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Un’altra barca ha rischiato di affondare per il vento sul Lago Maggiore

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AGI – Ancora una imbarcazione in difficoltà sul lago Maggiore, venerdì sera nello specchio antistante l’isola Bella e Stresa. Una squadra del Comando dei Vigili del Fuoco di Verbania è intervenuta intorno alle 21, per soccorrere una persona che con la propria imbarcazione a causa del forte vento, che in quel momento si stava abbattendo sul lago Maggiore, era finita alla deriva. I vigili del fuoco, dopo aver raggiunto l’imbarcazione e il suo conduttore hanno provveduto a trainarla e ormeggiarla al porto di Laveno. La persona soccorsa non ha subito conseguenze. 

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Gli italiani perdono 35 ore all’anno negli ingorghi stradali

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AGI – Per chi abita in città o deve andarci tutti i giorni per lavoro, gli ingorghi e le code in cui si resta imbottigliati sono così comuni che ogni automobilista può capire bene la frustrazione che provocano.

Ma il fatto che un intoppo stradale sia un evento quasi quotidiano, non significa che gli automobilisti non possano attuare una serie di misure per migliorare il flusso del traffico e la propria sicurezza.

Secondo i dati forniti da Parclick.it, una delle principali piattaforme di prenotazione di parcheggi online in Europa, gli italiani perdono in media 35 ore all’anno a causa degli ingorghi, cifra che si triplica, arrivando a 110 ore, se si vive a Roma, Napoli, Palermo.

Tra le città italiane più congestionate, con circa 75 ore all’anno perse nel traffico ci sono Torino, Milano, Firenze, Genova e Bari.

D’altra parte, per gli italiani il traffico è il secondo motivo di preoccupazione per quanto riguarda la mobilità, dopo l’inquinamento atmosferico e prima della difficoltà di trovare parcheggio.

Oltre all’enorme perdita di tempo che comportano, gli ingorghi hanno un’altra cosa che li rende insopportabili: tirano fuori il peggio delle persone. Invece di comportarsi in modo civile e calmo per risolvere la situazione il più rapidamente possibile, spesso si commettono una serie di errori “evitabili” che possono mettere a rischio se stessi e la propria auto e contribuire a prolungare la congestione. Ecco alcune regole da tenere sempre a mente

  • La distanza di sicurezza è sempre importante. Quasi tutti sono consapevoli dell’importanza di mantenere una distanza di sicurezza mentre guidano normalmente, ma non è lo stesso negli ingorghi. Non appena il traffico inizia a rallentare, i veicoli tendono ad avvicinarsi il più possibile, aumentando notevolmente il rischio di tamponamenti, che sono gli incidenti più comuni in queste situazioni.
  • Accelerazione e frenata. Facendo riferimento a quanto detto prima, la guida con accelerate e frenate brusche facilita la collisione tra i veicoli, mentre una guida fluida e tranquilla è più sicura e scorrevole. Non si arriva più velocemente a destinazione percorrendo gli stessi metri se poi il traffico si ferma: si allunga semplicemente il tempo di sosta e si accorcia quello di movimento. In questo modo il consumo di carburante aumenterà, così come l’inquinamento e le pastiglie dei freni si consumeranno più rapidamente. 
  • Non dimenticare le frecce. Nelle code, dopo essere rimasti a lungo fermi o essere andati a velocità molto basse, i conducenti tendono a distrarsi o a essere troppo sicuri di sé eseguendo così manovre senza segnalarle. L’uso delle frecce è essenziale affinché gli altri conducenti sappiano cosa si sta per fare e possano agire di conseguenza. 
  • Cambio di corsia. In un ingorgo, molti automobilisti hanno la percezione che una corsia sia sempre più avanti delle altre e non sia mai quella in cui si trovano loro. Cambiare continuamente corsia però rallenta ulteriormente il traffico già lento, fa innervosire gli altri automobilisti e aumenta le possibilità di incidenti. Affinché un ingorgo si concluda rapidamente e il traffico possa scorrere, è necessario che tutti i veicoli rimangano nella propria corsia fino al momento di cambiare strada e uscire. 
  • Tutti vogliono arrivare per primi. Avere fretta di arrivare a destinazione e imbattersi in un ingorgo, soprattutto nel caso di un’emergenza, è estremamente frustrante. Purtroppo l’ingorgo è un evento imprevedibile durante il quale non possiamo far altro che essere pazienti. La fretta, il nervosismo e lo stress non fanno scorrere il traffico. Lo fanno la calma, la prudenza e la guida responsabile. 
  • Curare la meccanica del proprio veicolo. Se non viene utilizzata correttamente, la meccanica del veicolo ne risente; negli ingorghi, ad esempio, la frizione è di solito la parte più danneggiata. Poiché si parte e ci si ferma ogni pochi metri, è frequente lasciare continuamente il piede sulla frizione mentre la prima marcia è inserita. Questo danneggia il meccanismo e ne riduce la durata. È meglio innestare la marcia solo quando si parte e rimanere in folle con il freno premuto quando ci si ferma. 
  • Restare calmi. Gli ingorghi stradali riescono a far saltare i nervi anche alle persone più calme. Tra la fretta e l’impotenza causata dal vedere gli altri automobilisti commettere tutti gli errori sopra citati, e anche peggiori, come chi passa sulla corsia di sorpasso, è normale finire per sentirsi frustrati. Ma bisogna mantenere la calma: quando un automobilista è nervoso e irritato, è più probabile che commetta errori gravi e che perda più facilmente la concentrazione. Un podcast interessante, un audiolibro o una playlist con la musica preferita possono trasformare la situazione di blocco nel traffico in un momento di pace e tranquillità con se stessi. 
  • La prevenzione è fondamentale. È sempre meglio prevenire il problema che doverlo affrontare, in ogni ambito. Ecco perché i professionisti di Parclick.it insistono sull’importanza di mettere in atto alcune strategie preventive nella routine quotidiana degli automobilisti per evitare il più possibile i fastidiosi ingorghi considerando percorsi alternativi, parcheggio e trasporto pubblico, uscite di casa in anticipo, condivisione dell’auto. 

