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“Architetture inabitabili” in mostra alla Centrale Montemartini

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AGI – Un nuovo punto di vista sull’architettura, teso a scoprirne una concezione diversa da quella comunemente legata alla funzionalità abitativa. Questo è ciò che viene suggerito da questa mostra, che nasce con l’obiettivo di indagare il rapporto critico tra abitare e costruire, partendo da alcuni edifici che sono emblematici di questa frattura: “architetture inabitabili” dalla forte carica simbolica, emblemi della città in cui sorgono.

La mostra ne individua alcuni esempi particolarmente significativi, distribuiti su tutto il territorio nazionale, reperendone testimonianza nei materiali dell’Archivio LUCE e altri archivi.

L’esposizione che sarà visitabile dal 24 gennaio al 5 maggio, espone 150 fotografie, video e testi su otto edifici che non sono destinati all’abitare. Tra questi il Gazometro di Via Ostiense, il campanile semisommerso di Curon, il Lingotto di Torino, gli ex Seccatoi di Città di Castello, Torre Branca a Milano, i Palmenti di Petraglia (Potenza), il Memoriale di Brion (Treviso), il Cretto di Gibellina a Trapani. 

Alle fotografie storiche si aggiungono opere firmate da fotografi e artisti contemporanei come Gianni Berengo Gardin, Guido Guidi, Marzia Migliora, Mark Power, Sekiya Masaaki, Steve McCurry – oltre ad alcune immagini di Francesco Jodice e di Silvia Camporesi appositamente commissionate per la mostra – e pagine che i più apprezzati scrittori italiani hanno composto per l’occasione.

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Samantha Fox ubriaca scatena una rissa su un volo, arrestata

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AGI – La modella, cantante e attrice Samantha Fox, icona sexy degli anni ’80, ha trascorso la notte di venerdì in carcere a Londra dopo essere stata arrestata perchè, ubriaca, si è resa responsabile di rissa su un aereo della British Airways.

Come scrive The Sun, la modella e pop star, oggi 56enne, si trovava su un volo per Monaco di Baviera quando avrebbe avuto una discussione con un altro passeggero. L’aereo era sulla pista pronto per il decollo, ma è stato bloccato a Heathrow dopo che la Fox ha “dato il via alla rissa”, hanno detto le fonti sentire dal tabloid inglese.

I passeggeri sono dovuti scendere e sono stati ospitati in un hotel e hanno ripreso il viaggio il giorno successivo.

La polizia, dopo essere intervenuta sul posto, avrebbe arrestato la cantante ed ex modella prima di rilasciarla su cauzione. La stessa si è detta “profondamente dispiaciuta per l’accaduto e per i disagi causati“, si legge su The Sun, e starebbe aiutando la polizia a chiudere il caso.

La tragedia della sorella Vanessa

La star è stata colpita da una tragedia nel marzo dello scorso anno, quando sua sorella Vanessa è morta improvvisamente in seguito a un attacco di cuore, all’eta’ di 50 anni. Le due sorelle erano molto unite come sui legge anche nella sua autobiografia del 2017, ‘Forever’, in cui Samantha ha raccontato come Vanessa l’abbia salvata quando il padre Pat, alcolizzato, l’ha aggredita.

“Pensavo che mi avrebbe ucciso e l’ho pregato di fermarsi – ha scritto – quando ho cercato di alzarmi mi ha dato un calcio cosi’ forte nello stomaco da farmi venire il fiatone e non si è fermato. Mia sorella Vanessa ha sentito cosa stava succedendo e gli è saltata sulla schiena per togliermelo di dosso”.

È l’ultimo dolore per la modella e pop star Sam – che è apparsa per la prima volta su The Sun 40 anni fa – e arriva otto anni dopo la morte per cancro della sua compagna Myra Stratton, morta nel 2015 dopo aver perso la battaglia contro il cancro, che aveva definito “l’amore della mia vita” e con cui era legata da 16 anni.

