Palli e Francesca Guarnone.

“Incentrandoci sul personaggio, vediamo prevalere nell’allestimento i colori bordeaux, oro e antracite, ritrovati anche nei dipinti “Ritratto dell’infante di Don Carlos” di Diego Velàzques e “Ritratto dell’infante di Don Carlos di Spagna” di Alonso Sànchez Coello”. In parallelo alla cena alla Società del Giardino, verrà servita la cena per la festa di tutte le maestranze del Teatro nel retro-palcoscenico, un gran buffet per 500 persone. 

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Il libro piace ancora, soprattutto se parla

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AGI – L’audio entertainment piace agli italiani che dedicano ad audiolibri e podcast sempre più tempo, specie quando guidano, fanno ginnastica, cucinano o mettono in ordine. Una montagna di ore e un business in crescita, se è vero che quasi metà degli italiani che ascolta audiolibri ne ascolta più di uno al mese (non poco visto che la durata media di un titolo è una decina di ore) e soprattutto un volano culturale, dato che l’87% afferma di conoscere nuovi autori proprio grazie all’ascolto. 

I numeri diffusi da Audible Compass 2023, un’indagine internazionale realizzata da Kantar per conto della società Amazon che produce e distribuisce audiolibri, podcast e serie audio saranno presentati a Roma in occasione di “Più Libri Più Liberi” e mostrano un aumento del 5% di quanti nel 2023 hanno consumato audio entertainment. 

Le cifre sembrano smentire le cassandre che vedevano nell’ascolto un nemico giurato della lettura: le due fruizioni, dice la ricerca, sono complementari: l’84% degli ascoltatori di audiolibri è anche lettore di libri, in formato cartaceo ed ebook.

Certo, l’Italia resta un mercato marginale rispetto a quello tedesco, ma mentre in Germania Audible – di fatto una sorta di monopolista del mercato dell’audiolibro – è arrivato nel 2005, nel nostro Paese è sbarcato solo nel 2016, In sette anni e mezzo, però, ha messo insieme numeri importanti: sedicimila titoli, più di tremila dei quali originali (prodotti cioè dall’azienda e disponibili solo sul servizio). Numeri e investimenti importanti, se si considera che solo nel 2023 sono stati spesi in creazione di contenuti circa 4 milioni di euro. 

La voce è uno dei fattori guida nella scelta all’ascolto: il 77% degli intervistati preme play se ritiene il narratore accattivante e coinvolgente. La saga completa di “Harry Potter” di JK Rowling, letta da Francesco Pannofino, continua a essere l’audiolibro più amato anche nel 2023 insieme a “La portalettere” di Francesca Giannone e a “Il Conte di Montecristo”, narrati da Sonia Barbadoro e Moro Silo; “Maxi” di Roberto Saviano è al primo posto nella classifica dei podcast  seguito da “Nero come il sangue” di Carlo Lucarelli e Massimo Picozzi e da “Le grandi battaglie della storia” di Alessandro Barbero.

In sette anni l’audiolibro non ha sottratto mercato a nessuno, ma è andato a occupare uno spazio che prima era vuoto” dice all’Agi Juan Baixeras, Country Manager Spagna e Italia di Audible, “È stato possibile grazie alla tecnologia – la diffusione di cuffie auricolari e l’evoluzione degli smartphone e del traffico dati – e il percorso che abbiamo intrapreso ci ha consentito di incrementare in modo considerevole il catalogo locale, passando dai 2.000 contenuti iniziali agli oltre 16.000 in italiano di oggi con 6.900 ore di contenuti prodotte solo quest’anno”. 

