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Sono state ritrovate sette storie inedite di Cortazar

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AGI – Sette storie inedite dello scrittore argentino Julio Cortazar rinvenute in una biblioteca privata dopo la morte del suo proprietario saranno vendute all’asta in Uruguay, il 12 ottobre. I testi sono stati scoperti nel dattiloscritto originale della raccolta intitolata “Storie di cronopios e di famas”, che comprende decine di brevi racconti scritti a Parigi, con relative annotazioni dello stesso autore. L’asta di Montevideo è organizzata dalle case Zorrilla Subastas (Uruguay) e Hilario (Argentina), che hanno fissato la base a 12 mila dollari mentre il valore del manoscritto è stato stimato tra 15.600 e 21 mila dollari.

I curatori assicurano che si tratta di un materiale “eccezionale”, per giunta “in ottimo stato”, raccolto in un cofanetto appositamente concepito per la sua conservazione. Il dattiloscritto, prodotto a Parigi nel 1952, è costituito da 46 brevi racconti su sessanta pagine dattiloscritte su un lato. Di questi 35 furono pubblicati “quasi senza modifiche” nella prima edizione di “Historia de cronopios y de famas” della casa editrice Minotauro di Buenos Aires nel 1962 e altri quattro successivamente, secondo il catalogo, quindi altri sette sono rimasti inediti. “Questo dattiloscritto è stato ritrovato a Montevideo, nella biblioteca di un individuo deceduto. È stato messo in una scatola senza essere catalogato. Il modo in cui è finito lì rimane sconosciuto”, ha riferito Guillermo Gonzalez di Zorrilla Subastas.

I preparativi per l’asta sono durati circa un anno, con la consulenza di due esperti di Cortazar: lo scrittore uruguaiano Aldo Mazzucchelli, dottore in lettere all’Università di Stanford, e il libraio argentino Lucio Aquilanti, autore di una “bio-bibliografia” su Cortazar, uscita nel 2014. “Possiamo dire senza dubbio che si tratta di un originale dell’autore, dattiloscritto, di straordinaria trascendenza”, ha commentato Lucio Aquilanti. Per l’occasione Cortazar ha utilizzato la stessa macchina da scrivere, una Royal, con la quale ha prodotto successivamente altri testi.

Il manoscritto costituisce il lotto 187 della vendita di 199 opere d’arte, libri, incisioni, mappe antiche, fotografie e oggetti storici. La vendita sarà trasmessa in diretta dalla sede di Zorrilla Subastas nel centro di Montevideo, con possibilità di fare offerte online tramite le piattaforme Invaluable (Stati Uniti) e Drouot (Francia).

Considerato uno dei più grandi scrittori latinoamericani, Julio Cortazar è nato a Ixelles (Belgio) il 26 agosto 1914. Giunse in Argentina quando la sua famiglia vi fece ritorno nel 1918, per poi ripartire nel 1951 in direzione della Francia, in segno di protesta contro la dittatura del generale Peron. Morì a Parigi il 12 febbraio 1984. La sua opera, che mescola spesso il genere fantasy o realismo magico tipici della letteratura sudamericana, e stata tradotta in una trentina di lingue. Il suo libro più noto, “Il gioco del mondo” (“Rayuela”), uscito nel 1963, è un romanzo labirintico di 600 pagine che intreccia storie tra Parigi e Buenos Aires, che il lettore può leggere in ordine o saltando da un capitolo all’altro – in tutto sono 155 – senza seguire lo schema classico della numerazione. 

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Cartarescu: “Per tutta l’umanità è molto importante che l’Ucraina resista”

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AGI – “Per tutta l’umanità è molto importante che l’Ucraina resista. C’è stata l’occasione di un uomo provvidenziale, che è il presidente Zelensky, e spero che quest’anno riceva il Premio Nobel per la pace”. A parlare del conflitto nel cuore dell’Europa è il maggior scrittore rumeno, Mircea Cartarescu, 67 anni, tra i papabili al Nobel della letteratura che sarà assegnato giovedì dall’Accademia svedese.

