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Chi ha rapito Roger Federer? Il romanzo col doppio fondo di Piero Valesio

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AGI – ‘Chi ha rapito Roger Federer?’ di Piero Valesio (Absolutely Free Libri, 226 pagine, 18 euro) è un romanzo con il doppio fondo. In superficie, un divertente giallo, scritto da una delle migliori penne del giornalismo sportivo italiano, ambientato nel 2040 alla vigilia degli Internazionali d’Italia di tennis.

Il protagonista è ovviamente il campione svizzero, forse il più forte tennista di tutti i tempi, certamente il più iconico. Federer arriva a Roma per essere eletto presidente della più importante organizzazione sportiva mondiale, ma succede qualcosa di imprevisto. Una spy story in piena regola, il romanzo di Valesio, mai scontata, dal finale interessante. Il mistery in ambito sportivo è un filone non battutissimo dalla letteratura contemporanea e leggendo queste pagine non capisci perché.

Lo scenario è quello di una città e di un mondo diversi da quelli che conosciamo oggi, dove il cambiamento climatico ha lasciato segni profondi nella vita delle persone, anche dei protagonisti del romanzo. Tutto lo sport del pianeta è in mano a organizzazioni transnazionali in guerra l’una con l’altra: e proprio a Federer potrebbe toccare il compito di aprire una nuova pagina di collaborazione fra i soggetti “belligeranti”. Di questo piano A del romanzo è bene non raccontare altro.

Il piano B, il secondo cassetto dello scrigno, non è detto che sia accessibile a tutti i lettori, anche se chiunque può provare ad aprirlo. Bisogna sapere allora che Piero Valesio, cronista, racconta (TuttoSport, ma anche Sky, Messaggero) da quasi 40 anni i principali avvenimenti sportivi mondiali, Olimpiadi, Formula 1, atletica, calcio. Ma soprattutto tennis. È stato per quattro anni direttore del canale Tv Supertennis e responsabile della comunicazione del torneo romano. Il Foro Italico è stata la sua prima casa per tanti anni.

E il Foro Italico è ‘attore co-protagonista’ di questa sceneggiatura (ci faranno un film, vedrete) scritta per un editore anche lui cronista di lungo corso, Daniele Azzolini, un altro campione del giornalismo sportivo degli ultimi decenni, direttore di ‘Ok Tennis’, firma di punta sul tennis per Paese Sera, l’Unità, il Messaggero. Anche lui con la residenza al Foro, dove ha coordinato la sala stampa negli anni di Adriano Panatta direttore del torneo. Questi due signori conoscono il tempio del tennis italiano come nessun altro. Ambienti, circostanze, personaggi, persino tic di un universo, lo stadio del tennis, teatro ideale di un intrigo internazionale molto più che verosimile.

I campi sportivi – come noto – sono luoghi dello spirito, prima ancora che dei corpi. Luoghi dove la vita degli uomini si realizza in tutte le fasi, in cui sentimenti, tensioni, passioni, persino amori (odi) si risolvono – con vincitori e vinti – dentro un rettangolo d’erba, uno di terra rossa, talvolta un ring delimitato da corde elastiche e – per facilità di fruizione – entro un tempo prestabilito. Due set su tre. Riproduzione col fine di intrattenimento di conflitti umani. Se la guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi, diceva von Clausewitz, lo sport, della guerra è rappresentazione plastica e fedele, in streaming o in tribuna, cambia poco (ma anche i corridoi sono importanti, è lì che si consumano delitti e si pianificano rapimenti). Nadal e Djokovic come Ettore e Achille, Italia-Germania al Santiago Bernabeu come lo scontro tra i romani di Marco Aurelio e i barbari germanici nei boschi della Pannonia.

Ecco allora che il rapimento di Roger Federer in un albergo di Roma Nord a due passi dalla terra rossa del Foro acquista – nel racconto di Piero Valesio – un sapore particolare per chi conosce quegli spogliatoi e quelle tribune, per chi ha avuto la ventura di attraversare i sotterranei del campo Pietrangeli, l’ex Centrale, e ha creduto di essere inseguito dai fantasmi che li abitano.