Ma quali sono i gusti degli italiani in fatto di audiolibri e podcast? Il primo fattore a determinare se un contenuto valga la pena di essere ascoltato o no, per l’84% degli italiani è il genere. Per quanto riguarda gli audiolibri, il primo tra tutti è letteratura e narrativa (51%), seguito da gialli e thriller (49%) e dalla storia (43%)

Parlando invece di podcast, in cima alle preferenze degli italiani ci sono i contenuti dedicati agli approfondimenti (40%), seguiti da Storia e Scienza (a parimerito al 38%) e dal True Crime (30%). La casa si conferma il luogo preferito per ascoltare audiolibri e podcast (69%), che vengono scelti per rilassarsi (45%), come compagni durante le faccende domestiche (21%), o come forma di intrattenimento “alla larga” dagli schermi (19%). Le storie in cuffia si confermano anche tra i migliori compagni di viaggio degli italiani intervistati (45%): si ascolta sia in auto (25%) che sui mezzi pubblici (20%) per raggiungere luoghi di lavoro, di studio o di svago. 

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Cultura

Bari 1943, il colpo di coda di Hitler e il segreto di Churchill

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AGI – La sorpresa totale dell’eclatante raid tedesco sul porto di Bari il 2 dicembre 1943 era niente rispetto alla scoperta che gli Alleati stavano stoccando migliaia di bombe all’iprite da utilizzare probabilmente sulla Linea Gustav.

La sanguinosa battaglia sul fiume Sangro si era appena conclusa con la vittoria dell’8ª Armata di Bernard Law Montgomery, ma senza lo sfondamento strategico che doveva dare una svolta alla guerra in Italia, quando sul cielo di Bari illuminato dalle tinte del tramonto si erano materializzare all’improvviso le sagome di 88 bombardieri Junkers Ju-88 della Luftwaffe.

La tempistica era stata perfetta, i caccia alleati erano rientrati alle basi, il diversivo per l’accecamento dei radar con migliaia di striscioline di stagnola aveva funzionato e il porto era ingolfato da una quarantina di navi da carico e da guerra. Gli esperti piloti tedeschi, decollati dagli aeroporti del nord Italia e da Atene, avevano solo l’imbarazzo della scelta sui bersagli a distanza ravvicinata e raggruppati.

Gli sganci erano iniziati poco dopo le 19.30 da bassissima quota e il risultato era stato devastante. La Luftwaffe non compiva da tempo un bombardamento su vasta scala e gli Alleati da Pearl Harbor, il 7 dicembre 1941, non erano mai stati colti così di sorpresa. Esplosioni e fiamme dappertutto. Pure l’acqua del porto bruciava. Antonio Virno era un giovane che lavorava per gli inglesi alla mensa militare. Aveva appena fatto in tempo a tuffarsi in mare e a mettersi al riparo degli scogli, assieme al suo ufficiale.

«Era un inferno. Ho visto l’inferno a 17 anni. Indescrivibile quello che accadeva sull’acqua e sulla terra. Morti dappertutto, esplosioni senza tregua». All’àncora c’era anche una nave americana di classe Liberty, la SS John Harvey. Era salpata il 18 novembre da Orano, in Algeria, ai comandi del capitano Edwin F. Knowles, e nelle stive portava duemila bombe M47A1, ognuna delle quali con 60-70 libbre di gas mostarda: la terribile e temutissima iprite della prima guerra mondiale, vietata per l’utilizzo dalle convezioni internazionali che però non ne proibivano la produzione, e sulla cui distribuzione il presidente Franklin Delano Roosevelt aveva segretamente tolto il veto ad agosto.

Lo scafo aveva fatto tappa ad Augusta, in Sicilia, per un’ispezione del 7th Chemical Ordnance Company, e il 26 novembre aveva fatto rotta verso Bari, dov’era stata centrata la sera del 2 dicembre dai bombardieri tedeschi ed era esplosa uccidendo il comandante e 77 uomini di equipaggio. Parte del carico era fuoriuscito disperdendosi nell’aria in alte concentrazioni e parte ancora era colato a picco nelle acque portuali.

Il raid della Luftwaffe aveva provocato l’affondamento di 18 navi e il danneggiamento di altre 15, otto delle quali gravemente, al prezzo di appena due apparecchi. Perdite pesanti, pesantissime, nonché la messa fuori uso del porto fino a febbraio. Quasi duemila le vittime tra militari e civili, a terra e in mare, nelle case e nelle imbarcazioni. Il cielo di Bari era illuminato a giorno dagli incendi e dalle continue esplosioni che non risparmiavano neppure la città. Il comando del generale Harold Alexander, a una dozzina di chilometri di distanza in linea d’aria, riportò la rottura di tutti i vetri.