In una lunga intervista al quotidiano argentino ‘Clarin’, Cartarescu, racconta del suo legame con la scrittura e con l’America latina e dà una sua personale lettura della storia contemporanea del suo Paese e dell’Europa di oggi. Per uno dei più raffinati scrittori dell’Est Europa, ciò che sta accadendo in Ucraina in questo momento ci mostra che “per millenni nulla è cambiato negli esseri umani. Insieme al genio, alla ragione e alla bontà abbiamo anche il lato selvaggio, criminale e oppressivo. Tutto questo lato negativo si trova oggi in Ucraina senza alcuna colpa e senza alcun atto di provocazione o aggressione da parte sua”.

Cartarescu si fa portatore di una sentimento di gratitudine all’Ucraina, convinto che “se non avesse resistito a questa guerra, probabilmente la Romania sarebbe stata occupata come gli altri Paesi dell’Est“. Una guerra molto reale e presente nel quotidiano della Romania per la vicinanza geografica e il confine comune, che fa riaffiorare nel poeta rumeno il ricordo della dittatura in patria, il caos e la successiva rivoluzione violenta tra gli anni 80′ e 90′.

“La dittatura che abbiamo vissuto per 42 anni dopo la Seconda Guerra era chiamata dittatura comunista, ma in realta’ era puro fascismo, nazionalismo, miti di sangue e terra”, ha dichiarato al Clarin il popolare scrittore rumeno, nato a Bucarest nel 1956, sposato con la poetessa rumena anche lei, Ioana Nicolaie. Non solo fame e freddo dell’inverno rumeno, i suoi connazionali hanno anche dovuto fare i conti con “la paura” e “tanta violenza” di una rivoluzione durata 10 anni. 

“C’era un capitalismo selvaggio, un’inflazione enorme, un colpo di stato legislativo, che ha permesso a persone senza scrupoli di accumulare fortune. Solo dopo l’ingresso nell’Unione Europea abbiamo iniziato a essere una vera democrazia e questo dal 2008 in poi”, ha analizzato Cartarescu. Anche per questo motivo considera l’Europa la sua “seconda patria” e si autodefinisce uno “scrittore europeo” poiché “amo l’Europa, parte della mia costruzione, della mia formula interiore. Un ottimo posto per la cultura e per la vita libera delle persone“, precisando tuttavia che “salvo ragioni politiche, non lascerò Bucarest”.

Il rapporto con l’America e con la scrittura

Cartarescu intrattiene un legame particolare anche con l’America Latina, dove dice “di sentirsi a casa, anche nella cultura di questa regione”, avendo letto nella sua giovane eta’ diversi autori latinoamericani, “imparando molto da loro, con entusiasmo, stupore e piacere”. La sua vena fantastica gli arriva proprio da quelle letture che, secondo lui, avvicinano America Latina e Romania, protagoniste di esperienze storiche in parte simili. Proprio in Messico, Colombia, Cile, Argentina, lo scrittore rumeno ha incontrato “i lettori piu’ appassionati del mio lavoro”.

L’essenza di vita di Cartarescu è la scrittura e la letteratura: tiene un diario da quando ha 17 anni – sono stati pubblicati cinque suoi volumi – e ha una fiducia enorme nella letteratura, dalla quale dice di avere imparato tutto quello che sa oggi. In altre parole, “la forza trainante di tutto ciò che scrivo è il piacere di scrivere. È ciò che amo di più ed è la mia ragione di esistere”.

Un rito quotidiano, parte integrante del suo Dna, consiste nello scrivere a mano una o due pagine al giorno, sempre al mattino, ma “non controllo la scrittura” che non considera un lavoro, ma “un’arte, una religione personale, un atto di fede”. Per Cartarescu “scrivere letteratura è naturale, come saper respirare e camminare, ma non devo pensare al come”, ha ancora riferito al quotidiano argentino. Un rituale che lo porta a sedersi alla sua scrivania, ad ascoltare la sua voce interiore “che sa meglio di me cosa devo scrivere”.