Oppure per chi su quei campi ha giocato e conosce bene le facce dei guardiani, quelle dei custodi, dei maggiordomi di questo labirinto incantato, dove Roger Federer è comparso tante volte e – per ora – mai sparito. Nel giallo scritto da Valesio e pubblicato da Azzolini c’è tanta Roma Nord, lo slang di Ponte Milvio e dintorni, ma anche riti e rituali dei palazzi dello sport capitolino. Anche di questo cassetto nascosto del romanzo è bene non ‘spoilerare’ altro. Ma la sensazione, per chi quei luoghi li conosce un po’, è di aver letto non un romanzo giallo col finale a sorpresa, ma una pagina in cronaca nera del Messaggero, o del Tempo, se preferite. Una storia di piccoli eroismi e grandi meschinità.

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Tre morti e 3 feriti in un drammatico incidente a Treviso

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AGI – È di tre morti e tre feriti il bilancio di un incidente stradale avvenuto nella notte sulla strada Treviso Mare, a Roncade. Una autovettura si è scontrata, per cause in corso di accertamento, con un furgoncino 9 posti.

Le vittime hanno tra i 31 anni e i 24 anni di Treviso e viaggiavano a bordo di una Polo bianca. La terza vittima è un 53enne, di Altivole, che viaggiava su un furgoncino Mercedes. Nello scontro sono rimaste ferite altre 3 persone. 

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Investe la moglie e l’amica (che muore), poi si consegna alla polizia

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AGI – Quello che inizialmente sembrava un drammatico incidente stradale con una vittima e una ferita ricoverata in ospedale, sarebbe in realtà un episodio ancora più agghiacciante.

Un uomo di 52 anni, nella zona industriale di Catania, ha investito volontariamente con la propria auto la moglie e un’amica della donna, uccidendo quest’ultima. L’autore del gesto ha chiamato la polizia, che non ha mai creduto all’ipotesi del semplice incidente, per consegnarsi e confessare.

La moglie, che ha 56 anni, è ricoverata all’ospedale San Marco. La vittima è un’amica della donna, di 59 anni, originaria dell’Ennese. Indaga la squadra mobile coordinata dalla Procura distrettuale di Catania. 

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La favola indie di Gazzelle, dai piccoli locali allo Stadio Olimpico in 85 mesi

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AGI – “Ciao Regà”. No, non è il saluto di un amico che ci ha raggiunti al bar, è il messaggio che scorre sugli schermi del palco allestito all’interno dello Stadio Olimpico di Roma pochi secondi prima che abbia inizio il concerto di Gazzelle.

I “regà” sono 47mila e quello è il primo concerto in uno stadio per Gazzelle, uno dei principali protagonisti di quella rivoluzione cantautorale ormai convenzionalmente definita “indie”. Poi quella fase della nostra musica è finita, per certi aspetti purtroppo, per altri fortunatamente, perché il famigerato mainstream, in quegli anni utilizzato come vezzeggiativo per tutta quella musicaccia dal quale l’indie, bontà sua, ci ha salvato, quell’orrenda musica televisiva fatta da ragazzini senza cognome, almeno è servito a tirare una linea dritta tra chi ha i numeri per diventare un artista, uno che ce la fa in una giungla sempre più feroce, da professionista e artista vero, e chi ha avuto la fortuna di un’intuizione, chi, strimpellando strimpellando, si è fatto trascinare in alto da una wave che, impietosamente, giustamente, lo ha poi riportato alla sua dimensione naturale. Ma questa è un’altra storia.

Quella che invece intendiamo raccontarvi parla di un ragazzo che esce con il suo primo singolo, “Quella te”, il 9 dicembre del 2016, esattamente 85 mesi fa, prima di allora lo hanno sentito suonare solo a Spaghetti Unplugged, un fortunatissimo open mic per artisti esordienti che ha animato le domeniche sera romane (poi anche bolognesi e milanesi), proprio in quegli anni, quando il pubblico voleva di più, si era stufato di quella musica precotta da talent e pretendeva, dunque, anche a costo di qualche scoordinazione tecnica, un po’ di autenticità, di onestà, qualcuno che riuscisse ad interpretare la propria realtà, una realtà che, come quella di adesso, non è che fosse brillante.

Tant’è che è un attimo che Gazzelle, al secolo Flavio Pardini, viene scambiato per uno che compone canzoni tristi, ma quelle di Gazzelle non sono canzoni tristi, sono canzoni confortanti, che è tutta un’altra cosa, è il codice che, come cantautore, ha trovato per coinvolgere il pubblico nella propria musica, per raccontarlo, non per metterlo dalla propria parte ma per far capire che lui sta dalla loro, come una controstar, esattamente l’opposto della plastificazione televisiva allegrotta che ci veniva impietosamente propinata e che non aveva, ne avrà mai nel tempo, adesso possiamo definitivamente decretarlo, alcun significato.