 

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Il sogno e la tragedia dei ‘sommersi’ di Palermo vivono nel teatro di Franco Scaldati

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AGI – “Scaldati era Kurosawa, Fellini, Bunuel, e i fumetti di Alan Ford: era l’anima sognante e tragica di Palermo”. Melino Imparato è l’erede di Franco Scaldati, il drammaturgo, poeta e attore siciliano che Palermo sembra aver dimenticato a dieci anni dalla scomparsa. “Scaldati era mio amico, un mio fratello, il mio maestro”, dice all’AGI Imparato, che porta avanti con la propria compagna il progetto teatrale del grande drammaturgo siciliano, raccogliendone il testamento spirituale e artistico.

“In realtà – sottolinea Imparato – questo testamento lo dovrebbe raccogliere Palermo, ma purtroppo della grandezza di Scaldati Palermo non si è accorta neanche quando lui era vivo. Noi cerchiamo di portare avanti un compito difficile, che già per lui era difficile. Al funerale di Scaldati, il 2 giugno del 2013, l’allora assessore Giambrone disse che Palermo aveva un debito con Scaldati, e questo debito non è mai stato saldato. Oggi bisognerebbe farlo, e con gli interessi. Bisognerebbe mettere a punto un progetto complessivo sulla figura di Scaldati”.

Nato a Montelepre, un paesino alle porte di Palermo, Scaldati si trasferisce ben presto in città con la famiglia; qui intraprende gli studi, che lascia prima di conseguire la licenza elementare. A soli dodici anni – si legge in una biografia sul sito della Fondazione Cini, che ha acquisito l’archivio del drammaturgo – inizia a lavorare in una sartoria frequentata da attori teatrali; questa sua professione sarà all’origine del soprannome “il Sarto”, e si rivelerà fondamentale per lo sviluppo del suo interesse per il teatro e per la professione dell’attore.

Nel 1964 entra nella compagnia di Nino Drago e debutta come co-protagonista in Ricorda con rabbia di John Osborne; in questo periodo e per quattro anni sul palcoscenico del Teatro Bunker rappresenta testi di Samuel Beckett, Eduardo De Filippo, Dario Fo e Luigi Pirandello, ed entra in contatto con alcuni degli interpreti che gli resteranno accanto a lungo: Gaspare Cucinella, Melino Imparato, Ninni Truden, cui poi si aggiungono successivamente, tra gli altri, Gigi Burruano, Fabio Cangialosi, Toti Giambertone, i fratelli La Bruna, Rory Quattrocchi, i fratelli Spicuzza, Tobia Vaccaro. Nel 1974, insieme allo stesso Nino Drago, fonda il Piccolo Teatro di Palermo. Nel 1975, all’indomani della prima rappresentazione di Il pozzo dei pazzi, fonda la storica Compagnia del Sarto, che resta attiva tra gli anni Settanta e Ottanta.

Nel 1984 recita a fianco di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia nel film Kaos, diretto dai fratelli Taviani. In questo periodo mette in scena alcuni tra i suoi più noti testi teatrali, tra cui Il cavaliere Sole (1979), La guardiana dell’acqua (1981), Indovina ventura (1983), Assassina (1984): sono alcuni dei suoi capolavori insieme a Il pozzo dei pazzi, La guardiana dell’acqua, Occhi. “Vorrei essere – spiegò al regista e amico Franco Maresco, secondo quanto e’ riportato dalla studiosa Viviana Raciti in ‘L’immaginario devoto tra mafie e antimafia’, (Viella editrice) – la spina nel fianco del teatro italiano, solo che gli altri se ne fregano; il mio è un teatro che parla di cose vere, di emozioni vere e si pone continuamente il problema del perché fare teatro, perché esserci, porsi il problema per chi fare teatro. Il nostro è un teatro che è portatore di poesia, una poesia violenta nel senso che si chiede continuamente che cosa fare, e chiede implicitamente un cammino verso un rapporto più solidale fra gli uomini, e che non si guarda allo specchio, che non si appaga di sé stesso”.

