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“Beato lui”, il Cavaliere e il suo “panegirico”

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AGI –  “Ei fu” (egli è) come il duca Valentino, come Cagliostro o Garibaldi: “Tutti uomini totali e arcitaliani, sepolti tutti sotto montagne di bibliografie e leggende”, “persona che diventa personaggio”. Ma solo lui rispetto a loro “s’impone ai posteri con un sovrappiù di fantasia”. “Beato lui” che resta nella storia quando i comprimari delle sue quattro stagioni, e le comparse che vi si succedettero brillando di gloria fatuissima, sono già macinati nell’oblio di questa “pur periferica e infinitamente piccola Italia”.

Beato lui“: s’intitola così il “panegirico dell’arcitaliano Silvio Berlusconi”, che Pietrangelo Buttafuoco ha pubblicato per Longanesi (pagine 144, 17 euro) e approda in libreria quasi come addendum o alternativa letteraria all’omelia che l’arcivescovo di Milano pronunciò in Duomo il 14 giugno scorso, salutando il Cavaliere nei funerali di Stato. Panegirico in forma di rapsodia di una parabola umana, imprenditoriale, politica amatissima e odiatissima, il libro di Buttafuoco è la prima testimonianza che con la morte questa parabola non si concluderà. Come non si è conclusa per il Valentino, Cagliostro e Garibaldi. Perchè Berlusconi, amato o odiato ma difficilmente suscitatore di indifferenza, è come lo Stregatto di Alice nel paese delle meraviglie, paragone che ricorre tra le pagine di questo “Beato lui”: ne resta l’ammaliante o irritante sorriso anche dopo che se ne è partito – e stavolta più sul serio delle altre. Come nella sala piena di specchi, che Orson Welles organizzò sul finale della “Signora di Shanghai” (e Bruce Lee riprese ne “I tre dell’operazione Drago”), il volto di Silvio si moltiplicava per mille mentre quello degli altri politici rimaneva sempre uno solo.

Si moltiplicava per mille e in mille giurarono, a seconda di chi fossero loro più che lui, su quale fosse davvero l’immagine del Cavaliere puntando per infrangerla la propria personale scommessa: nemici, finti amici, convertiti sulla via di Damasco talora con ticket d’andata e ritorno (vedi il poetico Bondi). E chissà alla fine di questa rapsodia quante cose il lettore ripescherà dalla propria memoria, che alcune aveva serbate e altre – lunga è stata la parabola di Silvio – dismesse nei cantucci meno bazzicati della soffitta.

 Quale specchio fu o sarà quello giusto per collocare il “Beato lui” ieri, oggi e domani? Molte possibili risposte ma una cosa, dice Buttafuoco, sappiamo già: “Chiunque alzandosi al mattino, guardandosi allo specchio, vede uno stronzo. Berlusconi invece vede Berlusconi e fa vedere a tutti noi – a noi che siamo tutti stronzi – Berlusconi”. “Beato lui” era l’uomo che non ebbe con sè un popolo, ma un pubblico. Che fu (e per alcuni resta) uno dei rari “Nemici assoluti”. Uno straricco atipico perché non mai tirchio. Un seduttore ispirato più al paradigma di “Amici miei” che al cliché del playboy alla Gigi Rizzi, oscillando tra il conte Mascetti di quando aveva ancora i miliardi e il professor Sassaroli quando venne spedito a espiare la pena tra i vecchietti nella casa di cura.

“Il più mozartiano degli uomini politici”, scrive Buttafuoco; il “mito forgiato dalla realtà, superiore a qualunque fantasia, sgargiante e vincente nella solennità delle istituzioni, il Silvio che aprirebbe le porte del Paradiso pure a Lucifero se solo mandasse un’educata letterina di saluti al padrone di Casa”; il personaggio quasi sdoganato dagli avversari quando sembrò farsi da parte e raccomandava “vaccinatevi” infuriando il Covid, ma che ridiventò il cattivissimo allorché manifestò velleità quirinalizie e nuovamente si sfilò dallo scaffale, quello a portata di mano, “il catalogo delle contumelie”: la trattativa Stato-Mafia, il conflitto d’interessi, il Bunga-Bunga, la nipote di Mubarak. Fino alla fine e fin dopo la fine.