Il pubblico alza le braccia, rinuncia a raccontarsela, vuole affrontare, anche in musica, le proprie turbe, i propri disagi, e nessuno li canta meglio di Gazzelle; c’è qualcosa di diretto nella sua scrittura, qualcosa che fa centro, che decodifica i tuoi malumori e anche le tue reazioni, la caduta e la risalita, titolo, inizio, svolgimento e fine di un amore. Pacchetto completo. Dentro la discografia di Gazzelle ci trovi tutto ciò che ti può essere utile per affrontare i tuoi drammi ed uscirne non solo esausto dallo sfogo e capito, ma perfino in qualche modo arricchito. Attenzione, l’accordo non è “Ce l’ha fatta lui, ce la faccio pure io” ma “Ho qualcuno con cui farcela, assieme”, che è tutta un’altra cosa.

Quello dell’Olimpico infatti è come se rappresentasse un appuntamento per un’intera generazione, in uno stadio, non semplicemente per assistere ad un concerto ma per partecipare ad un concerto, una cosa che riguarda ognuno di loro da vicino, perché su quel palco quella sera ognuno ha celebrato la forza della propria storia, che poi a cantarla sia un ragazzo, un amico, Flavio, Gazzelle, è del tutto secondario; quelle loro storie, così umane, così piccole, come piccoli siamo noi, in fondo, anche quando i nostri drammi ci sembrano detonatori pronti a far esplodere l’universo, sono cantate lì, su un palco grandissimo, pieno di luci, e ci sono tutti, ci siamo tutti, siamo tutti lì, perché quel palco non tratteggia solo i lineamenti del successo di un cantautore, ma quello di tutti i ragazzi che quel cantautore con le sue canzoni ha cantato in questi anni. Il punto di arrivo di un’intera comunità.

Il palco è organizzato bene, il videowall viene pensato un po’ come le pagine di un diario di scuola che scorrono, ha quei colori lì, quella vivacità lì, quegli schizzi umorali, perfetti per accompagnare la musica di Gazzelle. Lui lassù è totalmente a proprio agio, non lascia intuire alcun tipo di emozione, non calca sull’acceleratore in quel senso, non enfatizza il fatto che in quel momento si sta materializzando un sogno più grande del suo stesso sogno, ma il tutto non con freddezza, non con la spocchia di chi sapeva di essere destinato a quella grandezza, più che altro quasi con l’educazione di uno che non vuole prendersi troppo la scena, come se il nome su quel cartellone fuori dallo Stadio Olimpico non sia il suo.

Decide di distribuire due parole qua e là, niente di politico, di volutamente spiazzante, all’affannoso inseguimento del memorabile, come succede quasi sempre, del tipo “Senti qua ora cosa ti dico…”; ma sceglie, in linea di massima, di tenersi tutto dietro gli immancabili occhiali da sole, che sono un po’ la sua maschera di Batman, quelli che da Flavio lo trasformano in Gazzelle, quelli che in qualche modo lo neutralizzano ma, invece di creare un distacco, al contrario, tipo effetto fionda, ti danno l’impressione che siate tu e lui da soli in una stanza. Si concede una sigaretta, sorseggia un gin tonic, ci trascina in un qualsiasi dei localacci della provincia italiana che ha affrontato per arrivare lì dov’è adesso. Passano gli amici, artisti come Marco Mengoni, Mara Sattei, Fulminacci, Mobrici, perfino Luciano Ligabue, che sigilla il momento ricordandogli che si tratta di una serata che segnerà un prima e un dopo, che quello è il primo passo verso qualcosa, un qualcosa che Gazzelle potrà meritarsi solo continuando a non tradire se stesso, così come fatto finora.