Proprio quando il successo arriva sulla scena nazionale Scaldati lascia, per fondare, nella Palermo più profonda, un laboratorio teatrale nel quartiere popolare dell’Albergheria. “Raccontando, dunque assumendosi il ruolo di portavoce di un’intera comunità vessata – spiega ancora Raciti, che ha curato la sistemazione dell’archivio del drammaturgo per la Fondazione Cini – il teatro di Franco Scaldati dona dignità di parola ai vinti, agli ultimi. Il suo teatro serve perché’ ci si possa affrancare da quella condizione di miseria, da quello sgomento culturale, sociale e identitario nel quale Palermo vive da tempo”.

“Ancora oggi – dice Imparato – le sue opere sono seguite dal pubblico, sebbene quella Palermo non esista più: era una Palermo santa e tragica, mentre oggi, che ha perso la sua anima più vera, assomiglia ad altre città del mondo, a Helsinki o a Londra. Palermo era una metafora, attraverso cui Scaldati raccontava l’umanità, la violenza, la bellezza e la bruttezza, il mondo fantastico e surreale“.

I personaggi di Scaldati, che inevitabilmente si serviva del dialetto, sono spesso le ‘ombre’ delle città: strozzini, prostitute, confidenti di polizia, piccoli criminali, manovalanza della mafia che il drammaturgo in qualche modo ‘protegge’ perché’ sa che sono anche loro vittime, sommersi e non salvati. Le stragi del 1992 e l’omicidio di don Pino Puglisi a Brancaccio segnano anche per lui uno spartiacque, con cui fare i conti: “A quest’ora – recita il testo ne ‘Il ventre di Palermo. Sulle tracce di Falcone e Borsellino’ – i signorini escono belli imbellettati. Alla vista di quali occhi succede il fatto? Lì intorno nessuno c’era, interessato alla cosa, ma l’anima dello spione si confonde nella penombra. Privo di luce un occhio vede non visto. La mano s’alza con un gesto rituale. Una goccia di fuoco lacera la cupa ombra. Il colpo della pistola fu un lampo di sangue. Il leone ghiaccia, le mosche in aria si fermavano pure l’orchestra degli angeli ammutolì. Fu il suo cuore la tana di un suo astro arcano. All’imbrunire di nascosto si incontrano i fidanzati. Inizia una cosa e un’altra muore”.

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La mamma di Impagnatiello: “Mio figlio è un mostro”

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AGI – “Non oso immaginare i familiari di Giulia. Non lo voglio immaginare… La mamma Loredana è una persona fantastica. Alessandro è un mostro, lo so. Io le chiedo perdono, da madre, ma non so cosa fare. Io le chiedo perdono per aver fatto un figlio così, io chiedo perdono a tutta la famiglia”. Alle telecamere de La Vita in Diretta, il programma di Rai1 condotto da Alberto Matano, parla tra le lacrime la mamma di Alessandro Impagnatiello, l’uomo accusato di aver ucciso Giulia Tramontano, incinta di 7 mesi di suo figlio.

“Ale non era così credetemi. Non lo so cos’è successo. Io non ci credo ancora, non ci credo. Ho sempre creduto ad Alessandro, perché lui era molto credibile. Io gli dicevo ‘Ale, tu mi devi dire qualcosa?’, eravamo io e lui da soli, ‘Mi devi dire qualcosa, Ale?’. Lui mi diceva ‘No, non ti devo dire niente… Mamma tu fidati di me’ ha detto, ‘dovete fidarvi di me, voi dovete fidarvi’. Come faccio a non credere? Anche perché Ale era cosi’, ecco perché mi fidavo. Come fai, uno che ti dice così e poi sai che è tuo figlio. È un mostro e lo ripeterò sempre, lui è un mostro… È sempre stato una persona educata, lui poi nascondeva ma noi non lo sapevamo, se lui aveva una doppia personalità noi non lo sapevamo”.

La madre di Impagnatiello parla anche del momento in cui ha cominciato ad avere sospetti sul figlio, rivelando che è stato “quando la scientifica non lo rilasciava, che rilevavano delle cose nella macchina. Ho detto ‘c’è qualcosa di strano’. E dicevo all’altro mio figlio ‘qua c’è qualcosa di strano’ però speravo sempre che non era così. Giulia non esce fuori. Come mai Giulia non esce fuori?‘ E continuavo a dire ‘speriamo che non sia come penso’. Allora l’altro mio figlio mi tranquillizzava e diceva ‘ma no, mamma, ma perché, Ale lo vedi è molto sincero, non lo vedi? Non ci credo’ diceva, ‘non ci credo che Ale… no'”.

Alla domanda sul perché il figlio abbia ucciso Giulia e suo nipote, la donna risponde: “È impazzito, è impazzito. Non lo so, lui ha due personalità, per me ha due personalità. Non so che motivazione dare, è un’altra persona, non ci crediamo, non ci crediamo perché per me ha doppia personalità. Alessandro in un modo e Alessandro in un altro. E Alessandro che conosciamo noi è una persona bella, il mostro che era è quella persona che era dentro. E l’ha tirata fuori l’altra sera. Non l’ho più rivisto e forse non lo voglio più vedere. Come faccio a vederlo? Non lo so se andrò mai, gli porto la roba, quello sì, ma a oggi io non andro’ a trovarlo, oggi come oggi non andrò a trovarlo”.