“L’arcitaliano” è morto ma non è completamente vero e se ne rende conto chi ne seguì la vicenda non da sodale né da avversario, quanto da testimone che ne scrive adesso volgendo le ultime battute della partitura – ché questo panegirico è rapsodia – nel modo minore, quello delle malinconie. Conclude Buttafuoco: “A ciascuno il suo Silvio e ognuno, con lui, per lui, da lui – beato lui – porta un pezzetto di sé”. L’autore scrive e ne chiede conferma telefonando a chi durante tanto tempo c’era stato e non c’è più (ma anche questa, come tutte le morti, non può essere completamente vera). Per sapere a chi telefona Buttafuoco uscendo da Palazzo Grazioli bisogna leggerlo fino alla fine. Spoiler non se ne fanno. (Certo, quanto è passato tra la famosa “discesa in campo” e il rito al Duomo di Milano sono gli specchi, sempre loro, a notificarlo. Ma a chi sa raccontare non mettono paura). 

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Cultura

Chi vincerà il Premio Elvira Coda? Sono aperte le iscrizioni a “La 48H” del MAC fest

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Sono ufficialmente aperte le candidature al videocontest “La 48H” del MAC fest di Cava de’ Tirreni. Il concorso si rivolge a registi, videomaker, filmmaker e attori/attrici. A supporto dell’iniziativa l’attrice Francesca Santaniello e il cantautore Jacopo Rosa.

Il 1° Premio “Elvira Coda” è dedicato alla prima regista italiana. Il concorso si rivolge anche ad attori e attrici, in gara per il Premio Miglior Interpretazione. Il corto vincitore sarà proiettato in Campania, Puglia, Calabria, Basilicata e nel Lazio come parte della programmazione dei Festival partner. In palio un buono del valore di 100 euro da spendere presso RCE Foto Salerno. Le iscrizioni si chiuderanno il 30 giugno.

“La 48H” inizierà il 27 agosto con la presentazione del tema e con la consegna delle limitazioni, pescate a sorte da ciascun singolo/gruppo. A partire da questo momento, tutti i partecipanti avranno soltanto 48 ore per realizzare il cortometraggio. Tutti i lavori saranno sottoposti al giudizio della Giuria che determinerà una classifica basandosi su: rispetto del tema, rispetto delle limitazioni, coinvolgimento della comunità e del territorio, qualità tecnica e storytelling. Annunciata la partecipazione in Giuria di Gianlorenzo Franzì, già critico per Cinematografo di RaiUno e membro di giuria dei Nastri d’Argento.

La proclamazione del vincitore e la consegna dei premi sono parte del “MAC fest 2023 – Festival della Musica, dell’Arte e della Cultura”.
Info e regolamento disponibili sul sito
“La 48H” del MAC fest è realizzata grazie a una fitta rete di partnership con istituzioni, enti e associazioni tra cui figurano: Pigneto Film Festival, LABSAV Unisa, Toko Film Fest, Kinetta Spazio Labus, Festival Linea d’Ombra, la Settima Arte, Festival Storie Parallele, Giffoni Film Festival, Tracce Cinematografiche Film Festival, Fernando Di Leo Film Fest, LIFF – Lamezia International Film Fest, Festival del Cinema di Castel Volturno, Theta Short Film Festival, Sarno Film Festival e Lucania Film Festival.

Quest’anno l’iniziativa è supportata anche dall’attrice e content creator Francesca Santaniello e il cantautore Jacopo Rosa, che hanno deciso di chiedere ai propri follower di iscriversi al contest.