Ogni tanto abbassa gli occhiali per godersi lo spettacolo a colori, in fondo se lo merita, specie verso la fine, quando quegli occhiali li toglie e torna Flavio, abbracciato dalla band e dallo staff, incredulo, come risvegliato da un sogno bellissimo in cui è riuscito ad intrattenere quasi 50mila persona con la sola forza delle sue storie, ad incatenarli in una sera d’estate con le parole, non con offensivi balletti e reggaeton, non a colpi di hit sculettanti; parole che non un solo ragazzo tra parterre e tribune si perde, anzi, particolarmente vissute, ricalibrate ognuno sul proprio sentimentalismo, che poi è la sfida più ardua da vincere, tutto il resto, la visibilità, i numeri, il successo, le classifiche, sono solo un’insulsa conseguenza al confronto.

“Vita paranoia”, “Sbatti”, “Zucchero filato”, “Scintille”, “Scusa”, “Punk” (che pezzo stupendo!), “Quella te” (of course), “Destri”, con Gazzelle il pubblico riattraversa anni di musica, anni di storie personali, fino ai pezzi di “Dentro”, l’album uscito solo qualche settimana fa, ancora una volta azzeccati, come “IDEM”, “E pure…”, “Non lo dire a nessuno” e “Flavio”; per concludere poi con “Non sei tu”, che anche se lì per lì non è una canzone da gran finale (in futuro magari utilizzerà “Flavio”, che sembra fatta apposta) è effettivamente quella che ha fatto scattare la scintilla. Una scintilla che è diventata un incendio dirompente, un fuoco che ha generato una favola incredibile che, a questo punto, chissà cosa altro ci riserverà (sicuramente un tour nei palasport tra marzo e aprile nel 2024).

“Ci”, al plurale, perché Gazzelle, come icona, come cartella che contiene tutte quelle canzoni così significative per chi le ascolta, in un tempo in cui scrivere canzoni sembra solo un metodo per ottenere altro, non appartiene solo a Flavio Pardini, non appartiene solo alla Maciste Dischi, di fatto una delle più luminose realtà della discografia nostrana grazie alle orecchie d’oro di Gno Sarubbi, dal giorno 0 della sua avventura indipendente capace di individuare come nessuno musicisti in grado di provocare questi corto circuiti emozionali, basti pensare al talento smisurato di artisti del calibro di Mobrici (di gran lunga il più entusiasmante domatore di palchi italiano) o Fulminacci (il più credibile erede di quel cantautorato impegnato che tanto rimpiangiamo); no, Gazzelle appartiene a tutti coloro i quali, e sono tanti, nella sua idea di musica e di storie, si sono riconosciuti, specchiati, trovati e risolti.

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Duplice omicidio nel Napoletano, il gip convalida il fermo del suocero

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AGi – Il gip del tribunale di Napoli Nord ha convalidato il provvedimento di fermo nei confronti di Raffaele Caiazzo, 44 anni, l’uomo che ha ucciso giovedì scorso a Sant’Antimo, nel Napoletano, la nuora di 24 anni, Maria Brigida Pesacane, e il genero di 29 anni, Luigi Cammisa, convinto che tra i due ci fosse una relazione.

L’uomo resta in carcere. 

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Angelus in privato per il Papa, “costretto” dai medici al riposo

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AGI – Papa Francesco non reciterà domani in pubblico la preghiera dell’Angelus, ma solo in privato. È stato annunciato nella conferenza stampa tenuta al Gemelli. “Su indicazione dello staff medico e dell’assistente sanitario personale, e come desumibile dai normali tempi di decorso post operatorio in interventi di questo genere, Papa Francesco domani reciterà la preghiera dell’Angelus in privato, unendosi spiritualmente, con affetto e gratitudine, ai fedeli che vorranno accompagnarlo, ovunque siano”. Lo ha comunicato li direttore della Sala Stampa Vaticana, Matteo Bruni.

“Lo staff medico informa che il decorso post operatorio di Papa Francesco continua a essere regolare. Tutte le flebo sono già state sospese nei giorni scorsi e il Santo Padre si alimenta con una dieta semiliquida. È apiretico ed emodinamicamente stabile“, ha fatto sapere Bruni, “Gli esami del sangue e la radiografia del torace post operatori sono buoni. Il Santo Padre sta seguendo un’attenta convalescenza che mira al minor sforzo della parete addominale, per permettere alla rete protesica impiantata e alla riparazione della fascia muscolare di cicatrizzare in modo ottimale”.

Con l’avanzare dell’età è diventato più saggio“, ha detto ai giornalisti Sergio Alfieri, il medico che ha eseguito l’intervento di due giorni fa. A ogni modo “Alzarsi ogni volta dal letto e sedersi in poltrona mette in tensione la parete addominale. Quindi abbiamo chiesto al Papa di evitare questo sforzo”.