La sua storia

Samantha Karen Fox, nata a Londra il 15 aprile 1966, ottenne una grande popolarità negli anni ottanta come modella e poi anche come cantante, soprattutto con i singoli ‘Touch Me’ (I Want Your Body) del 1986, che raggiunse le vette delle classifiche internazionali di Gran Bretagna, Stati Uniti, Svezia e Australia, e ‘Nothing’s Gonna Stop Me Now’ del 1987. La sua immensa popolarità in quegli anni deriva pero’ più dal suo fisico prorompente che dalle sue doti canore. Nel 1983, infatti, fu proprio The Sun a lanciarla come modella della storica ‘Page 3’, che mostrava belle ragazze in topless.

E il suo topless era davvero uno spettacolo (misure: 91-67-89) al punto che, come ha raccontato qualche anno fa la stessa Fox, “il mio agente mi consiglio’ di assicurare i miei seni per 500mila sterline l’uno…”. Quel servizio fotografico bollente fu il trampolino di lancio verso un mondo “dorato” fatto di sontuose feste organizzate da vip e celebrità. La modella fu la prima ragazza a firmare con The Sun un contratto esclusivo quadriennale, che significava posare per qualsiasi tipo di servizio fotografico.

Samantha divenne talmente popolare che doveva andare in giro con le guardie del corpo per non essere presa d’assalto ed erano poche le case degli adolescenti di tutto il mondo (anche in Italia) in cui mancasse un poster ad alto tasso sexy di Samantha Fox.

Una popolarità che l’accompagno’ anche nella sua ‘seconda vita’: Nel 1986 si ritiro’ dal mondo della moda e inizio’ la sua carriera musicale grazie all’aiuto di Freddie Mercury, che, durante una festa ai Kensington Roof Gardens di Londra, dopo un concerto dei Queen a Wembley la fece salire sul palco con lui per cantare in duetto ‘Tutti Frutti’. Da li’ inizio’ la carriera di cantante e arrivo’ il successo globale con oltre 30 milioni di dischi venduti.

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SuperCiak d’oro a Cortellesi, Garrone ‘Personaggio internazionale’ del 2023

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AGI – È Paola Cortellesi, dominatrice della stagione cinematografica con il suo ‘C’è ancora domani’, la vincitrice del SuperCiak d’oro 2023 del Cinema italiano, il premio simbolo dei Ciak d’oro del pubblico, giunti alla 38esima edizione.

Il SuperCiak d’oro le è stato assegnato per il soggetto, la sceneggiatura, l’interpretazione, la regia, che per lei è anche un esordio, di un film che “ha saputo coinvolgere e stupire, affascinare e far riflettere, rilanciando il nostro cinema grazie agli oltre cinque milioni di spettatori raccolti – primo incasso del 2023 nel nostro Paese – e andando oltre la pura fruizione per divenire un tema di discussione e condivisione grazie alla capacità di illuminare con originalità, misura, creatività, che in alcuni momenti diventa poesia, un tema chiave della convivenza civile come i rapporti tra i generi e la violenza domestica”.

“C’è ancora domani – si legge ancora nelle motivazioni del premio – unisce originalità di scrittura a una regia matura, innovativa, e a intuizioni artistiche e prove di recitazione di livello assoluto, evidenziando la straordinaria levatura e sensibilità creativa di Paola Cortellesi”.

A Matteo Garrone è andato il Ciak d’oro come ‘Personaggio internazionale dell’anno’ del Cinema italiano “per essere riuscito con ‘Io capitano’ – un film straordinario per linguaggio, storia, tematica, codici visivi, affidato a due sconosciuti esordienti africani nel ruolo di protagonisti e su uno dei temi sensibili e divisivi del dibattito politico e culturale non solo dell’Occidente – a ottenere tre grandi risultati: il primo è un plauso unanime e un forte successo di pubblico in tutto il mondo, fino alla nomination ai Golden Globes, oltre che il Leone a Venezia per la regia e la nomination per Io capitano come rappresentante del nostro cinema nella corsa agli Oscar; il secondo è un grande rilancio per la percezione internazionale della capacità del nostro Paese di creare arte cinematografica innovativa e originale; il terzo (e più importante): aver contribuito a un dibattito lacerante – e spesso mortificante per gli argomenti proposti – su uno dei grandi temi del nostro tempo, offrendo un punto di vista di verità in grado di aiutare la riflessione, ricordando l’importanza che sempre devono avere i principi di umanità e civiltà”. 