È allora che accade la magia, quando come spiega lo stesso autore, le sue mani diventano “lo strumento di una voce che lo abita e che è la vera proprietaria delle parole“, come quelle contenute in “Il Levante”, pubblicato nel 1985 in Romania, e nelle sue altre opere più acclamate, la trilogia di 1.500 pagine “Abbacinante” (“Orbitor”) e la raccolta di racconti “Nostalgia”.

Un diario infinito

“Sono uno scrittore di memoria, di vita interiore, voglio semplicemente esprimere i miei sentimenti, quello che penso delle cose, creare parole che siano più simili a me che al mondo che mi circonda”, ha confidato lo scrittore rumeno, tra i favoriti al Nobel della letteratura. Il diario, che tiene da 50 anni ormai, è sostanza della “mia mente, dei miei sogni, allucinazioni, ricordi, è la mia autobiografia”, da cui continua a trarre spunti per i suoi racconti, romanzi e per la sua poesia, poiché “tutta la letteratura è metafora del mondo”.

Cartarescu è un poeta, anche se ha lasciato questa forma di scrittura diversi decenni fa, come ogni giovane della sua generazione, nato sotto un regime comunista soffocante, dove la polizia segreta era onnipresente e la gente non poteva lamentarsi della fame, della povertà e della mancanza di libertà. Per lui poesia e libertà sono la stessa cosa, mentre nei suoi scritti in prosa si incontrano metafore inquietanti, un universo fantastico e allegorico oltre a una realtà che sembra estranea, una finzione, non esente da scetticismo e da una marcata vena umoristica.

Col passare degli anni, il Cartarescu oggi 67enne, si dice “più ottimista”, intento a godersi sempre di più di ciò che riceve, motivo per cui “mi sento molto grato sia come scrittore che nella mia vita personale”. In merito al suo rapporto col folto pubblico di lettori, Cartarescu confida di apprezzare molto i suoi ‘aficionados’ oltre al fatto che persone di altre culture possano essere raggiunte dalle sue opere. Tuttavia per lui “la cosa più importante è esistere ai miei occhi”, pertanto continuerebbe lo stesso a scrivere anche se “tutti i lettori del mondo sparissero, avendo sempre scritto per me stesso e per le persone come me

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Sangiuliano a Paestum, tappa fondamentale per la nostra cultura

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AGI – ‘Preistoria e Protostoria’, ‘La citta’ greco-lucana’ con le sale dedicate ai santuari e allo spazio pubblico, ‘Oltre il museo’ sono le nuove sezioni che hanno riaperto al pubblico, alla presenza del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, nel Museo archeologico nazionale di Paestum. “Il nuovo allestimento conferma lo straordinario valore dell’area del Parco archeologico di Paestum e Velia, ma soprattutto le sue enormi potenzialità” 

“Solo pochi mesi fa, ad aprile, avevamo infatti celebrato il ritrovamento di centinaia di ex voto, statue e altari nel tempietto di Paestum. Questo gioiello del patrimonio archeologico della nostra nazione è apprezzato e amato, come dimostrano i dati sugli ingressi: solo nella prima domenica di ottobre Parco e Museo hanno fatto registrare oltre 15mila visitatori. Sono numeri eccezionali che ci spingono ancora di più a lavorare con il massimo impegno per rafforzare le attività di conservazione e di sviluppo di questo luogo”, aggiunge.

“Abbiamo già proceduto a un primo stanziamento per il museo di Velia, arriveranno ulteriori risorse. Inoltre, finanzieremo i nuovi scavi di Paestum e la sistemazione delle mura attraverso una operazione di anastilosi”, spiega Sangiuliano. I lavori di rinnovamento del Museo non si fermano e proseguiranno nella sala ‘Pitture lucane’, nella sala ‘Necropoli’ e nella sezione ‘Paestum: dalla città romana all’eta’ contemporanea’, il cui completamento è previsto per la fine di quest’anno. 