“A noi farebbe piacere, per essere certi che rientri a Santa Marta nelle migliori condizioni, che faccia una convalescenza di una settimana“, ha proseguito il medico, “Le cicatrizzazioni in ogni caso richiedono tre mesi per tutti. È molto importante che torni al lavoro fisicamente forte. Ma a lui puoi suggerire, perché è lui che decide. Noi gli abbiamo dato un suggerimento medico per domenica, e lui ha deciso”.

Inoltre, ha detto ancora Alfieri, “se non si fa una accurata attenzione alle cicatrizzazioni e la rete si strappa, poi bisogna riportarlo in sala operatoria. Se lui invece osserva un’attenta convalescenza non avrà fastidi. In occasione dell’altro ricovero recito’ l’Angelus, ma dopo sette giorni e non doveva tenere a riposo la parete addominale”.

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Rompe un tubo del gas e minaccia di far esplodere un condominio

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AGI – Dopo aver minacciato gli altri condomini si è chiuso in casa, ha rotto il tubo del gas rischiando di far saltare la palazzina e si è sdraiato sul letto. Per questo l’uomo, un 49enne, è stato fermato dalla polizia in via Baffigo, nel quartiere di Ostia. Sul posto sono interventi i vigili del fuoco e in un primo momento i carabinieri di Vitinia. L’uomo è stato bloccato dagli agenti nel suo appartamento e poco prima aveva lanciato anche oggetti dal balcone dell’abitazione.

È stato trasferito all’ospedale Grassi. L’uomo è indagato per tentato omicidio, porto d’armi e oggetti atti a offendere. Ha minacciato di morte i condomini, dopo aver rotto il tubo del gas rischiando di far esplodere la palazzina di 5 piani in via Baffigo, a Ostia.

Sull’uomo esisteva già un fascicolo di indagine affidato ai poliziotti del commissariato di Ostia: il 49enne infatti era già stato denunciato per minacce, oltre che da alcuni vicini, anche dall’ex compagna. “Prima o poi ti brucio” e “prima o poi ti sparo”, le frasi dell’uomo contro la ex. Per questo quando spaventati i condomini hanno chiesto aiuto alla polizia i pm hanno emesso subito il fermo. 

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Roma Pride, al via la 29esima edizione con Paola e Chiara testimonial

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AGI – Un corteo lungo e variopinto e uno slogan che scandirà la giornata. “QueeResistenza” muoverà la ventinovesima edizione del Roma Pride che partirà da Piazza della Repubblica e si snoderà per via Liberiana, piazza di Santa Maria Maggiore, via Merulana, largo Brancaccio, via dello Statuto, piazza Vittorio, via Emanuele Filiberto, viale Manzoni, via Labicana, piazza del Colosseo, via dei Fori Imperiali, largo Corrado Ricci e via dei Fori Imperiali per concludersi a piazza Madonna di Loreto. E infine il concerto al Rock di Roma, all’Ippodromo delle Capannelle.

Durante la marcia potranno esserci limitazioni o deviazioni di percorso dei mezzi pubblici e l’Atac comunicherà ogni variazione attraverso il proprio sito. 

Alla parata, preceduta dalle polemiche dei giorni scorsi per il patrocinio della Regione Lazio ritirato dal presidente Francesco Rocca, non mancherà invece il sindaco di Roma Roberto Gualtieri, insieme con altri leader politici. Europa avrà un proprio carro per sfilare. Elly Schein sarà in prima linea. Paola e Chiara saranno testimonial dell’evento con la loro canzone “Furore” che è stato scelta come inno della manifestazione lgbtqia .

Il Governatore Rocca: “Attaccato ingiustamente”

E il governatore Rocca torna sulle polemiche scoppiate intorno al gay pride. “Sono stato oggetto, in questi giorni, di attacchi che mi hanno fatto male”. Rocca scrive al Messaggero per ricordare a lettori ed elettori il suo percorso personale e politico, nel quale “ho lottato una vita contro ogni forma di discriminazione, per l’inclusione e il rispetto dei diritti, in ogni contesto e circostanza, anche quelli più delicati e difficili”. In questa circostanza, aggiunge Rocca, “sono stato anche confortato da messaggi di amicizia da parte di molti e soprattutto di chi, nella comunità LGBTQ , non si ritrova in posizioni ideologiche e di scontro, ma è capace di dialogare” ed è per questo motivo che “sono sinceramente dispiaciuto se qualcuno si è sentito sotto attacco o non rispettato” in questi giorni in cui “abbiamo toccato temi sensibili che colpiscono la vita di milioni di persone”. E se qualcuno si è sentito preso di mira, ribadisce il Governatore laziale, “questo non è mai stato il mio intento”.