 

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Le autorità statunitensi restituiranno due disegni di Schiele rubati dai nazisti

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AGI – Le autorità statunitensi hanno annunciato che due disegni del valore di 2,5 milioni di dollari rubati dal regime nazista ed esposti nei musei americani saranno restituiti ai parenti di Fritz Grunbaum, un cabarettista ebreo austriaco ucciso nell’Olocausto. Questa decisione segue la restituzione, avvenuta lo scorso anno, di sette opere d’arte rubate a Grunbaum nel 1938 e vendute dai nazisti per finanziare la loro macchina da guerra.

La “Ragazza con i capelli neri” era conservata dall’Allen Museum of Art dell’Oberlin College ed è valutata circa 1,5 milioni di dollari, mentre il “Ritratto di uomo” era nella collezione del Carnegie Museum of Art ed è valutato circa 1 milione di dollari. Entrambi sono opera di Egon Schiele, un artista espressionista austriaco.

“Questa è una vittoria per la giustizia e per la memoria di un artista coraggioso, collezionista d’arte e oppositore del fascismo”, ha dichiarato Timothy Reif, giudice e parente di Grunbaum, morto nel campo di concentramento di Dachau.

“Come eredi di Fritz Grunbaum, siamo gratificati dal fatto che quest’uomo, che ha combattuto per ciò che era giusto nel suo tempo, continui a rendere il mondo più giusto decenni dopo la sua tragica morte”. Oltre ai sette pezzi restituiti l’anno scorso e ai due più recenti, un pezzo è stato consegnato da un collezionista direttamente alla famiglia.

“Il fatto che siamo riusciti a restituire dieci opere che erano state saccheggiate dai nazisti testimonia la tenacia con cui i suoi parenti hanno cercato di garantire che queste bellissime opere d’arte potessero finalmente tornare a casa”, ha dichiarato il procuratore distrettuale di Manhattan Alvin Bragg. Grunbaum, che era anche un collezionista d’arte e critico del regime nazista, possedeva centinaia di opere d’arte, tra cui più di 80 di Schiele.

Le opere di Schiele, considerate “degenerate” dai nazisti, furono in gran parte messe all’asta o vendute all’estero. Arrestato dai nazisti nel 1938, Grunbaum fu costretto a firmare la sua procura alla moglie, che fu poi costretta a consegnare l’intera collezione di famiglia prima di essere deportata in un altro campo di concentramento, nell’attuale Bielorussia.

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Nella cripta di Sant’Agnese in Agone torna a trionfare la luce 

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AGI – Nuova luce su un gioiello storico e artistico nel centro di Piazza Navona a Roma: dopo aver attraversato quasi venti secoli di storia la Cripta di Sant’Agnese in Agone, recentemente restaurata, è stata protagonista di un nuovo progetto di illuminazione artistica e architettonica che, a ridosso del 21 gennaio, giorno in cui si celebra la Santa, restituisce alla Cripta la sua atmosfera intima originaria.

Donato da Webuild, multinazionale italiana nel settore delle costruzioni e dell’ingegneria civile, il progetto d’illuminazione, ideato dalla società Fabertechnica sotto la guida della Soprintendenza Speciale di Roma, punta a valorizzare le caratteristiche spaziali, architettoniche e artistiche della cripta cimiteriale costruita in uno dei luoghi di culto più visitati di Roma, in Piazza Navona, nel posto in cui, secondo la tradizione cristiana, la giovane Agnese subì il martirio, durante le persecuzioni di Diocleziano.

L’iniziativa, ha permesso di restituire alla Cripta la sua atmosfera intima e suggestiva, rispettosa della storia del martirio della Santa grazie a un complesso gioco di luci e ombre.