I rifornimenti per l’esercito di Montgomery erano perduti, ma la vera portata del bombardamento emerse subito dopo, quando marinai, soldati, personale ausiliario italiano e cittadini baresi cominciarono a manifestare problemi respiratori e strane vescicole sulla pelle. Qualcuno capì subito di cosa si trattava, strinse le maglie della sicurezza e l’8 dicembre il Quartier generale alleato diffuse un memorandum nel quale si raccomandò di diagnosticare una generica “dermatite non identificata”.

Ai corrispondenti di guerra non venne fatta parola di quel problema collaterale, perché era estremamente imbarazzante dover ammettere che gli angloamericani si preparavano alla guerra chimica sul fronte italiano. Il comandante supremo Dwight Eisenhower istituì una segretissima commissione d’inchiesta che a marzo 1944 sancì che le “dermatiti” erano dovute alla contaminazione da gas mostarda fuoruscito dalla John Harvey, con la sottolineatura che gli Alleati non l’avrebbero mai usato se non per reazione al loro impiego da parte di Hitler.

Winston Churchill, da parte britannica, aveva fatto immediatamente classificare Top Secret la documentazione medica limitandosi a far apporre la formula ambigua sulle morti per iprite dovute a «ustioni a causa di un’azione nemica». Dopo sedici anni la documentazione americana venne declassificata ma solo nel 1967 l’Istituto navale pubblicò un saggio in argomento che sarà seguito dal volume di Glenn B. Infield “Disaster at Bari”.

Il riconoscimento dell’esposizione ai gas tossici da parte dei sopravvissuti avverrà solo nel 1986 e limitatamente ai fini pensionistici. Ancora a fine millennio, come riporta uno studio dell’Istituto di medicina del lavoro dell’Università di Bari datato 2001, si verificavano contaminazioni tra i pescatori che incappavano con le loro reti nelle bombe corrose dal tempo sui fondali.

C’erano stati centinaia di casi e almeno cinque decessi potevano essere imputati all’iprite dispersa nel 1943 durante un’azione di guerra avvolta dal mistero. Uno dei segreti meglio conservati della seconda guerra mondiale ha avuto comunque anche un risvolto positivo, grazie agli esperimenti del chimico Stewart Francis Alexander sui tessuti prelevati durante le autopsie delle vittime dell’iprite. Le sue scoperte, ampliate farmacologicamente da Louis S. Goodman e Alfred Gilman, sono state alla base  della moderna chemioterapia per la cura dei tumori.

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Cultura

Prima alla Scala. Segre, Sala e Larussa nel palco reale

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AGI – Evento musicale, culturale e mondano per eccellenza. La Prima della Scala, che domani, giorno di sant’Ambrogio patrono di Milano, darà il via alla stagione scaligera è dedicata al Don Carlo di Giuseppe Verdi, diretto dal maestro Riccardo Chailly, nella versione in quattro atti che il compositore pensò proprio per il Piermarini.

La première della Scala che raduna ogni anno nel capoluogo meneghino alta società, uomini e donne della politica, della danza, dello spettacolo e della moda, stavolta forse avrà un palco Reale meno affollato, poiché sarà assente il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, impossibilitato per motivi di agenda, e il presidente del Consiglio Giorgia Meloni, presente l’anno scorso accanto a Ursula von der Leyen.

Hanno confermato la presenza il vice premier Matteo Salvini, “da milanese non potevo mancare” ha osservato un paio di giorni fa, il presidente del Senato Ignazio La Russa, il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, la ministra per le Riforme Istituzionali Maria Elisabetta Alberti Casellati, i Sottosegretari alla Cultura Gianmarco Mazzi e Vittorio Sgarbi, il Prefetto Claudio Sgaraglia, il Presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, il Sindaco di Milano Giuseppe Sala, i Senatori a vita Liliana Segre e Mario Monti, il Capo di Stato Maggiore Giuseppe Cavo Dragone. Per la Rai è atteso l’AD Roberto Sergio.