La V edizione del MAC fest si svolgerà a Cava de’ Tirreni dal 26 agosto al 2 settembre 2023. Il Festival gode dell’alto patrocinio del Parlamento europeo e si divide in più aree culturali dalla musica, all’arte e alla cultura e prevede momenti di creatività, partecipazione e discussione attraverso Tavole Rotonde, Masterclass, Workshop, concerti, spettacoli, la rivista Macchiato e CasaMAC.

Email: segreteria@macfest.it

Sito web: macfest.it

Bio di Francesca Santaniello

Francesca Santaniello è un’attrice e content creator napoletana con un bacino di utenze di quasi 500.000 follower. Ha iniziato a 15 anni in teatro recitando in compagnie amatoriali facendo musical e commedie, ha poi studiato recitazione cinematografica in alcune scuole di Napoli come la Ribalta, la Pigrecoemme e la Napoli Film Academy. Durante la pandemia ha iniziato a parlare di recitazione sui suoi canali e avvicinando il suo pubblico a questo mondo rendendolo parte attiva nei suoi video dove chi vuole può recitare con lei. Con questo format ha così riscosso parecchio successo che le ha permesso, negli ultimi anni, di prendere parte ad alcuni progetti sia teatrali che cinematografici.

Bio di Jacopo Rosa

Jacopo Rosa è un cantautore di Torre Annunziata. Figlio d’arte (il padre è stato sassofonista di Pino Daniele) inizia a dedicarsi allo studio della musica già dall’età di 10 anni, appassionandosi al canto grazie all’ascolto di cantautori italiani quali De Andrè, Battisti, Dalla Baglioni. Oggi si esibisce in live show con le sue canzoni in numerosi locali della Campania.

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Cultura

Raffaella Carrà, a Madrid il musical per un’artista immortale

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AGI – “Immortale”. È la definizione usata da Sergio Iapino, regista, autore e compagno nella vita di Raffaella Carrà per spiegare cosa rappresenta per lui ‘Bailo Bailo’, il musical dedicato all’artista italiana scomparsa nel 2021.

Il 18 giugno 2023 Raffaella Carrà avrebbe compiuto 80 anni ma il destino non le ha permesso di spegnere queste candeline. Diverse le iniziative per ricordare la più iconica delle cosiddette showgirl italiane ma soprattutto cantane, attrice, ballerina professionista, conduttrice.

Su tutte spicca ‘Bailo Bailo’ musical interamente dedicato a lei e ai suoi successi attraverso la storia di una donna chiamata Maria (il cui amore e Pedro), presentato in anteprima assoluta al teatro Capitol di Madrid situato sulla Gran Via, in Spagna infatti, Raffaella Carrà è tutt’oggi amatissima.

È una storia diversa rispetto alla vita di Raffaella ma basata sui suoi grandi successi, simile a ‘Mamma mia’, musical con i grandi successi degli Abba con una trama diversa rispetto alla storia del gruppo svedese. Per la Raffa nazionale arriva quindi un regalo postumo con cui per l’artista nota nel mondo, in particolare quello latino-americano, Spagna e Italia si uniscono per renderle omaggio.

Un’attenzione riservata a una donna che ha incarnato un modello di libertà per le generazioni femminili di ieri e di oggi. Il musical che andrà in scena a Madrid il prossimo due novembre, è il frutto di una collaborazione paneuropea che schiera case di produzione quali la Dreamcatcher Bv.

Il debutto al Capitol di Madrid

Il debutto del 2 novembre avverrà sempre al Capitol per l’occasione rinnovato, che per la prima volta dal 1933 diviene palcoscenico per un musical. Un luogo speciale e unico per far debuttare un’opera che cercherà di riportare in scena lo spirito e l’energia dell’indimenticabile Raffaella.