“È un progetto che portiamo avanti da anni e che non si è ancora pienamente concluso. Ma, oggi, inauguriamo una parte molto significativa del Museo archeologico nazionale di Paestum – spiega il direttore del Parco archeologico di Paestum e Velia, Tiziana D’Angelo – inauguriamo tutta la sezione dedicata alla preistoria e alla protostoria, una parte molto importante della sezione dedicata alla città greca e lucana, quindi alla colonia magno-greca di Poseidonia, alla terra dei lucani con i suoi santuari, con la sua agorà, con il suo Heroon dedicato all’eroe fondatore. E apriamo anche una sezione che porta il visitatore oltre l’allestimento permanente e fino ai depositi del museo archeologico”.

Presente alla cerimonia anche il viceministro degli Esteri, Edmondo Cirielli, secondo il quale Paestum “è un patrimonio mondiale unico, straordinario, che merita rispetto. In passato, da presidente della Provincia di Salerno avrei potuto fare qualcosa, ma il bene apparteneva al ministero dei Beni Culturali. Sono contento che il ministro Sangiuliano abbia pensato fosse una priorità. Purtroppo, non ci sono stati progetti negli anni passati e anche la Regione ha latitato molto”.

Intanto, a Velia “abbiamo appena avviato una nuova campagna di scavo stratigrafico sull’acropoli”, annuncia D’Angelo. “L’obiettivo è quello di proseguire con le indagini di un edificio di VI secolo avanti Cristo, probabilmente il primo tempio eretto dai focei al loro arrivo sulle coste del Cilento, quindi immediatamente dopo la fondazione della colonia di Elea. Estiamo anche lavorando alla riqualificazione di un’ex galleria ferroviaria che trasformeremo in un deposito accessibile e a una progettazione per un nuovo museo archeologico di Elea-Velia”.  

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“La crisi di fiducia nei media minaccia il futuro dell’informazione”

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AGI – Siamo sommersi dalle notizie, sulla carta, online, nei podcast e sui social network. Eppure la fiducia nei mezzi d’informazione non è mai stata così bassa. Come superare questa crisi e creare un nuovo rapporto tra giornalisti e cittadini? 

A questo interrogativo cerca una risposta il giornalista statunitense Ben Smith, una delle firme più influenti degli Stati Uniti, che, dopo aver fondato BuzzFeed News nel 2011 e collaborato per diversi anni con il New York Times, Politico e New York Daily News, nel 2022 ha fondato Semafor, testata online che si propone di affrontare di petto la crisi del mondo dell’informazione.

Ma in cosa consiste esattamente questa crisi? Cosa è cambiato nel rapporto tra il pubblico e i media? Quale alternativa propone invece Semafor? Di tutto questo Ben Smith ha parlato a Internazionale a Ferrara – il festival di giornalismo del magazine che quest’anno compie 30 anni.

Con 180 ore di programmazione, 170 ospiti da 25 paesi, 115 incontri e 12 workshop, Internazionale a Ferrara è tornata con un nuovo format pensato per celebrare il compleanno del settimanale: 30 parole per 30 anni, questo il filo conduttore degli eventi.

Sono arrivati a Ferrara giornalisti da tutto il mondo per confrontarsi sui temi che hanno segnato gli ultimi decenni e che oggi restituiscono un presente inquieto. E in un mondo instabile come quello in cui viviamo, fare informazione rappresenta una sfida difficile e urgente.

“Semafor si distingue per la sua trasparenza, ma anche per il fatto di disporre e mettere in campo un ampio ventaglio di risorse e per il suo carattere globale”: Smith racconta così il suo progetto giornalistico, che vuole rilanciare il valore e il ruolo dell’informazione nel mondo contemporaneo. Notizie trasparenti quindi, con una distinzione esatta e chiara tra fatti, opinioni, analisi, contro-narrazioni e prospettive globali; notizie complesse capaci di integrare diverse prospettive grazie alla varietà delle fonti; storie globali per un mondo interconnesso.

“Puntiamo a raggiungere persone appassionate a tutta una serie di aree diverse: politica americana, tecnologia, finanza, Wall Street, clima. In particolare, il nostro è un pubblico interessato alle connessioni tra queste varie tematiche”. E per realizzare questo obiettivo, è necessario offrire una base fattuale condivisibile da tutti, anche laddove le opinioni possono divergere, attraverso pezzi in cui siano chiaramente distinguibile fatti da un lato e analisi dall’altro.  “Credo che i due grandi problemi oggi siano, da un lato, una sorta di eccesso, una vertigine delle informazioni, per cui finiamo per esserne sopraffatti, e dall’altro il fatto di non sapere di chi e cosa fidarci. Un fenomeno collegato a un più ampio declino nella fiducia verso le istituzioni”.