Come sempre numerose le personalità del mondo dell’arte, dello spettacolo e della cultura: dall’attrice Andrea Jonasson, alle cantanti Ornella Vanoni e Patti Smith. L’icona rock aveva già assistito a una Prima scaligera nel 2019, quando andò in scena la Tosca.

Dal soprano Raina Kabaivanska (che è stata Elisabetta nel 1964 con Gabriele Santini e nel 1969 con Claudio Abbado), al presidente della Triennale Stefano Boeri, all’architetto Mario Botta che ha completato con la nuova torre di via Verdi il progetto di ampliamento dell’edificio storico del Piermarini, e l’editore Luca Formenton.

Tra i volti del giornalismo spiccano Natalia Aspesi e Corrado Augias. Presenti anche il direttore del Piccolo Teatro Claudio Longhi, la direttrice del Teatro Franco Parenti Andrée Ruth Shammah e la scenografa Margherita Palli; particolarmente nutrita la pattuglia dei Teatri d’Opera con il Direttore Generale dell’Opèra di Parigi Alexandre Neef, il Direttore Generale e Artistico della Monnaie di Bruxelles Peter de Caluwe, il Direttore artistico del Real di Madrid Joan Matabosch e i Sovrintendenti dell’Accademia di Santa Cecilia Michele dall’Ongaro, dell’Opera di Roma Francesco Giambrone, del Carlo Felice di Genova Claudio Orazi, del Regio di Torino Mathieu Jouvain, del Comunale di Bologna Fulvio Macciardi. Con loro gli ex sovrintendenti del Teatro alla Scala Carlo Fontana e Alexander Pereira.

In scena un “cast favoloso” come l’ha definito il sovrintendente Dominique Meyer e all’altezza della difficoltà di quest’opera “dei primati”, scelta per la nona volta per l’inaugurazione (1868, 1878, 1912, 1926, 1968, 1977, 1992 e 2008).

Le grandi voci che ascolteremo, sono ‘di casa’ alla Scala, a cominciare da quella della “leonessa” Anna Netrebko e dalla “tigre” Elna Garana, come le ha ribattezzate Meyer (rispettivamente nel ruolo di Elisabetta di Valois e in quello della Principessa d’Eboli). Per continuare con Francesco Meli (come Don Carlo), Michele Pertusi (come Filippo II), Luca Salsi (come Marchese di Posa) e Jongmin Park (come Grande Inquisitore). Protagonista di non minore rilievo il Coro del Teatro alla Scala diretto da Alberto Malazzi. Le scene sono di Daniel Bianco, i costumi della “leggendaria” Franca Squarciapino, le luci di Pascal Mèrat, i video di Franc Aleu e la coreografia di Nuria Castejòn. 

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Cultura

Non solo lirica, anche ceviche e bolero diventano patrimonio immateriale Unesco

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AGI – Il belcanto lirico italiano da oggi è patrimonio immateriale dell’umanità dell’Unesco. Rientrerà cioè nella lista di quelle tradizioni culturali che l’Unesco s’impegna a salvaguardare nell’ambito dei suoi sforzi per promuovere e la diversità e il patrimonio culturale in tutto il mondo. La notizia non poteva arrivare in un momento più indovinato, ovvero alla vigilia dell’inaugurazione della stagione del teatro La Scala di Milano, da oltre due secoli il tempio della lirica che tutto il mondo ci invidia. 

In attesa dell’opera inaugurale – il Don Carlo di Verdi – domani sera, il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, ha dato voce alla propria soddisfazione evidenziando ai microfoni di Rai Radio Uno il “grande riconoscimento” ricevuto e di cui il Paese deve essere orgoglioso: “è un fatto storico”, ha affermato. 