Una produzione che da Madrid si rivolge al mondo, con l’ambizione di seguire la scia e diventare appunto un “Latin Mamma Mia”. Alla conferenza stampa, aperta da Euprepio Padula (artista molto amico della Carrà), sono intervenuti l’ambasciatore italiano in SpagnaGiuseppe Maria Buccino Grimaldi, il Ceo del Capitol Theater Alberto Menkes, la produttrice del musical Valeria Arzenton e il compagno di vita e di lavoro della Carrà, Sergio Iapino.

Liberamente adattato dal film Explota Explota di Nacho Alvarez, “Bailo Bailo” ha coinvolto alcune fra le maggiori stelle del musical internazionale, con la regia di Francesco Bellone, le coreografie di Gillian Bruce, la supervisione musicale di Giovanni Maria Lorie la produzione di Valeria Arzenton, oltre alla consulenza artistica di Sergio Iapino.

Madrid non ha dimenticato Raffaella

“Perché Madrid? Perché questa capitale – ha spiegato Arzenton – è la città del musical come Brodway e New York. Giusto quindi partire da qui dove lei è amatissima. Gli spagnoli, quando ho iniziato a lavorare a questo musical mi hanno detto che ci invidiano due cose: Cristoforo Colombo e Raffaella Carra’”. E lo dimostrano la curiosità e i commenti dei passanti che lungo la Gran Via si sono fermati a guardare le insegne luminose e i cartelloni, che annunciano lo spettacolo davanti al teatro: in tanti chiedono e si informano per sapere quando sarà il debutto e nessuno, fra giovani e anziani, fermandosi si chiede chi sia. “Ah, è lei!” È la frase più ripetuta. “Era veramente amata qui”, commenta ancora Arzenton. Nel cast, star del calibro di Lydia Fairen, Natalia Millan, Thomas Naim, Dani Tatai, Pepa Lucas e Chez Gutzman.

“Cercherò di essere all’altezza – ha detto Lydia Fairen che sarà Raffaella-, interpreterò questo ruolo con tutto l’entusiasmo del modo. Per me è un grande onore”. Tra le novità messe in campo dalla produzione per rendere omaggio alla Carrà in occasione dei suoi 80 anni, il brano Bailo Bailo Song, hit tratta e ispirata alla celebre sigla Ballo Ballo di Raffaella, eseguita live da Marco Martinelli (giovane talento italiano scoperto da Raffaella Carrà) featuring Lydia Fairen e Bella Exum.

“È un omaggio a Raffaella con cui ho lavorato nel 2015, mi ha insegnato tanto, lavoro, disciplina ma soprattutto a essere libero. Lei mi ha dato anche questa occasione e per me è una stella che mi manda energia”, ha detto Martinelli. Inoltre, l’esclusiva collezione di gioielli Carrà HRD disegnata da Percossi Papi e certificata da Concetta Spitaleri HRD Anversa. Infine, dal 18 e fino al 21 di giugno, la produzione del musical metterà in vendita i biglietti da collezione “Tanti Auguri Raffaella”.

Il musical racconta la storia di Marìa, una giovane ballerina sensuale che anela alla libertà all’inizio degli anni Settanta, un’epoca che in Spagna era segnata da rigidità e censura, soprattutto in televisione. Con lei scopriremo come anche il più difficile dei sogni può diventare realtà, il tutto raccontato attraverso i più grandi successi di Raffaella Carrà. Il musical, dopo Madrid andrà in tour in Argentina e altri Paesi del Sud America per poi approdare in Italia nel 2025/26.

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Carl Brave e il suo segreto: “Duro lavoro e sincerità”

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AGI – Quando si ha una visione così chiara di come comporre la propria musica, non si ha bisogno di inseguire le hit; anche perché poi, se parliamo nello specifico di Carl Brave, quando lui vuole fare le hit le fa e sfascia radio e piattaforme. “Migrazione”, l’album uscito venerdì, è colorato e intimo, dentro si percepisce la volontà del cantautore e producer romano di raccontarsi e, proprio attraverso questa narrazione, entrare nel suo mondo, che comprende anche una Roma vivace, seppur strascicata nelle parole, nei concetti, nelle intenzioni, una sorta di metafora musicale onomatopeica perfetta e chi ha dimestichezza con le strade della capitale se ne accorgerà.