Rocca ricorda invece che “nella mia vita mi sono spesso avvicinato alla sofferenza umana, anche di chi è perseguitato perché omosessuale” quindi si augura che “che noi, che viviamo in una società libera e democratica, riusciamo a essere all’altezza della nostra libertà” anche nel “prendere posizioni scomode, ma fedeli alla propria coscienza” ribadendo pertanto di essere “aperto al confronto e al dialogo con le Associazioni LGBTQ , così come con tutte le persone omosessuali e trans che in esse non si riconoscono”. Ed è per questo motivo che a coloro, “soprattutto ai giovani che nei Pride cercano un momento di espressione di identità, a chi vive con sofferenza e a chi vive con gioia la sua identità e il suo orientamento” il Governatore augura “di trovare sempre la strada per aprirsi a una corretta interlocuzione con chi appare più distante” in quanto “non c’è nulla di peggio della mancanza di parola e confronto”.

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Richard Gere pronto a testimoniare nel processo a Salvini

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AGI – “Abbiamo visto più di cento persone a bordo e mi sono vergognato che abbiamo così tanto e non siamo in grado di abbracciare questi altri esseri umani, i nostri fratelli e sorelle che erano affamati, traumatizzati. Se gli fosse stato detto che la barca sarebbe tornata in Libia, sarebbero saltati in acqua e si sarebbero annegati, e ho sentito che era nostra responsabilità portare quanta più luce possibile. Voglio dire, nell’Italia profondamente cristiana, come è potuto succedere? È criminale aiutare le persone bisognose? È stato sbalorditivo per me”.

Lo ha detto Richard Gere intervistato dal Guardian. Il 9 agosto 2019, insieme al fondatore di Open Arms, Oscar Camps, ha distribuito cibo e acqua a 147 migranti che nell’agosto del 2019 sono rimasti 19 giorni sulla nave ormeggiata davanti a Lampedusa, dopo il divieto di ingresso del governo italiano. La vicenda è al centro del processo contro Matteo Salvini, allora ministro dell’Interno, accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio, di cui ieri si è tenuta una udienza nell’aula bunker dell’Ucciardone con al centro la deposizione, quale teste, di Oscar Camps. Nella prossima udienza del 7 luglio, l’avvocato di parte civile, Arturo Salerni, ha fatto sapere che sarà chiesta la citazione dell’attore per il prossimo 15 settembre.

Richard Gere è ritenuto un testimone chiave e obiettivo delle condizioni a bordo della Open Arms. In quel periodo si trovava in vacanza in Toscana e, venuto a conoscenza della situazione, con suo figlio ha preso un volo per Lampedusa.

Racconta che un isolano lo ha riconosciuto e si è offerto di aiutarlo e si è recato con una piccola barca carica di provviste sulla Open Arms: “Mi sono presentato. Li ho presentati a mio figlio. Li ho guardati negli occhi. La maggior parte di loro non mi conosceva né sapeva chi ero. Per loro, ero solo un lavoratore che portava del cibo e faceva del suo meglio per sorridere ed essere gentile. Abbiamo portato acqua e cibo, e forse un senso di speranza. Siamo stati un’ancora di salvezza per un mondo di non tortura, di possibilità e sogni. Poi ho chiesto loro chi sono, da dove vengono. C’era una madre con le sue giovani figlie che doveva navigare tra le milizie che cercavano di raggiungere la Libia. Certo, queste ragazze erano facili prede, e lei doveva darsi a ogni confine, doveva darsi a bande di milizie, sessualmente, per proteggere le sue figlie e portare la sua famiglia nel Mediterraneo, dove ci sarebbe stata speranza e sicurezza. Ed eccola lì, a 20 miglia dalla salvezza ma incapace di raggiungere la riva”.

E conclude: “Non conosco chi è sotto processo, sono un testimone, né più né meno. E quello che ho visto posso condividerlo con il resto del mondo se mi viene chiesto”. 

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