Sangiuliano ha sostenuto e portato avanti la candidatura del canto lirico italiano a patrimonio immateriale dell’umanità. Una candidatura che era stata avanzata nell’aprile del 2022, dall’allora ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini e dal Sottosegretario Lucia Borgonzoni, e che la sessione competente del comitato, riunita a Kasane, ha evidentemente riconosciuto come una delle espressioni culturali più autentiche e originali del Bel Paese. 

BREAKING

New inscription on the #IntangibleHeritage List: The practice of opera singing in #Italy .

Congratulations!https://t.co/c2HMPpStCA #LivingHeritage pic.twitter.com/IkBohsGBLa

— UNESCO ️ #Education #Sciences #Culture (@UNESCO)
December 6, 2023

“Il canto lirico in Italia è un modo di cantare fisiologicamente controllato che esalta la potenza della voce in spazi acustici come anfiteatri e chiese – ha spiegato l’Unesco in una nota – È associato a specifiche espressioni facciali e gesti del corpo e prevede una combinazione di musica, dramma, recitazione e messa in scena. “È un mezzo di libera espressione e di dialogo intergenerazionale e il suo valore culturale è riconosciuto a livello nazionale e internazionale”, conclude l’organizzazione.

Ma non c’e’ solo il canto lirico italiano tra le ‘new entry’ nella lista del patrimonio immateriale dell’umanità stilato dall’Unesco, Nella riunione di oggi in Botswana e’ stato deciso di includere anche piatti prelibati come il ceviche peruviano o la Man’ouchè libanese e la musica, come il bolero cubano e messicano. Sono molte le realtà culturali riconosciute peculiari dalla 18esima commissione dell’Unesco, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura, e tra queste alcune sono transnazionali, come l’arte del vetro lavorato a mano la cui candidatura era stata proposta da Repubblica Ceca, Finlandia, Francia, Germania, Ungheria e Spagna, e altre estremamente locali, come la tessitura a motivi Naga del Laos o quella del perizoma in Costa d’Avorio o la costruzione di barche di legno in Martinica. Altre particolarità entrate per la prima volta nella lista sono l’Elechek, il tradizionale copricapo cilindrico indossato dalle donne in Kirghizistan o la danza Garba dello stato indiano del Gujarat. 

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New inscription on the #IntangibleHeritage List: Transhumance, the seasonal droving of livestock [Extension], #Albania , #Andorra , #Austria , #Croatia , #France , #Greece , #Italy , #Luxembourg , #Romania , #Spain .

Congratulations! … pic.twitter.com/L52DZTlabV

— UNESCO ️ #Education #Sciences #Culture (@UNESCO)
December 5, 2023

Interessante notare che anche la pratica stagionale della transumanza, con la migrazione delle greggi da un pascolo all’altro, è rientrata a pieno titolo nella lista Unesco del Patrimonio immateriale. Una pratica, sottolinea l’Unesco, presente in almeno una decina di Paesi incluso l‘Italia, la Francia, l’Albania, la Croazia e la Grecia.

Come era stato annunciato, la sessione del comitato, che si sta tuttora svolgendo a Kasane, in Botswana, si chiuderà domani, 7 dicembre. Da lunedì i membri della commissione sono stati impegnati nell’esaminare le candidature per l’iscrizione di 55 pratiche culturali presentate in tutto da 72 Stati membri.

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Cultura

Il Laboratorio dei Restauri dei Musei Vaticani compie 100 anni

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AGI – Nel 2023, il Laboratorio di Restauro Dipinti e Materiali Lignei dei Musei Vaticani, una delle strutture del settore più antiche al mondo, compie 100 anni.

Per celebrare questo importante traguardo di esperienza, innovazione e cura delle opere d’arte, lunedì 11 dicembre, alle ore 10:30, verrà presentata, nella Sala Conferenze dei Musei Vaticani, una mostra che permetterà a visitatori e appassionati di esplorare le storie affascinanti che si celano dietro ogni opera d’arte: un’opportunità unica per apprezzare da vicino i dettagli che spesso sfuggono al visitatore, ma che si svelano sotto la lente del restauro. 