Nessun perdono, dice la mamma di Impagnatiello

“No, come fai a perdonare? Alessandro poi era, quello sì, ma è imperdonabile. Perché l’hai fatto? Non dovevi farlo, non dovevi farlo Alessandro. Hai rovinato la vita di tutti”. L’intervista si chiude con un appello. “Alessandro, ti prego, dì tutta la verità, ormai non puoi scappare da nulla. Hai rovinato tutti quanti, tutti, devi dire tutta la verità, perché lo meritiamo tutti. Giulia compresa, con Thiago, soprattutto Thiago. Tuo figlio, che non vedrai mai più, non ci sarà mai più, e non vedrai mai più Giulia perché quello che fai fatto, hai fatto schifo. Sei un mostro. Purtroppo sei un mostro. È la verità, è tua mamma che te lo sta dicendo. Sei un mostro”. 

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Dai guanti ai messaggi, i tanti passi falsi dell’assassino di Giulia Tramontano [video]

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AGI – Se alla fine del lungo interrogatorio è stato lo stesso Alessandro Impagnatiello a confessare l’omicidio della compagna Giulia Tramontano incinta di 7 mesi, è stata una lunga serie di errori commessi e le tante contraddizioni che ha portato subito gli investigatori a lui.

Ecco i più significativi messi in luce dallo stesso decreto di fermo.

Il primo racconto

Impagnatiello fornisce una versione dei fatti da subito traballante tanto che la Pm Alessia Menegazzo premette: “Il racconto dell’indagato, già prima facie, non appariva credibile, in quanto caratterizzato da numerose contraddizioni, e sarà in seguito smentito dai successivi accertamenti”.

Il forte odore di benzina

Subito dopo la denuncia di scomparsa, i carabinieri vanno a casa della vittima e del compagno “e in quella occasione hanno constatato che l’autovettura in uso (a Impagnatello ndr) emanava un forte odore di benzina proveniente dal bagagliaio. A dire dell’indagato, tale odore era dovuto allo sversamento del combustibile contenuto in una bottiglia in precedenza utilizzata per il rabbocco del suo ciclomotore e non più presente perché smaltita. Inoltre anche all’interno dell’abitazione gli operanti riscontravano un persistente odore di benzina proveniente dallo zaino“.

I guanti in lattice

Sempre nello zaino “venivano rinvenuto guanti in lattice blu, che l’Impagnatiello riferiva essersi procurato per lavare i piatti a mano in quanto la lavastoviglie era rotta. I guanti erano stati altresì notati qualche ora prima… dall’amante… nel pomeriggio del 28 maggio fuoriuscire dallo zaino”.

I messaggi e le telefonate

L’amante di Impagnatiello riceve dei messaggi dal cellulare di Giulia Tramontano che le scrive di non essere stata “sincera – racconta la donna – e di lasciarla in pace e che voleva tornarsene a casa (penso intendesse a Napoli). Dopo di che Giulia non mi ha più risposto a nessun messaggio in chat e ho provato a contattarla telefonicamente ma senza ricevere risposta in quanto mi rispondeva la segreteria telefonica”.

La donna chiama quindi Alessandro che le dice prima che Giulia è a letto a dormire, poi, alla richiesta di inquadrarla con la telecamera del telefono, cambia versione “asserendo che Giulia non è in casa in quanto avrebbe passato la notte da un’amica e che in quel momento stesse dormendo”.

Quando l’amante gli chiede come facesse a sapere che dormiva visto che non era in casa la risposta è stata “che era solita addormentarsi presto”. “È evidente il cambio di registro utilizzato da Giulia nei messaggi rispetto al tenore della conversazione avuta poco prima (con l’amante del compagno ndr) – scrive la Pm – ed è verosimile che l’autrice di questi messaggi non sia Giulia ma Impagnatiello, anche in virtù del fatto che nel testo viene accennata alla volontà di Giulia di tornare a casa sua, evidentemente al fine di precostituire la giustificazione dell’allontanamento”.

Le telecamere

Le videocamere vicine all’abitazione della vittima mostrano diversi movimenti, nella notte della scomparsa, dello stesso Impagnatiello. “Dalle prime informazioni e dal loro raffronto con i filmati – spiega ancora la pm – sono emerse forti contraddizioni tra la realtà dei fatti e il racconto fornito dall’indagato in sede di denuncia. L’indagato ha invero cambiato più volte versione circa la presenza di Giulia in casa il 27 maggio, smentendosi da solo circa il motivo dell’assenza della compagna da casa”.

Le ricerche sui siti

Impagnatiello è particolarmente attivo in quello ore sui motori di ricerca. Si informa tra l’altro su “rimuovere macchie sudore”, “rimuovere macchie candeggina”, “rimuovere macchie d’olio”, “rimuovere macchie di ruggine”, “rimuovere macchie di sangue“, “rimuovere macchie d’erba” proprio mentre gli investigatori facevano rilievi sulla sua auto e ancora, “ceramica bruciata vasca da bagno”, e infatti in un primo momento aveva cercato di dar fuoco al corpo della vittima proprio nella vasca da bagno.