La Chiesa di Sant’Agnese in Agone, imponente e ricca di storia, è incastonata tra le aule e i fornici dello Stadio di Domiziano (86 d.C), e sorge sul luogo in cui, secondo la tradizione, nel 305 d.C. Agnese, una bella tredicenne romana, subì il martirio durante le persecuzioni dello stesso imperatore. All’interno della Chiesa sovrastante, un capolavoro indiscutibile del Barocco romano ultimato da Francesco Borromini (tra il 1653 e il 1657)  per dono di san Pio X, è custodita la testa della martire, che aveva fatto voto di appartenere solamente a Cristo, suo sposo.

La tutela delle opere presenti è assicurata attraverso l‘impiego di Led, sorgenti prive di emissioni UV e a bassa emissione di calore, nel rispetto delle normative vigenti in materia di sicurezza per gli utenti e conservazione delle superfici affrescate.

La donazione, spiega una nota, rientra nell’agenda cultura del gruppo, un insieme di progetti culturali promossi e organizzati da Webuild, dopo l’iniziativa “Superbarocco” nell’ambito della quale Webuild, lo scorso anno, ha organizzato un concerto-evento proprio nella Chiesa a Piazza Navona.

Un’idea tumultuosa è quella celebrata nella Chiesa barocca di Sant’Agnese in Agone. La scopriamo in una nuova tappa del percorso con lo storico d’arte #ClaudioStrinati. Guarda il video: https://t.co/SX087N2Ss3#Webuild #Webuildgroup #agendacultura #Superbarocco #baroccoinscena pic.twitter.com/2Y77XonMWp

— Webuild (@Webuild_Group)
May 18, 2022

La chiesa di Sant’Agnese in Agone (perché sorge sopra la pianta di quello che anticamente era uno stadio per combattimenti e competizioni atletiche) è un prezioso scrigno dove storia del Cristianesimo e storia dell’arte si incrociano e creano un tesoro d’importanza architettonica, pittorica oltre che religiosa unico nel suo genere.

La cripta è peraltro l’unica parte superstite della costruzione originale, luogo di culto dei fedeli a partire dal VII secolo. Vi si accede dall’omonima cappella, attraverso la scala ai sotterranei, alla destra dell’Altare. Un ambiente che ha sempre subito gli effetti aggressivi dell’umidità di risalita, causata dall’idrografia del sottosuolo della città tanto che già nel 1653 il Borromini, subentrato nella direzione dei lavori, dovette finalizzare un primo risanamento degli ambienti compromessi dall’umidità.

Vittima di frequenti allagamenti, la cripta fu restaurata nuovamente nel 1885. Dopo molti altri interventi successivi ma non risolutori, nel 2017 è stato avviato con successo un nuovo progetto di restauro focalizzato anzitutto sul problema dell’umidità, priorità da affrontare prima di qualsiasi altro intervento di ripristino. Un risultato che è stato finalmente raggiunto nel 2020 grazie all’installazione di tecnologie avanzate di deumidificazione. 

La realizzazione del nuovo impianto d’illuminazione, dopo gli imponenti restauri terminati nel 2022, è l’ultima sfida vinta dal team di esperti per far brillare la cripta in tutto il suo originario splendore.

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Cultura

Il fantasma di Lenin spaventa anche Putin

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AGI – A 100 anni dalla sua morte, il 21 gennaio 1924, il fantasma di Lenin continua ad aleggiare sulla Russia e spaventa persino Vladimir Putin. Ne è convinto Gian Piero Piretto, già docente di cultura russa alla Statale di Milano, che alla morte e alle esequie del padre della Rivoluzione d’Ottobre, ha dedicato uno dei primi capitoli del suo recente saggio “L’ultimo spettacolo” (Raffaello Cortina Editore), dedicato ai funerali sovietici che hanno fatto la Storia.

Putin già da diversi anni ha segnalato disagio nei confronti della figura di Vladimir Ilich Lenin e della stessa Rivoluzione del 1917″, ricorda Piretto, portando come ultimo esempio la parata del V-Day del 9 maggio scorso sulla Piazza Rossa, quando il mausoleo dove è esposta la salma imbalsamata di Lenin, è stato nascosto da un’impalcatura dipinta con i colori della bandiera russa e le date della guerra contro il nazismo. Putin “fa finta che lì sotto non ci sia niente, come se decenni di storia e iconografie non avessero lasciato nella memoria collettiva dei russi ben chiara l’immagine del mausoleo di Lenin!”.