Spesso ricondotta all’avvento del digitale e, poi, dei social network, la crisi di cui siamo testimoni è in realtà molto più complessa, e contiene in sé anche delle opportunità che aspettano di essere colte. “In qualche modo – dice Smith – sono cresciuto immerso nei nuovi media digitali. E se apprezzo molto l’apertura che è arrivata con loro e li accompagna, ne ho visto anche i pericoli. Credo ci sia da cogliere l’opportunità di prendere il meglio sia dall’eredità dei media tradizionali sia dal mondo digitale”.

Un cambiamento radicale che si riflette anche in una nuova ondata di frammentazione dei mezzi di comunicazione. “Se in passato è avvenuto un processo di assorbimento all’interno di grandi gruppi, credo che attualmente si stia andando nella direzione opposta. I media si stanno frammentando, come le preferenze del pubblico. Ciascuno può trovare ora un podcast, una newsletter o un sito web che li interessa da vicino. E le dimensioni si vanno riducendo di nuovo”.

Dunque, da una parte localizzazione, personalizzazione e ritorno agli elementi fondamentali dell’informazione. Dall’altra, connessione e prospettive complessive, per comprendere gli avvenimenti attraverso prospettive globali, al di là dei confini nazionali. “Nel tempo ci piacerebbe espanderci a livello globale. Attualmente siamo negli Stati Uniti e nell’Africa subsahariana e stiamo provando a lanciare il progetto in un altro paio di paesi. Ma dobbiamo essere cauti e porre basi solide prima di espanderci”.

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“Not Her”, il messaggio femminista di Elena Bellantoni dalla passerella di Dior

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AGI – Da Testaccio fino alle passerelle della Parigi Fashion Week, il messaggio dell’artista Elena Bellantoni risuona come un grido di liberazione per tutte le donne. L’installazione “Not Her” tra politica e pop è stata voluta dalla direttrice creativa di Dior, Maria Grazia Chiuri, da tempo impegnata nell’ingaggiare artiste capaci di indagare il mondo femminile e femminista, facendo delle sfilate l’occasione per veicolare appelli e riflessioni che mettano al centro il ruolo della donna.

Elena Bellantoni, classe 1975, è un’artista che del corpo e della figura umana ha fatto il perno della propria ricerca e sperimentazione, in un lungo curriculum che oramai vanta esposizioni in tutto il mondo, docenze nelle principali accademie italiane, oggi in Naba, e pubblicazioni. Il suo prossimo libro “Parole passeggere. La pratica artistica come semantica dell’esistenza” uscirà la prossima settimana per Castelvecchi. “Non è un catalogo, ma un’auto-etnografia attraverso la quale cerco di fare il punto sugli incroci e le interferenze tra la mia vita personale e lo sviluppo del mio lavoro. L’arte è totalizzante, io mi sento sempre artista” spiega.

“Not her” è un progetto nato nel 2023, ma che ha alle spalle un lungo lavoro di ricerca. “Chiuri ha scelto uno dei miei lavori forse più complessi; dal 2015, infatti, raccolgo un archivio on going ad oggi di circa 400 immagini, che racconta la pubblicità sessista dagli Anni ‘40 ai Duemila. Queste immagini, decisamente ‘perturbanti’, sono divise per categorie nel mio computer: partono dallo stereotipo anni ‘40-‘50 della donna moglie e casalinga, ‘angelo del focolare’, diventano negli anni ‘60 ritratto delle donne subordinate rispetto all’uomo; passano per la donna bambolina passiva, provano ad emanciparsi negli anni ‘70 ma indicano sempre una donna-oggetto, e negli anni ’80 diventano ancora più spinte nel linguaggio e nell’uso del corpo e negli anni duemila arriviamo anche ad immagini di donne contese tra uomini quasi fosse un ‘rape/stupro’ di gruppo” spiega all’AGI Bellantoni mentre si trova ancora a Parigi per le sfilate.