“Anche le ricerche successive – scrive ancora la pm – evidenziano la costante attenzione dell’indagato per la vicenda, verosimilmente al fine di monitorare gli esiti delle indagini”. “Da ciò si desume come l’indagato, dopo aver ucciso la compagna e il bambino che ella portava in grembo, abbia quindi cercato di eliminare le tracce dell’omicidio appena commesso. Tale elemento si unisce alle immagini estrapolate dai filmati di sorveglianza, che mostrano l’indagato mentre porta un sacchetto con un cumulo compatibile con un mucchio di vestiti”.

La cenere

Secondo la testimonianza di una vicina di casa, il pomeriggio del 28 maggio, c’era “una quantità ingente di cenere proveniente dalla porta d’ingresso dell’appartamento dell’Impagnatiello, a continuare sulle scale del condominio sino al box auto dello stesso, in quantità tale da far pensare a una grigliata, sebbene, come da ella riferito quel giorno non aveva sentito alcun odore di barbecue”. Impagnatiello infatti aveva bruciato alcuni oggetti sporchi di sangue per far sparire le tracce. 

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Incendio in un palazzo a Colli Aniene a Roma, un morto e tre feriti gravi [video]

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AGI – Una persona è morta nell’incendio che nel primo pomeriggio si è sviluppato in una palazzina in ristrutturazione in via Edoardo D’Onofrio, a Colli Aniene, a Roma. 

Almeno sette persone sono rimaste ferite – tre in modo grave – e 10 intossicate. Sono state trasportate dal 118 all’ospedale Sant’Eugenio e al Policlinico Umberto Primo.

Voglio uscire da casa” urlavano i residenti della palazzina andata a fuoco. “Chiamate i vigili del fuoco, uscite, uscite”, rispondevano alcune persone in strada. Nelle immagini intenso fumo nero che fuoriesce dal palazzo. 

Si tratta di un edificio sul quale si stanno svoglendo lavori di ristrutturazione. Le fiamme hanno coinvolto circa 7 piani. Alcune persone portate in salvo dai vigili del fuoco hanno complicazioni respiratorie per via del fumo. Altre sono al vaglio dei sanitari. Sul posto anche la polizia.

#Roma, dalle 13:50 sei squadre di #vigilidelfuoco al lavoro in zona Colli Aniene: le fiamme hanno coinvolto i ponteggi di un cantiere di un edificio di 8 piani. L’#incendio ha raggiunto il 7º piano, operazioni in corso [#2giugno 15:00] pic.twitter.com/tlagc1nowU

— Vigili del Fuoco (@vigilidelfuoco)
June 2, 2023

 

 

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Mettere un radiocollare agli orsi in Trentino sarebbe inutile

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AGI – Nessun orso in Trentino è munito di radiocollare. È quanto emerge dal rapporto periodico del mese di aprile 2023 sui grandi carnivori presenti nella Provincia di Trento. Nel rapporto vengono elencati e descritti gli avvistamenti degli orsi e al primo posto c’è quanto accaduto nel pomeriggio del 5 aprile nei boschi di Caldes dove Andrea Papi ha perso la vita a seguito di un attacco dell’orsa ‘Jj4’.

Viene spiegato anche il rinvenimento della carcassa dell’orso M62 il 30 aprile sulle Dolomiti del Brenta da parte di alcuni escursionisti. Secondo i forestali trentini il radiocollare “è uno strumento impiegato per il monitoraggio degli esemplari problematici e non e’ in grado di ridurre il rischio”. 

Il radiocollare è uno strumento che alcune correnti di pensiero considerano obsoleto per diversi aspetti sia legati alla salute dell’orso che alla trasmissione dei dati quindi alla sua reale posizione. L’utilizzo del collare presenta criticità.

Gli orsi, a differenza di altri animali non hanno praticamente il collo e poi sono soggetti a sensibili variazioni di peso prima e dopo il letargo, e per questa ragione il radiocollare non può essere applicato al risveglio, quando i plantigradi pesano molto meno.

La successiva crescita nel corso della primavera e dell’estate rischierebbero di strozzare l’orso. Al tempo stesso, se indossato quando l’orso è all’apice del peso il rischio è che in inverno si sfili agilmente, ipotesi che secondo i forestali trentini si verifica nel 20-25% dei casi.

C’è anche un motivo di insofferenza da parte degli esemplari che grattandosi per ore oppure strofinandosi contro i tronchi danneggiano il dispositivo. C’è poi un aspetto tecnologico. Le batterie hanno una durata limitata e l’animale andrebbe periodicamente ricatturato per la sostituzione del radiocollare.

Infine, considerando che il segnale è inviato tramite schede Sim, in molti versanti delle montagne trentine non sono coperte. Ad esempio, sul monte Peller dove si trova il maggior numero di esemplari non c’è ‘coperturà.