È semplice e colorato il mondo di Carl Brave, vive di rime azzeccate e produzioni da sogno, di efficacia divina ed una continua e sottile interazione, che sia con chi ascolta, che infatti si sente totalmente coinvolto, divertito, meno solo, e anche con i colleghi, con i quali riesce ad entrare in una sintonia assoluta, riesce ad incastrare nei propri brani usandone impietosamente e felicemente le caratteristiche principali. I featuring di questo album sono tutti perfetti, tutti entusiasmanti, tutti azzeccati e, più in generale, il disco, composto da 19 canzoni (diciannove: eroe), si ascolta con estrema piacevolezza, non annoia un attimo, come un’altalena emozionale dalla quale non vorresti mai scender giù.

Come mai l’esigenza di comporre un album così intimo?

È venuto naturalmente, le mie ultime uscite erano “Makumba”, “HULA-HOOP”…delle hit, che io ho sempre fatto, mi piacciono, e le metto sempre in un disco insieme a pezzi intimi, cerco di unirle a tutto il resto; mentre adesso non facevo un disco da tre anni e avevo bisogno di dire tanto, di mettere tanto.

Infatti difficile ormai trovare album composti da 19 pezzi…

È una roba in contrapposizione, io cerco di seguire sempre il mio istinto e non il mercato, infatti pubblico un disco molto intimo all’inizio dell’estate. Però penso che nel casino generale serva anche questo: una roba che ti ascolti più volte, ad occhi chiusi, che spero che faccia anche pensare, che faccia entrare in un mare un po’ profondo.

Avevi in mente come doveva suonare questo nuovo disco?

Non avevo un’idea precisa, la mia idea era quella di cambiare un po’ il suono rispetto al disco precedente, per la produzione di questo disco ho viaggiato molto, sono andato a Lisbona, Marrakech, Madrid, ho affittato degli studi e suonato con musicisti del posto, la mia idea era di cercare nuovi sound.

Cosa volevi raccontare di te?

Solitamente i miei dischi non partono mai con un’idea iniziale, è tutto molto di pancia, molto istintivo, seguo il flow della mia vita, di come mi sento in quel momento. Ho tagliato delle tracce dal disco perché troppo scure, ma i miei dischi sono così. Poi chiaramente essendo tutti molto vicini hanno una comunione tra di loro, seguono il mio ciclo di vita.

Secondo te cos’è che rende Roma una città così facile da cantare?

Forse la genuinità dei romani e della città. È una città che, nella sua difficoltà, è anche molto facile. Esci, ti becchi con la gente, stai fuori, ti vivi i quartieri, ogni quartiere è un po’ a sé, Trastevere è diversa da Balduina e Balduina è diversa San Lorenzo.

Come hai scelto i featuring?

In base ai pezzi, a quello che era uscito dai provini. Per esempio per Mara Sattei avevo questo provino con questo organo, avevo fatto delle melodie, solo delle vocali che richiamavano un po’ a Rosalìa, con la quale lei sta in fissa, ne abbiamo parlato mille volte. Clementino ci siamo beccati a “Battiti” d’estate, siamo andati a pranzo insieme, gli ho fatto sentire questo pezzo che secondo me era alla sua portata, così solare com’è lui, mi sono trovato molto bene infatti, è una persona molto attiva, positiva. Con Noemi volevo fare un po’ il contrario di “Makumba”, della hit estiva, con quella voce graffiante che ha può fare tutto. Con Bresh sono andato a Lisbona, che mi ha ricordato un po’ le vibes di Genova. Insomma, tutto molto naturale.

19 canzoni, qual è quella che secondo te resterà come uno dei punti cardine della tua discografia?