 Concentrato sulla riabilitazione di Stalin, per proporre la Russia di oggi come erede diretta di chi sconfisse il nazismo in Europa, Putin guarda a Lenin non come uno statista ma come un rivoluzionario. Lo ha ammesso lo stesso leader del Cremlino, che gli imputa addirittura l’attuale crisi con l’Ucraina per il fatto di aver spartito in modo sbagliato i territori del vasto impero sovietico e aver concesso troppa libertà ai gruppi etnici.

Nonostante le critiche aperte e i tentativi di far scivolare nel dimenticatoio l’eredità di Lenin, Putin non ha mai osato toccare il “cadavere vivente” sulla Piazza Rossa, di cui la Chiesa ortodossa e il 57% dei russi – secondo i sondaggi – chiedono la sepoltura. “Il fantasma di Lenin esiste”, dichiara Piretto, “anche se il presidente russo fa di tutto per farlo dimenticare, nessuno ha il coraggio di prendersi la responsabilità di fronte al mondo, non solo ai russi, di rimuoverlo dal mausoleo”. A quel punto, fa notare, “bisognerebbe smantellare tutta la necropoli che si trova alle sue spalle, sotto le mura del Cremlino, dove è sepolto anche Stalin. È una responsabilità tale che fa paura anche al coraggiosissimo Putin”.

Con molteplici rimandi iconografici e bibliografici, frutto di un’approfondita ricerca, nel suo saggio Piretto punta l’attenzione sul senso di sconforto e spaesamento che colse tutto il Paese alla notizia della morte di Lenin e sull’immediata operazione fatta dagli ideologi del tempo di santificare il Vladimir Ilich. “L’Unione Sovietica era nata da un paio d’anni”, spiega Piretto, “era uno Stato ancora molto giovane e non poteva permettersi di perdere il suo padre fondatore. Lenin era, in realtà, già morto: una serie di ictus lo aveva relegato alla residenza di Gorki, nella periferia moscovita, ma idealmente continuava ancora a esistere. “Nel momento, in cui si sa della sua scomparsa il Paese crolla nella disperazione ed è immediata la reazione per costruire la sua immortalità”, prosegue, “Lenin corpo umano viene a mancare ma Ilich, il suo patronimico, diventa una specie di divinità che continua a vivere insieme alla sua causa”.

La morte di Stalin, che guidò l’Urss dal 1922 al 1953, ha invece visto il Paese attanagliato dalla commozione. “Nessuno credeva che Stalin potesse morire: Lenin era un essere umano divinizzato post mortem, ma con Stalin era come se fosse morto Dio. Da qui l’incredulità e la disperazione, dalle testimonianze del tempo emerge che nessuno riesce a trattenere le lacrime”.

 Di questi riti di massa che furono i funerali dei leader sovietici, la Russia di Putin rispolvera quello che Piretto definisce “il kitsch totalitario” nelle celebrazioni pubbliche del potere: in una sorta di “operetta”, conclude Piretto, “si ripescano quegli aspetti più oleografici e più presenti nella memoria collettiva, dai costumi alle canzoni, la musica e i balli, puntando su emozioni facili da condividere da cui ogni sottotesto traumatico di quell’epoca viene cancellato per far piazza pulita della problematicità e rimandare l’immagine di un bel mondo tipo Disneyland, in cui tutti sorridono e le parole d’ordine sono ottimismo e stabilità, gli slogan del putinismo”.