“Tutto questo materiale di ricerca è diventato la base su cui ho costruito il mio lavoro di natura concettuale che volutamente ha assunto caratteristiche di una produzione con un’estetica pop ma con una forte connotazione politica. Per fare questo mi sono messa nei panni di un ‘pubblicitario sessista’ – continua Bellantoni –  ho progettato 24 pubblicità con i claim relativi e con in più altre 24 frasi, come fossero le “risposte” linguistiche alle immagini che ho prodotto. I cliché dominano queste immagini, inseguendo le tendenze del mercato. I corpi diventano merce: ‘Listen your body beat i’m not a piece of meat’, rispondo io”.

Così su grandi led di 7 metri di altezza per 36 di lunghezza, ricompaiono le immagini delle vecchie pubblicità, ma stavolta sono reinterpretate direttamente da Bellantoni, che dell’installazione diventa direttamente protagonista con il suo corpo. “Non è stato difficile perché purtroppo esiste un alfabeto che domina queste produzioni, dei codici che vogliono per esempio sempre la donna raffigurata più piccola rispetto ad un uomo dominante” spiega.

“Dal punto di vista visivo ho scelto di lavorare proprio con le griglie degli split-flap, un meccanismo analogico adattato al linguaggio digitale in cui le immagini si ripetono e vengono in questo modo scandite dal tempo interno di questo congegno. Gli split-flap producono rumore, cadenzano il sovrapporsi delle figure nel loro arco temporale, sono in qualche modo invadenti e sottolineano, come i due colori giallo e fucsia lo stato delle cose: il corpo della donna e il suo sfruttamento come oggetto del desiderio, dello sguardo maschile dagli anni ‘40 ad oggi”.

Quella proposta è quindi una macchina del tempo, che in un nastro distopico racconta la donna attraverso le lenti distorte dei claim della pubblicità. Ma la narrazione è interrotta dalle parole che Elena Bellantoni ha scelto per opporsi a questa cultura dominante: ‘Nobodies is perfect’ – ‘I’m not only a mother, a wife, daughter, I’m a woman’ – ‘We want kids, but we want roses too” sono solo alcuni dei messaggi che Bellantoni lancia dalla passerella di Dior per cambiare prospettiva sul ruolo della donna. “Uso l’inglese per decostruire le narrazioni dominanti. Io scompaio dalle immagini e ci sono solo le parole, mentre le modelle sfilano e sfilando diventano loro le performer” racconta.

Il messaggio finale? “Io dico NO al meccanismo produttivo di mercificazione del corpo della donna, all’utilizzo di quest’ultimo come strumento di godimento e di controllo, ai dispositivi di potere e di consumo che regolano i confini e le relazioni tra corpi. – insiste l’artista – La pubblicità è l’anima del profitto e in qualche modo rappresenta i valori dominanti spesso legati ad un individualismo spinto. Quello che emerge non è quindi solo un discorso commerciale e di mercato, ma il diritto di modellare coscienze, il desiderio. ‘Not Her’ è un racconto verbo-visivo che si snoda per immagini che prende forma nel paradosso, nello sconfinamento, nella quantità massiccia, nell’accumulo d’immagini e frasi che ci martellano”.

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È morto Khaled Khalifa, lo scrittore siriano che si oppose ad Assad

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AGI – È morto a 59 anni nella sua casa di Damasco lo scrittore siriano Khaled Khalifa, stroncato da un attacco di cuore. È stato celebrato per i suoi romanzi, per le sceneggiature televisive e gli editoriali, che gli valsero alcuni tra i maggiori riconoscimenti letterari del mondo arabo. La notizia del decesso è stata diffusa dal giornalista Yaroub Aleesa, che aveva trascorso gli ultimi giorni vicino a Khalifa: “Lo abbiamo chiamato ripetutamente e non rispondeva. Quando siamo andati a casa sua, lo abbiamo trovato morto sul divano”.