Vedremo quale, a me piacciono tutte, perché rappresentano tutte un motivo diverso della mia vita. Quello poi lo decide il pubblico.

Qual è il segreto del successo di Carl Brave?

Il segreto è il duro lavoro e la sincerità.

Cosa vedi nel tuo futuro?

Vedo altri dischi, continuare a fare questa vita. Viaggi, dischi, spero di aver trovato l’equilibrio giusto.

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Trovati sette strumenti a fiato di 12 mila anni 

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AGI – Sette antichi strumenti a fiato sono stati recentemente identificati da un team franco-israeliano e sono oggetto di un articolo pubblicato su Nature Scientific Reports. La scoperta è avvenuta nel sito preistorico di Eynan-Mallaha nel nord di Israele che nonostante sia stato accuratamente esaminato fin dal 1955, continua a riservare sorprese per gli scienziati.

La scoperta di questi flauti di 12.000 anni fa è estremamente rara: infatti, sono i primi ad essere scoperti nel Vicino Oriente. I flauti realizzati con le ossa di un piccolo uccello acquatico, producono un suono simile a quello di alcuni rapaci (sparviero e gheppio comune) quando viene soffiato dell’aria al loro interno. La scelta delle ossa utilizzate per realizzare questi strumenti non è stata casuale: nel sito sono stati trovati anche uccelli più grandi, con ossa più grandi che producono suoni più profondi.

I Natufiani, l’antica civiltà del Vicino Oriente che abitava questo villaggio tra il 13.000 e il 9.700 a.C., selezionavano appositamente ossa più piccole al fine di ottenere il suono acuto necessario per imitare questi particolari rapaci. Gli strumenti potrebbero essere stati utilizzati per la caccia, la musica o per comunicare con gli stessi uccelli. È evidente che i Natufiani attribuivano agli uccelli un valore simbolico speciale, come testimoniato dai numerosi ornamenti realizzati con artigli trovati a Eynan-Mallaha.

Il villaggio, situato sulle rive del lago Hula, è stato la patria di questa civiltà per i suoi 3.000 anni di esistenza. È quindi di vitale importanza per svelare le pratiche e le abitudini di una cultura al crocevia tra stili di vita nomadi e sedentari, nonché per comprendere la transizione da un’economia predatrice all’agricoltura. Questo lavoro è stato sostenuto dalla Fondazione Fyssen e dal Ministero degli Affari Esteri.

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Cultura

È morto Cormac McCarthy, cronista dell’America oscura e crudele 

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AGI – Cormac McCarthy è morto oggi per cause naturali all’età di 89 anni, come ha annunciato il suo editore. Autore di dodici romanzi, le sue crude descrizioni della devianza umana gli hanno fatto guadagnare rapidamente una fedele cerchia di ammiratori.

Scritto all’inizio degli anni Sessanta mentre lavorava in un negozio di ricambi auto a Chicago, ‘Il guardiano del frutteto’, il suo primo romanzo, fu pubblicato dalla prestigiosa Random House sotto l’ala di Albert Erskine, editore di William Faulkner, che Cormac McCarthy ammirava e al quale veniva talvolta paragonato. Questa storia crudele e ironica di personaggi inconsapevolmente legati da un cadavere è anche un’ode alla natura selvaggia delle montagne del Tennessee, lo Stato del Sud in cui ha trascorso la sua giovinezza.

Biografia e opere

Pur essendo nato nel 1933 a Providence (Rhode Island nord-orientale), il giovane Cormac, originario di Charles, è cresciuto nel luogo delle ‘grandi opere’ del presidente Franklin Roosevelt, le dighe della Tennessee Valley, dove il padre era avvocato. ‘Il guardiano del frutteto’ permette a Cormac McCarthy di vivere di scrittura grazie alle donazioni di istituzioni come la Fondazione Rockefeller. Nel 1968 pubblica ‘Il buio fuori’, che racconta le conseguenze di una relazione incestuosa.