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Cultura

In mostra i tesori nascosti dei musei civici fiorentini

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AGI – Fontana, Guttuso, Carrà, De Pisis, Mafai, Cagli, Morandi. Sono solo alcuni dei ‘tesorì che il mondo ci invidia custoditi nei depositi dei musei civici fiorentini, che ora saranno fruibili al grande pubblico. Opere d’arte finora rimaste celate per mancanza di spazi adeguati per la loro fruizione. I depositi hanno trovato casa nel complesso di Santa Maria Novella e sono stati inaugurati dal sindaco Dario Nardella. Presenti anche il presidente della Regione Eugenio Giani, la vicesindaca e assessore alla cultura Alessia Bettini e l’assessora ai lavori pubblici Elisabetta Meucci

Il patrimonio artistico comunale annovera migliaia di beni mobili suddivisi in raccolte, in parte esposte nei diversi musei civici della città o conservate negli annessi depositi e in parte smembrate e ricoverate in sedi provvisorie, nell’attesa di un luogo nel quale potessero essere riunite e riordinate. Così è stato deciso di destinare parte degli ampi ambienti del complesso di Santa Maria Novella a un progetto originale che consentisse non solo di raccogliere grandi quantitativi di opere d’arte in condizioni ottimali di conservazione, ma anche di renderli fruibili per i cittadini. Tra gli artisti esposti ci sono Fontana, Guttuso, Carrà, De Pisis, Mafai, Cagli, Morandi.

“Non c’è niente di più spiacevole in Italia, paese con così alta concentrazione di opere d’arte, di avere così tante opere d’arte chiuse nei depositi senza che i cittadini possano ammirarle – ha dichiarato il sindaco -. Oggi a Firenze abbiamo raggiunto invece un obiettivo ambizioso: in questi spazi arriveremo a contenere ben 4500 opere dei nostri depositi che saranno godibili dai cittadini, dagli studiosi e dai turisti, una grande conquista di cultura e civiltà”.

“Questo progetto – ha continuato il sindaco – fa parte di un nuovo tassello della trasformazione del complesso di Santa Maria Novella: siamo al lavoro per l’apertura del museo dell’italiano Mundi, per la caffetteria, la riqualificazione del cortile interno, gli appartamenti di social housing e la nuova biblioteca, in un mix di funzioni culturali, sociali e civiche che è davvero un unicum in città”.

I nuovi depositi sono stati realizzati su progetto della Direzione Servizi Tecnici in collaborazione con la Direzione Cultura e Sport, nell’ambito della campagna di riqualificazione degli ambienti del complesso di Santa Maria Novella liberati nel 2016 dalla Scuola Marescialli e Brigadieri dei Carabinieri. I lavori sono costati circa due milioni di euro per la parte di ristrutturazione delle sale nell’ambito della trasformazione dell’intero complesso e quasi 40 mila euro per la parte di trasporto e allestimento, con previsione di spesa di ulteriori 200 mila euro per le prossime fasi di incremento delle opere esposte.

In questa prima fase sono già state sistemate circa 300 opere appartenenti alla raccolta Alberto Della Ragione e ad altri nuclei delle Collezioni del Novecento. A queste andranno progressivamente ad aggiungersi: la rimanente parte delle collezioni novecentesche, funzionali alle rotazioni espositive del vicino Museo Novecento, le sinopie del ciclo di affreschi del Chiostro Verde di Santa Maria Novella, alcune raccolte ottocentesche, tra le quali quella dell’ex Museo del Risorgimento e il legato di Icilio Cappellini comprendente dipinti dei Macchiaioli, le opere non esposte dell’ex Museo storico-topografico Firenze com’era e un’ampia rassegna di marmi, gessi e reperti lapidei di varia provenienza, per un totale stimato di circa 4.500 beni. 

I nuovi depositi sono ospitati in una parte dell’edificio che delimita il braccio occidentale del Chiostro Grande. In questi antichi ambienti si sono susseguite molteplici funzioni nel corso dei secoli: Appartamenti Papali, cantiere del cartone della Battaglia di Anghiari di Leonardo, dormitori del Monastero Nuovo, Educandato femminile della Santissima Annunziata e infine caserma della Scuola allievi sottufficiali dei Carabinieri. A lungo inaccessibili perchè inclusi nella caserma, grazie alla riqualificazione attuata dall’Amministrazione Comunale, oggi tornano a vivere come luogo di conservazione e di fruizione del patrimonio artistico.