Sarà possibile ammirare, attraverso gli occhi dei restauratori, le tecniche di esecuzione, la storia conservativa, le scelte differenti che caratterizzano ogni intervento di restauro.
I contenuti, pubblicati online, saranno accessibili lungo il percorso museale tramite la scansione di un QR Code, posizionato nelle vicinanze del dipinto restaurato.

Il Laboratorio Restauro Dipinti costituisce una delle realtà storiche nel settore della conservazione non solo per lo Stato della Città del Vaticano, ma a livello internazionale. L’attività di tale dipartimento prevede la conservazione del patrimonio della Santa Sede, formato da decine di migliaia di metri quadri di decorazioni murali e circa 5.300 dipinti mobili inventariati, attraverso monitoraggi, controlli preventivi, manutenzioni, pronti interventi, movimentazioni, studio, collaborazioni, ricerca scientifica, che spesso concorrono e culminano nell’articolato atto di realizzazione di un restauro completo. 

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Cultura

L’Apollo di Salerno sbarca nel digital 

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AGI –  A novant’anni esatti dal primo restauro da parte di Giulio Raccagni, la Testa di Apollo, ‘icona’ della città di Salerno, rivive in due progetti centrati su digitalizzazione, animazione e attualizzazione dello straordinario manufatto. La tutela di manufatti straordinari come questo (alto una cinquantina e orientativamente databile tra il I sec. a.C. e il I sec. d.C.), ripescato nelle acque del golfo di Salerno nel dicembre del 1930 e collocato nel Museo archeologico della città, è doverosa  ma oggi è diventato altrettanto indispensabile sfruttare le nuove tecnologie per facilitare la conoscenza del patrimonio culturale e la sua fruibilità. 

Rispondono a questo doppio obiettivo i due progetti – ‘Apollo 4.0‘ della Fondazione di Comunità Salernitana e ‘Around Apollo‘ dell’associazione Duna di Sale – risultati tra i vincitori del bando Tocc (transizione digitale organismi culturali e creativi) del ministero della Cultura, finanziato con fondi Pnrr.

Con ‘Apollo 4.0’, partendo dalla digitalizzazione della scultura, si potranno elaborare opere d’arte, sia digitali che materiali, attraverso animazioni computerizzate, video mapping e stampa 3D. Il progetto punta a rendere fruibile a tutti la testa bronzea del dio, parte superstite di una statua di grandezza superiore al naturale realizzata con la millenaria tecnica della fusione a cera persa, e prevede anche la realizzazione di un manufatto copia dell’opera a uso di persone ipovedenti.

Per la conservazione del bene, il progetto poi prevede la stabilizzazione del microclima della sala espositiva che accoglie la testa bronzea di Apollo, attraverso l’installazione di sensori ad alta tecnologia. Il progetto si evolverà, successivamente, con la realizzazione di una avventura grafica, un videogioco target 6-11, da promuovere nelle scuole per sensibilizzare le nuove generazioni all’apprezzamento del proprio patrimonio storico artistico e culturale. Sara’ pubblicato anche un volume che illustri, step by step, lo sviluppo digitale del progetto.

Con ‘Around Apollo‘, l’iconica testa del dio, simbolo di bellezza ma anche dell’identità salernitana (la testa di Apollo non a caso è raffigurata nel ‘logo’ del Museo archeologico) diventerà anche protagonista di un’app turistico-culturale che guiderà il visitatore in un tour inedito – tra i monumenti e il paesaggio verticale, tra cielo e mare – di Salerno, attraverso contenuti multimediali originali, realizzati ad hoc. L’itinerario condurrà il visitatore in un percorso culturale totalmente immersivo, tra suggestioni presenti e testimonianza del passato, pe rendere l’esperienza ancora più coinvolgente. Le tappe dell’app comprendono il Museo provinciale, piazza della Libertà, la Stazione marittima, la villa comunale, il teatro Verdi, il Giardino della Minerva, il Tempio di Pomona e il complesso di San Pietro a Corte

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