Sempre ambientato negli Appalachi, ‘Figlio di Dio’, cinque anni dopo, si spinge ancora piu’ in la’ nell’esplorazione delle tenebre dell’anima con il suo protagonista assassino e necrofilo, mentre il fiume Tennessee, parabola di vita, diventa quasi il protagonista del divertente ‘Suttree’ del 1979. È in questo periodo che Cormac McCarthy si trasferisce a El Paso (Texas, sud), al confine con il Messico. Terra di violenza e di traffici di ogni genere, la regione avra’ un effetto profondo sulla sua opera.

‘Meridiano di sangue’ (1985), la prima opera del ‘periodo del selvaggio West’ di Cormac McCarthy, racconta le avventure di un giovane ragazzo nei tumulti degli anni ’40 del XIX secolo, quando il Texas entro’ a far parte degli Stati Uniti. Questo western apocalittico, con i suoi fiumi di sangue, e’ considerato da alcuni critici il suo capolavoro.

Gli anni ’90 hanno visto la creazione della ‘Trilogia del Confine’, sempre ambientata nel selvaggio West: ‘Cavalli selvaggi’, ‘Oltre il confine’ e ‘Città della pianura’. Cormac McCarthy, di cui il suo primo editore disse ‘non abbiamo mai venduto un solo libro’ (nessuna delle sue prime cinque opere ha venduto piu’ di 3.000 copie), ha finalmente visto le sue tirature salire a più di 200.000. 

Questo successo tardivo è stato confermato da Hollywood. Prima ‘Cavalli selvaggi’, trasformato in film nel 2000 con Matt Damon, poi ‘Non e’ un paese per vecchi’ dei fratelli Coen, che ha vinto quattro Oscar nel 2008.

L’anno precedente, Cormac McCarthy aveva vinto il prestigioso Premio Pulitzer per ‘La strada’ (2006), la storia di un padre e di un figlio erranti in un Paese devastato da un cataclisma di origine sconosciuta. Oprah Winfrey ha scelto questo libro come uno dei più importanti dell’anno ed è stato subito adattato per il grande schermo.

Nella sua unica intervista televisiva, ha detto a Winfrey che l’esposizione ai media “non fa molto bene alla mente. Se passi molto tempo a pensare a come scrivere un libro, probabilmente non dovresti parlarne. Devi farlo”.

Gli ultimi lavori

A maggio è uscito in Italia “Il Passeggero”, la sua ultima fatica letteraria, arrivata ben 16 anni dopo la precedente pubblicazione. In autunno è attesa un’altra opera, Stella Maris, che sarà dunque la prima a uscire “postuma”.

Cormac McCarthy has died at age 89. Read James Wood on the novelist, who, at his best, held “in beautiful balance the oracular and the ordinary.” https://t.co/dquGdt27WU pic.twitter.com/js8LqU5kSj

— The New Yorker (@NewYorker)
June 13, 2023

Uno stile unico

Per raccontare l’originalità e il talento di McCarthy si può prendere in prestito la narrazione fatta sul. “New Yorker” da James Wood.  “Ci sono sempre stati due stili dominanti nella prosa di Cormac McCarthy (‘afflatus’ e ‘deflatus’) con poco ossigeno a dividerli. In modalità ‘afflatus’ è magnificente, generoso, persino stucchevole. Le parole oscillano intorno ai loro significati, inebriate dalla loro grandiosità”. Ma tutto cambia cambia McCarthy usa l’altro stile, il ‘deflatus’:  “È una retorica rivale di muto esaurimento, come se tutte le parole, dopo la sbornia dell’intossicazione, potessero aggrapparsi solo all’abitudine e alle cose familiari”. 

Wood usa sapientemente questi due opposti per raccontare le capacità infinite di McCarthy di utilizzare registri e lessemi, tra ardite descrizioni e desolanti, crude, manifestazioni della realtà che ci circonda. Anche traslata in epoche, confini, universi solo apparentemente distanti dal lettore. 