Come è organizzata l’esposizione

I depositi occupano una superficie di 1100 metri quadrati, disposti su tre piani. Al piano terra gli ambienti consistono in una grande sala voltata di 290 metri quadrati che ospita la ‘Galleria delle sculture‘ allestita con pedane, basamenti, mensole e scaffalature per statue, busti, e materiali lapidei vari. Gli ambienti di deposito al primo piano hanno una superficie di 650 metri quadrati circa distribuiti in nove sale.

Nelle due sale più ampie sono state realizzate delle imponenti strutture metalliche autoportanti in parte già attrezzate con grandi pannelli grigliati a scorrimento, bifacciali, che garantiscono l’appendimento dei dipinti su entrambi i lati. Nelle altre sale sono state previste ulteriori attrezzature espositive e conservative, non solo griglie, ma anche cassettiere e scaffalature per collocare manufatti eterogenei. Completano gli ambienti di deposito ulteriori spazi destinati alle funzioni di ufficio e di laboratorio per interventi di manutenzione.

Gli ampi spazi, oltre a garantire ai nuovi depositi il corretto svolgimento della loro funzione ordinaria di giacimenti di opere, strumentali ai progetti di studio, conservazione e valorizzazione, permettono di renderli accessibili al pubblico tramite visite guidate su prenotazione. L

e visite, curate da MUS.E, daranno la possibilità di scoprire non solo le opere che vi sono conservate, ma anche il ‘dietro le quinte’ del funzionamento di un moderno deposito museale. Le prime visite guidate si terranno venerdì 26 gennaio alle ore 14, 15 e 16 e sabato 27 gennaio alle ore 10, 11 e 12 e saranno gratuite per il pubblico; a partire da febbraio, proseguiranno a pagamento ogni sabato.

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Cultura

37 anni senza il suo ‘maestro’. Bagheria ricorda Guttuso

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AGI – Trentasette anni fa moriva uno dei maestri dell’arte italiana del ‘900, Renato Guttuso, e Bagheria, la sua città natale oggi l’ha ricordato con le istituzioni – il vice sindaco e assessore alla Cultura Daniele Vella – deponendo una corona di fiori sulla sua tomba, l’arca funeraria realizzata a villa Cattolica, sede del museo Guttuso, dal maestro Giacomo Manzù.

37 anni fa moriva Renato Guttuso: l’amministrazione comunale di Bagheria depone una corona di fiori sulla sua tomba https://t.co/CgBrT7j48a

— Comune di Bagheria (@ComuneBagheria)
January 18, 2024

“Bagheria me la porto addosso”, aveva confidato a un giornalista de “Il Giorno” nell’ottobre 1959 benché si fosse trasferito nella Capitale una ventina di anni prima, per dedicarsi alla pittura ma anche alla passione politica e all’impegno nel sociale.

Tradusse quel legame speciale con la sua città natale innumerevoli volte nelle sue tele alternando struggenti paesaggi siciliani – le spiagge come il golfo di Palermo – con nature morte o con le raffigurazioni degli oggetti delle case umili della sua terra.

Alla morte Guttuso donò alla sua città, Bagheria, molte opere che sono state raccolte nel locale e omonimo museo a Villa Cattolica dove è appunto sepolto, dopo essere stato traslato dalla tomba di famiglia del cimitero comunale.

50° anniversario della nascita del museo Guttuso. Il comune di Bagheria ottiene un finanziamento dalla Regione. Si programmano eventi e manifestazionihttps://t.co/Q27OWfaTFE

— Museo Guttuso (@villacattolica)
August 2, 2023

Un ricordo doveroso“, ha sottolineato il vicesindaco durante la deposizione della corona spiegando come l’amministrazione abbia tenuto a organizzare una commemorazione per “ricordare un personaggio e un artista che ha una caratura nazionale e internazionale oltre che un legame viscerale con Bagheria”. Una data, ha aggiunto, che diventa ancora più importante nel quadro del calendario di iniziative per il cinquantesimo anniversario della nascita del Museo Guttuso.

La nascita del Museo risale al 1973, ed è collegata alla generosa donazione destinata da Renato Guttuso a Bagheria, composta da opere dello stesso Guttuso (ma anche di altri artisti) e documenti vari. La testimonianza concreta del profondo legame che il maestro ebbe fino ai suoi ultimi giorni con la propria città. 