Nel rapporto ‘grandi carnivori’ della Provincia Autonoma di Trento si legge che gli avvistamenti di orsi, anche di orse accompagnate da cuccioli, sono stati diversi ma solo nel Trentino occidentale e che quelli segnalati dopo la tragedia di Caldes nel Trentino orientale “sono ascrivibili a fake news o ad avvistamenti di altre specie animali”.

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Caccia a un 23enne per l’omicidio di un ragazzo di 18 anni a Reggio Emilia

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AGI – È un tunisino di 23 anni il sospettato per l’omicidio di un 18enne avvenuto la notte del 31 Maggio nella Stazione storica di Piazzale Marconi a Reggio Emilia. A individuarlo sono state le indagini svolte dai carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale e dagli Agenti della Squadra Mobile della Questura di Reggio Emilia, coordinati dalla Procura della Repubblica diretta dal Procuratore Calogero Gaetano Paci.

Alle 3 di notte del 31 maggio scorso un cittadino aveva segnalato la presenza di un giovane riverso a terra sulla banchina adiacente i binari della stazione ferroviaria. Giunti sul posto, i carabinieri della sezione Radiomobile di Corso Cairoli hanno constatato insieme al personale sanitario il decesso di Thabet Mohamed Ali.

Sul posto sono stato identificati tre ragazzi, che hanno raccontato quanto era accaduto: un ragazzo extracomunitario che non conoscevano, dopo un litigio con la giovane vittima, aveva estratto un coltello e sferrato un fendente tra il collo e la clavicola del lato destro del corpo del diciottenne, e poi era fuggito.

È cominciata la caccia all’uomo, coordinata dal pm Giulia Galfano, e intanto sono state controllate le immagini riprese dalle telecamere di videosorveglianza nell’area. Testimonianze e immagini hanno permesso di inviduare il sospettato, nei confronti del quale è stato emesso un fermo. La ricerca dell’uomo, affermano gli investigatori, prosegue e “si sta progressivamente stringendo il cerchio attorno al fuggiasco”. 

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Oggi l’autopsia sul corpo della ragazza morta facendo rafting

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AGI – Sarà eseguita nel primo pomeriggio l’autopsia sul corpo di Denise Galatà, la studentessa morta mentre faceva rafting sul fiume Lao. Lo ha disposto la Procura di Castrovillari che ha aperto un fascicolo sulla morte della diciottenne reggina.

Nella giornata di ieri sono stati notificati dieci avvisi di garanzia. Sul registro degli indagati sono finiti il sindaco di Laino Borgo Mariangelina Russo; Giuseppe Cosenza, presidente del Consiglio direttivo “A.S.D. Canoa Club Lao Pollino”; Riccardo D’Onofrio, vicepresidente del Consiglio “A.S.D. Canoa Club Lao Pollino”; le guide Raffaele Cosenza, Luigi Cosenza, Giampiero Bellavita, Gabriel Alacom Correa, Raffaele De Mare, Francesco De Stefano, Camila Andrea Ortegallancafilo.

La Procura ha disposto, inoltre, il sequestro della “Pollino Rafting”, la società che ha organizzato le escursioni. La giovane, che il prossimo ottobre avrebbe compiuto 19 anni, era originaria di Rizziconi, in provincia di Reggio Calabria, e frequentava il liceo di Polistena.

Da alcuni giorni si trovava sul Pollino in gita scolastica e martedì mattina stava facendo rafting sul fiume Lao insieme a una trentina di ragazzi tra i quali i suoi compagni di classe e alcuni professori.

Secondo una prima ricostruzione, il gommone sul quale si trovava la ragazza si è ribaltato e la giovane è caduta in acqua. Da quel momento di lei si sono perse le tracce. Dopo intense ricerche il suo corpo senza vita è stato recuperato il giorno dopo. 

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Ora il fidanzato di Giulia Tramontano minaccia di uccidersi [video]

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AGI – Ha ribadito la sua confessione negando però la premeditazione, Alessandro Impagnatiello, il barman che ha ucciso la sua fidanzata incinta di 7 mesi.

Lo ha confermato il suo avvocato Sebastiano Sartori, al termine dell’interrogatorio di convalida: “Ha confermato tutto quello che ha detto l’altra notte, tranne aggiungere dei particolari che riguardano l’ultima fase” del delitto.  Alla domanda se chiederà di trasferire Impagnatiello in una struttura sanitaria, l’avvocato Sartori ha risposto: “No, può rimanere in carcere”.

Non c’e’ preoccupazione sul fatto che il suo assistito possa rischiare la vita in prigione: “Sono sereno, sono bravi e hanno trovato credo una giusta soluzione”. Infine sulla possibilità di chiedere una consulenza psichiatrica, il legale ha concluso: “Vedremo, io come difensore devo approfondire alcuni aspetti”.

“L’unica forma di pentimento che lui ritiene abbia un senso in questo momento è quella eventualmente di togliersi la vita“, avrebbe inoltre affermato l’omicida secondo quanto riferito dal suo avvocato. Non solo, ma il barman ha inoltre fatto sapere di aver fatto “tutto da solo”, senza quindi l’aiuto di complici. 