Il New York Times, invece, ricorda un passaggio di un’intervista del 1992 dove lo scrittore esprimeva la sua visione cupa e nera del mondo: “Non esiste una vita senza spargimento di sangue. Penso che l’idea che la specie possa evolversi e migliorarsi in qualche modo, che tutti possano vivere in armonia, sia un’idea davvero pericolosa.”

Stephen King: “Forse il più grande scrittore contemporaneo”

Stephen King è stato tra i primi a commentare la scomparsa di McCarthy. Il “collega” ne ha ricordato le opere, sottolineandone l’importnaza, ed eleggendolo come (forse) il più importante scrittore americano a lui contemporaneo.

Cormac McCarthy, maybe the greatest American novelist of my time, has passed away at 89. He was full of years and created a fine body of work, but I still mourn his passing.

— Stephen King (@StephenKing)
June 13, 2023

 

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Cultura

Il giornalista Emilio Buttaro premiato a New York per il suo impegno dedicato agli italiani all’estero

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NEW YORK\ aise\ – Il giornalista Emilio Buttaro, da anni impegnato per gli italiani all’estero, è stato insignito nei giorni scorsi del “Premio Giornalistico AIAE New York”. Il prestigioso riconoscimento internazionale è stato consegnato durante la cerimonia annuale dell’Association of Italian American Educators, l’organizzazione nata nel 1997 che dedica la sua attività alla promozione della lingua e della cultura italiana.
L’evento si è svolto nelle eleganti sale del Consolato Generale d’Italia di New York.
Come ogni anno l’Associazione, presieduta da Josephine A. Maietta, ha organizzato il ritrovo di italiani e italoamericani per la consegna delle borse di studio agli studenti più meritevoli e per premiare personaggi di spicco che si sono distinti nel campo dell’arte, della musica, della medicina, della moda, del giornalismo e nelle altre professioni.
Vittorio Di Carlo e Sophia Mura hanno introdotto l’evento eseguendo rispettivamente l’inno nazionale italiano e quello americano.
La cerimonia, aperta dal Console Generale Fabrizio Di Michele, si è svolta nel giorno del ventiquattresimo anniversario dalla nascita dell’AIAE.
Emilio Buttaro è stato premiato per l’impegno giornalistico dedicato agli italiani all’estero con la seguente motivazione: “Per aver contribuito alla promozione della tradizione e cultura italiana attraverso collaborazioni con testate giornalistiche internazionali rivolte agli italiani all’estero. Con stile e professionalità ha condotto iniziative dedicate alla diffusione e difesa dell’italianità nel mondo. Particolarmente apprezzata la sua richiesta di coinvolgimento degli italiani all’estero in occasione di un evento simbolo dell’Italia come il Festival di Sanremo”.
Gli altri riconoscimenti sono andati a personalità di spicco del mondo della medicina, della cultura, della moda e di altre professioni come Arthur L. AidalaStefania Stipo, Ruggiero Boiardo, Paula Varsalona e John Viola.
Sono stati premiati i vincitori delle borse di studio del Programma Ponte Pisa 2023 e consegnati, da parte dell’AIAE, certificati di amicizia al cantautore Stefano Spazzi che ha ideato il progetto “Le Luci di New York” in collaborazione con l’AIAE, e Vincenzo Scotto, sponsor di AIAE Global Italian Diaspora Rete su WRHU Radio Hofstra University.
Impeccabile l’organizzazione curata dall’AIAE e dalla sua presidente Josephine Maietta, infaticabile promotrice della tradizione italiana negli Stati Uniti.
Per Emilio Buttaro “essere un ponte tra l’Italia e il mondo, portare agli italiani all’estero un po’ del Bel Paese è sempre una gioia che rimane dentro a lungo. Questo è il mio sogno americano”. (aise)

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