Lo scrittore fu rinomato per la sua opposizione al parito di governo del presidente siriano Bashar al-Assad, il Baath, che ebbe spesso modo di criticare sui giornali, ma malgrado questa posizione scelse di rimanere nel Paese anche con la repressione scatenata dalla guerra civile del 2011. “Sono nato qui, qui vivo e qui voglio morire” disse in una intervista. Nel 2013, con il romanzo ‘Non ci sono coltelli nelle cucine di questa città’, tradotto in italiano per Bompiani, vinse il premio letterario Naghib Mahfuz.

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Pizza a Vico 2023 – Numeri da record e cuore di tradizione

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Successo strabiliante per Pizza a Vico 2023: numeri da record e cuore di tradizione

60.000 tranci di pizza, 30.000 presenze entusiastiche, 200 pizzaioli e ben 24 pizzerie coinvolte nell’evento

Dal 24 al 26 settembre, Vico Equense è stata il fulcro dell’incredibile successo di “Pizza a Vico 2023 – Farina e creatività, un talento familiare”. I numeri della manifestazione sono stati sorprendenti: 60.000 tranci di pizza, 30.000 presenze entusiastiche, 200 pizzaioli e ben 24 pizzerie coinvolte nell’evento. Dati che sottolineano il grande interesse che questa manifestazione unica al mondo ha suscitato tra gli amanti della pizza e della tradizione gastronomica napoletana.

L’evento ha ottenuto il prestigioso patrocinio di istituzioni di rilevanza come la Regione Campania, la Città Metropolitana di Napoli, la Città di Vico Equense, la Camera di Commercio di Napoli, l’Aicast Imprese Italia e l’Acove – Associazione Commercio e Turismo Vico Equense. Questo riconoscimento è una testimonianza dell’importanza di “Pizza a Vico 2023” nel promuovere la cultura culinaria e la tradizione napoletana.

I partecipanti hanno avuto l’opportunità di scoprire l’arte della pizza sotto la guida dei talentuosi pizzaioli locali, veri custodi di una tradizione culinaria tramandata di generazione in generazione. Il tema centrale di quest’anno, “farina e creatività, un talento familiare”, ha celebrato la candidatura di Vico Equense come città creativa dell’Unesco e l’importanza della tradizione familiare nella preparazione e condivisione della pizza.

“Sono stati giorni incredibili, intensi, meravigliosi. Siamo stanchissimi ma felici. – ha commentato Michele Cuomo, presidente dell’Associazione Pizza a Vico – È la cifra di questo successo che aumenta di anno in anno, e che si somma ai numeri impressionanti di quest’anno, che parlano di una kermesse ormai di livello nazionale se non europeo. Ciò significa che la nostra strategia di promozione, la nostra storia, la nostra cultura e la passione che ci mettiamo sappiamo trasmetterla alla perfezione. Grazie a tutti”.

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Un nuovo inizio per il Castello di Rocca d’Evandro: al via “Christmas in the Castle”

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Saranno le campane e le opere scultoree degli artisti della storica Pontificia Fonderia Marinelli di Agnone, a celebrare un nuovo inizio per lo splendido e suggestivo Castello 
Medievale di Rocca d’Evandro, in provincia di Caserta, tornato a nuova vitadopo oltre quindici anni di incuria e abbandono, grazie alla nuova amministrazione guidata dal sindaco Emilia Delli Colli; che con ardente tenacia, dopo una serie di opere di manutenzione straordinaria, dal 18 novembre e fino all’Epifania si appresta ad attuare un ricco calendario di eventi, ideati con una mission ben chiara al primo cittadino roccavandrese: fare del castello un complesso polifunzionale che accolga le arti visive e performative antiche, moderne e contemporanee in un dialogo costante col territorio e le sue eccellenze.