Nell’ambito delle celebrazioni del cinquantesimo, con la riapertura del secondo piano del museo in veste nuova e riallestita, sono infatti previste una serie di iniziative – è stato annunciato – che renderanno ancora più attrattivo il museo di Bagheria.

 

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Cultura

Emmy: flop di ascolti, i più bassi di sempre

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AGI – Gli Emmy Awards, ritardati dallo sciopero, hanno registrato gli ascolti più bassi di sempre, secondo i dati preliminari di martedì, mentre continua la tendenza al ribasso del pubblico per l’evento di gala. L’ultima stagione di “Succession” ha dominato la serata costellata di star, che ha visto anche grandi vittorie per “The Bear” e “Beef“, in una cerimonia ben prodotta e costellata di nostalgia che celebra decenni di successi televisivi.
Ma anche con alcuni dei più grandi nomi del piccolo schermo presenti, solo 4,3 milioni di spettatori si sono sintonizzati, ha detto un portavoce dell’emittente FOX, in calo rispetto ai 5,9 milioni dell’ultima edizione del 2022.

Lo spettacolo di gala era stato posticipato dalla sua consueta data di settembre perchè Hollywood era in stasi a causa di uno sciopero combinato di sceneggiatori e attori.
Ma spostare la cerimonia a gennaio – proprio nel bel mezzo della stagione dei premi cinematografici – ha fatto considerare molti degli spettacoli televisivi in concorso come produzioni già passate.

Lunedì sera c’era anche la concomitanza della partita di playoff win-or-go-home nella popolarissima NFL del football americano, con milioni di fan che si sono sintonizzati per guardare i Tampa Bay Buccaneers battere i Philadelphia Eagles.

“Questa è stata la prima volta in assoluto che gli Emmy Awards sono andati in onda contro una partita di playoff della NFL, dato che la cerimonia è andata storicamente in onda ad agosto/settembre”, ha detto il portavoce della FOX, definendolo il programma di intrattenimento del lunedì sera più visto sulla rete negli ultimi 18 mesi. 
 

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Cultura

“Ariston. La scatola magica” un viaggio dentro la storia del palco più famoso

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AGI – Il teatro Ariston è il luogo più iconico dello spettacolo e della musica italiana. Un luogo quasi sacro, dove per sei decenni si sono esibiti i più grandi artisti, da Domenico Modugno ai Måneskin, da Dario Fo a Rudolf Nureyev, e dove dal 1977 si celebra l’evento più amato, più dibattuto il rito che ci fa sentire italiani, a cui tutti vogliono partecipare, anche soltanto per criticarlo: il Festival di Sanremo. In un libro , edito da Salani editore, “Ariston. La scatola magica” di Walter Verricchio, proprietario del teatro e Luca Ammirati capo della sala stampa dell’Ariston vengono raccontati la storia, i retroscena del palco più famoso d’Italia. 

Ma cosa c’è, all’origine di ogni grande impresa, se non il sogno, la visione, di una persona controcorrente? Negli anni Cinquanta, Sanremo è una delle tante città che faticano a risollevarsi dalle macerie della guerra. Aristide Vacchino, che ha il cinema nel sangue, progetta una struttura senza precedenti – un multisala capace di ospitare ogni genere di spettacolo – per restituire gioia e divertimento ai suoi concittadini. Ci mette dieci anni a completarne la costruzione, tra rallentamenti burocratici e ostilità della concorrenza, ma nel 1963 riesce finalmente a inaugurare il suo gioiello. È l’inizio della “scatola magica”, uno spazio di creatività che, stagione dopo stagione, continua a regalare emozioni e un senso di umana meraviglia.

L’autore Walter Vacchino con sua sorella Carla è il proprietario del cinema-teatro Ariston, che dal 1977 ospita il Festival di Sanremo e Albenga. Ha scritto e prodotto spettacoli teatrali, programmi tv, festival, e ha ricoperto numerose cariche nel settore pubblico, nel settore sportivo e nel settore dello spettacolo. Dal 1982 è Cavaliere della repubblica.

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