Alla domanda se chiedera’ di trasferire Impagnatiello in una struttura sanitaria, l’avvocato Sartori ha risposto: “No, puo’ rimanere in carcere”. Non c’e’ preoccupazione sul fatto che il suo assistito possa rischiare la vita in carcere: “Sono sereno, sono bravi e hanno trovato credo una giusta soluzione”. Infine sulla possibilita’ di chiedere una consulenza psichiatrica, il legale ha concluso: “Vedremo, io come difensore devo approfondire alcuni aspetti”.

Si arricchisce quindi di particolari l’agghiacciante fatto di cronaca che vede vittima Giulia Tramontano,  la 29enne incinta al settimo mese, il cui cadavere è stato ritrovato dopo cinque giorni dalla sua scomparsa.

È stato proprio il fidanzato Alessandro Impagnatiello, a far trovare il corpo della donna indicando agli inquirenti il luogo dove lo aveva nascosto. “L’ho uccisa io“, ha confessato il barman 30enne durante l’interrogatorio alla caserma di Senago. 

Uccisa a coltellate

Secondo un primo esame l’ha prima accoltellata, uccidendola, e dopo ha cercato di bruciare invano il suo cadavere. Per disfarsi della donna, il 30enne ha avvolto il corpo con sacchi di plastica e alcuni teli che aveva in casa.

 

Dall’appartamento lo ha trascinato passando anche sulle scale della palazzina fino alla sua macchina. In seguito ha abbandonato il corpo in un’intercapedine di un box di una palazzina in via Monte Rosa, a circa mezzo chilometro da casa.

La sorella: “Siamo morti anche noi”

 “Noi saremo sempre quel fiore appoggiato alla tua spalla. Vi sorreggeremo entrambi, saremo come nuvole e guarderemo sempre in alto. Io vorrei urlarlo al mondo come mi sento, ma le parole mi muoiono in gola”. Inizia cosi’ il drammatico addio di Chiara Tramontano, sorella di Giulia, la donna 29enne uccisa nel Milanese mentre era incinta al settimo mese, affidato a un post su Instagram.

“Perché – scrive Chiara – io sono morta lentamente in questi cinque giorni. Noi siamo morti. Perché tu non sia mai sola. Siamo venuti con te, per poterlo cullare, abbracciare, toccare. Perché volevo essere la zia più brava di sempre, se me lo avessero concesso. Noi avremmo voluto fare di più per portarti a casa. Ti prego… dimmi: è stato abbastanza? Tu ci hai sentito? Perché noi non sentiamo più nulla”. In un’altra storia la donna ha postato un’immagine della famiglia riunita, ringraziando tutti coloro che hanno partecipato alle ricerche “dal profondo del cuore di una famiglia distrutta, di fratelli che non hanno avuto la possibilità di cullare il proprio nipote”.

Crollato dopo l’esame sulle scale del condominio

Quando ha visto gli specialisti della sezione investigazioni scientifiche dei carabinieri analizzare le scale comuni del condominio, Alessandro Impagnatiello è crollato e ha deciso di confessare l’omicidio.

Intorno alle 22, il barman 30enne, accompagnato dai militari, era rincasato brevemente per recuperare alcuni oggetti personali dall’appartamento in via Novella messo sotto sequestro dagli inquirenti.

Forse convinto di aver ripulito le tracce dell’omicidio nella casa, non è stato lo stesso per le aree comuni della palazzina dove nella notte tra sabato e domenica sarebbe passato trascinando il cadavere della fidanzata.

Già nella sua Volkswagen T-Roc nel pomeriggio di ieri le tute bianche dell’Arma avevano repertato alcune macchie di sangue. Nel lungo interrogatorio avvenuto questa notte con la pm Alessia Menegazzo e i carabinieri del nucleo investigativo Impagnatiello ha detto di aver agito da solo senza l’aiuto di complici

Fidanzato trasferito a San Vittore

Alessandro Impagnatiello è stato trasferito dalla caserma dei carabinieri di Senago nel carcere milanese di San Vittore. In corso di notifica il fermo emessa dalla pm Alessia Menegazzo in cui il barman è accusato di omicidio volontario aggravato, soppressione di cadavere e interruzione di gravidanza non consensuale

L’omicidio

Un omicidio d’impeto al culmine di una discussione dopo la 29enne aveva incontrato l’altra fidanzata del compagno. Lo scorso sabato, nonostante nutrisse già dei sospetti da aprile, Giulia ha acconsentito a incontrare quella che a suoi occhi era l’amante del futuro padre del suo bambino. Era stata l’altra donna, una collega statunitense del barman, a chiedere il faccia a faccia anche lei insospettita dai comportamenti del 30enne.

Quest’ultima dopo essere rimasta anche lei incinta di Impagnatiello aveva scelto di interrompere la gravidanza. Nell’incontro chiarificatore le due donne hanno preso coscienza delle innumerevoli bugie raccontate dal 30enne e della doppia vita che l’uomo portava avanti con loro.