Il Castello medievale non è mai stato aperto se non, per qualche piccola occasione nella storia. L’ultimo evento culturale importante, si è svolto intorno al 2007. Dopo tanti anni pensare di aprire il Castello (con un programma così ambizioso) restituendolo alla mia comunità, è la notizia più bella che mai avrei immaginato di poter dare ai miei concittadini e soprattutto in tempi così rapidi – dichiara il Sindaco Delli ColliFin dai primi scambi di idee con i miei più stretti consiglieri, che quotidianamente mi affiancanonel governo del territorio – prosegue il Sindaco – avevo ben chiaro che non volevo programmare una nuova sagra o creare accesso a un luogo dove le famiglievedono, a pagamento, bancarelle con lucine natalizie, visto che ce ne sono fin troppe.

L’intento è piuttosto quello di dare il via ad un programma ampio e duraturo, che offra al territorio, alla mia comunità, a quella montana, di cui facciamo parte integrante, e a tutto il bacino strettamente legato a questo paese (vedi Montecassino) un luogo dove fare cultura, arte, dove educare alla bellezza, all’eccellenza, con rassegne di teatro, cinema danza, mostre di arte visiva. Uno spazio dove dar vita ad una vera e propria factory, una fucina di talenti da formare e sostenere”. Mi auguro quindi che questa “visione” possa diventare presto e nel tempo, un punto di riferimento culturale dell’alto casertano e del Lazio meridionale.

Dictum factum, cosa detta, cosa fatta: Il cartellone ricco di eventi, che sarà reso noto nella prima decade di ottobresi configura come una gilda di arti e mestieri storici, di mostre di arte visiva e performativaconcerti, pièce teatrali, incontri d’autore e rassegne cinematografiche a tema. Non mancheranno spettacoli dedicati ai bambini inseriti in uno specifico programma pensato ad hoc dal titoloChristmas in the Castle, in cui elfi, gnomi e folletti condurranno, attraverso camini magici e sentieri di fiabe, alla casa di Babbo Natale, alla fabbrica di giocattoli e all’ufficio postale del magico villaggio di Santa Claus.

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Cultura

Rilancio, riorganizzazione, ristrutturazione, formazione La chirurgia napoletana guarda oltre il covid

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Appuntamento il 27 e 28 settembre 2023 nell’aula magna della Scuola di Medicina di Scampia

Rilancio, riorganizzazione, ristrutturazione dei reparti e tanta formazione. Le sfide della chirurgia partenopea, gli obiettivi e le attività in corso dopo l’emergenza covid. Saranno questi i temi al centro del congresso Napoli Surgery che si terrà il 27 ed il 28 settembre 2023 presso l’aula magna della Scuola di Medicina di Scampia – Centro congressi Università degli Studi di Napoli Federico II.

“La rete chirurgica, così come quella oncologica, dell’Asl Na 1 Centro – hanno fatto sapere dal comitato scientifico di Napoli Surgery – è stata messa a dura prova dal Covid ma ha tenuto e adesso è il momento del rilancio. Anche grazie al buon utilizzo dei fondi Pnrr per la ristrutturazione degli ambienti, stiamo ottenendo già ottimi risultati in termini assistenziali e di prevenzione. Riflettiamo quindi sul ruolo presente e futuro degli ospedali, che ormai non sono solamente luoghi di assistenza ma anche di formazione, grazie alla collaborazione tra le Università Vanvitelli e Federico II”.

Il congresso, patrocinato, tra gli altri, da Regione Campania, Asl Na 1 Centro, Comune di Napoli e dall’Associazione chirurghi ospedalieri (Acoi), avrà inizio alle 14:00 del 27 settembre. La due giorni sulla chirurgia si aprirà con la sessione dedicata alla rete tempo dipendente del trauma e le urgenze chirurgiche nell’Asl Napoli 1 Centro.

A dare il proprio contributo alla discussione, autorità ed esperti nazionali ed internazionali.

L’attuale periodo è caratterizzato da cambiamenti significativi nella sanità, motivati in parte dalla pandemia che ha evidenziato la necessità di un sistema sanitario che sappia guardare con fiducia alle sfide future. Le discipline chirurgiche, in particolare, hanno sperimentato notevoli difficoltà sia in termini di organizzazione, sia di risorse. Nonostante tutto, il sistema ha retto, ora si assiste ad un progressivo processo di rinnovamento e di rilancio dell’attività chirurgica.

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