 

La stessa sera Chiara sarebbe poi tornata a casa preannunciando il suo arrivo e chiedendo al compagno di “farsi trovare”. Ci sarebbe stato poi un ulteriore confronto tra Tramontato e Impagnatiello che sarebbe degenerato – secondo l’ipotesi accusatoria – nell’omicidio della donna. È stato il ritrovamento di alcune tracce biologiche, verosimilmente sangue, nell’auto di Alessandro Impagnatiello a far decidere agli inquirenti milanesi di indagare l’uomo. 

Impagnatiello provò a incontrare l’amante dopo l’omicido

Alessandro Impagnatiello ha cercato senza riuscire di incontrare la collega americana con cui aveva una relazione parallela dopo aver ucciso la compagna. Per convincerla a incontrarsi l’uomo le avrebbe detto di essere “un uomo libero” e che la 29enne se n’era andata.

Inoltre le avrebbe ribadito, mentendo, che il figlio che Tramontano portava in grembo non era suo. L’incontro non si è concretizzato perché l’americana si è spaventata.

Pm: “l’assassino mandava sms quando era già morta”

Giulia è stata uccisa tra le “19 e le 20.30” di sabato 27 maggio. Ne sono convinti gli inquirenti milanesi. “C’è stato un tentativo di sviamento quando l’indagato manda messaggi all’amica della compagna dal telefono quando la vittima era già certamente morta”, ha dichiarato la pm Alessia Menegazzo.

Giulia – come documentato da una telecamera di sorveglianza che punta sulla via in cui abitava – era ancora viva alle 19.05. 

Pm: “E’ omicidio volontario premeditato”

“L’analisi delle ricerche in rete ci ha consentito di comprendere le modalità con le quali l’indagato ha deciso di uccidere la compagna e di come di disfarsi del cadavere. Le modalità erano state pensate, studiate e organizzate. Per questo è stata contestata la premeditazione”. Lo ha detto in conferenza stampa la pm Alessia Menegazzo, titolare delle indagini dei carabinieri sull’omicidio di Giulia Tramontato

“La vicenda deve insegnare a noi donne che non bisogna mai andare all’incontro di spiegazione. È un momento da non vivere mai perché estremamente pericoloso” ha sottolineato la procuratrice aggiunta Letizia Mannella nella conferenza stampa. 

La ricerca sulla Rete per disfarsi del corpo 

Mentre aspettava che Giulia rincasasse, Impagnatiello cercava su Internet “come disfarsi di un cadavere in una vasca da bagno” e “come ripulire macchie di bruciato”. Armani: non lavorava più per noi

Armani: “Era già stato sospeso dal lavoro”

“Il signor Impagnatiello era stato sospeso dalle sue mansioni di barman presso l’Armani Hotel di Milano” si legge in una nota il Gruppo Armani ed Emaar Properties PJSC, azienda proprietaria di Armani Hotel. “Fatti del genere – ha aggiunto il Gruppo Armani – non sono tollerabili in una società civile. Episodi come questo non possono e non devono verificarsi, mai”.

La sorella Chiara:  “Grazie per aiuto, siamo distrutti”

“Grazie. Grazie di averci dato la speranza di trovarla. Grazie di averci creduto e aiutato. Grazie dal profondo del cuore di una famiglia distrutta, di fratelli che non hanno avuto la possibilità di cullare il proprio nipote. Di genitori che sono stati privati del diritto di essere tali”. Chiara Tramontano, sorella di Giulia, affida a una storia su Instagram i suoi pensieri. “La nostra famiglia sarà per sempre unita come in questa foto”, aggiunge, condividendo un’immagine che ritrae tutti insieme, sorridenti, mamma, papà e figli.

L’amante: “Alessandro mentiva a entrambe”

Con Giulia “ci siamo confidate e abbiamo convenuto che Alessandro ci avesse mentito, a entrambe”, ha detto la 23enne che aveva avuto una relazione con Impagnatiello. A insospettire che qualcosa di strano fosse successo sono stati i messaggi scambiati con Giulia dopo che quest’ultima era tornata casa a Senago. “A mio avviso mi stava scrivendo in maniera diversa”, ha messo a verbale lo scorso lunedì davanti ai carabinieri di Senago.

Quando “ci siamo incontrate” intorno alle 17 di sabato all’Armani Hotel “Giulia era convinta di voler parlare tutti e tre insieme, e di trovare una spiegazione” mentre nei messaggi ricevuti tra le 20.30 e le 21.50 “mi scriveva che lei non era stata sincera con me e di lasciarla in pace e che voleva tornarsene a casa (penso intendesse casa sua a Napoli). Dopodiché Giulia non mi ha più risposto a nessun messaggio in chat”. 

Alla domanda se chiederà di trasferire Impagnatiello in una struttura sanitaria, l’avvocato Sartori ha risposto: “No, pu’ rimanere in carcere”. Non c’e’ preoccupazione sul fatto che il suo assistito possa rischiare la vita in carcere: “Sono sereno, sono bravi e hanno trovato credo una giusta soluzione”. Infine sulla possibilità di chiedere una consulenza psichiatrica, il legale ha concluso: “Vedremo, io come difensore devo approfondire alcuni aspetti”.

 

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