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Resta in ospedale la prof accoltellata. Lo psichiatra: “Le famiglia giustificano tutto”

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AGI – “Un segnale inquietante che sarebbe colpevole sottovalutare. Qualcosa di grave sta accadendo tra i ragazzi, il mondo degli adulti deve rendersene conto“. In un’intervista a ‘la Repubblica’ lo psichiatra Massimo Ammaniti analizza il malessere di una generazione uscita con le ossa rotte dalla pandemia e che spiegherebbe l’aggressione subita dalla docente di italiano da parte dello studente di Abbiategrasso.

Per lo psichiatra si tratta di “un gesto che non va minimizzato ma da inserire in un contesto più ampio” perché “dopo la pandemia la depressione e gli stati ansiosi tra gli adolescenti sono esplosi“. A tutto ciò, secondo Ammaniti, “bisogna aggiungere la perdita di autorevolezza della scuola e famiglie che di fronte agli insuccessi dei figli colpevolizzano i professori”. Il medico sostiene che “se guardiamo alla nostra storia” c’è un salto di qualità nella violenza dei ragazzi ma diversa “se immaginiamo situazioni di tipo americano” perché “il ragazzo prima di ferire l’insegnante ha fatto uscire dalla classe i suoi coetanei. Questo ci dice che non voleva colpire per colpire ma aveva un bersaglio ben preciso, un piano premeditato, frutto probabilmente di elucubrazioni di tipo paranoico”.

Ammaniti considera che “nell’adolescenza può accadere che il piano della realtà venga stravolto dalle proprie emozioni” cosicché nella testa del ragazzo-aggressore “la professoressa è diventata la colpevole della sua infelicità”. Quanto all’autorevolezza dell’istituzione scuola, Ammaniti conclude che “né i giovani né le loro famiglie riconoscono più una funzione educativa alla scuola, i docenti vengono costantemente attaccati, il loro ruolo sociale, a cominciare dagli stipendi, è sempre più fragile” perché sono ormai tanti “i genitori aggrediscono gli insegnanti se i figli prendono un brutto voto” cosicché “in un contesto tanto svilito può dunque accadere che si sviluppi un gesto estremo” anche perché “i nostri ragazzi sono pochi, spesso figli unici, abituati ad essere al centro delle attenzioni familiari, con modelli educativi dove tutto viene giustificato. Questo produce un forte narcisismo che li porta a non saper elaborare le sconfitte e a reagire con la violenza”, appunto “come in questo caso”. 

L’accoltellamento e il disturbo paranoide

Uno studente di 16 anni ha ferito con un coltello una professoressa di 51 anni all’avambraccio in modo non grave. Il fatto è accaduto lunedì intorno alle 8.20 all’istituto secondario Alessandrini di Abbiategrasso, in provincia di Milano.

Il ragazzo, con una pistola giocattolo, aveva anche intimato ai compagni di uscire dall’aula, senza ferirne nessuno. Il 16enne non aveva né precedenti né problemi di natura psichica  All’arrivo dei Carabinieri non ha fatto resistenza lasciando la pistola sul banco, ben visibile. 

Lo studente di 16 anni che aggredito ieri la professoressa Elisabetta Condo’ all’istituto Alessandrini di Abbiategrasso (Milano) soffrirebbe di un disturbo paranoide. È questa la prima valutazione dei medici del reparto di neuropsichiatria adolescenziale dell’ospedale San Paolo di Milano dove è ricoverato dal pomeriggio lunedì. Nei suoi confronti la Procura dei Minori, diretta da Ciro Cascone, sta valutando di prendere un provvedimento formale.

Valditara: “Fatto inquietante, ma non siamo a livelli degli Usa”

Nelle scuole italiane c’è “un duplice problema: quello di un aumento del disagio psicologico degli adolescenti e quello dell’aumento degli episodi di bullismo, anche contro i professori”: a sostenerlo è il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, che in un’intervista al Corriere della Sera ha definito il ferimento della professoressa ad Abbiategrasso “un fatto particolarmente inquietante. “Ma fortunatamente non siamo a quei livelli: non vedo una diffusione di episodi simili a quelli di cui leggiamo nelle cronache dagli Stati Uniti“, ha aggiunto.

Per il ministro “l’esperienza del Covid ha contribuito a incrinare quella relazione interpersonale che è fondamentale nello sviluppo educativo”. “Si registrano dati allarmanti di minacce e persino percosse ai docenti”, ha osservato, “gli uffici scolastici regionali ci hanno comunicato che dall’inizio dell’anno scolastico ci sono stati circa cinque casi al mese. Dove vi è stata richiesta, abbiamo già provveduto a disporre la difesa legale da parte dell’avvocatura dello Stato. Tutto questo ci deve far riflettere”.

“Credo che occorra innanzitutto ricreare nelle scuole un clima di serenità”, ha concluso Valditara, “per valorizzare quella comunità educante che è impegnata ogni giorno a sostenere e sviluppare i talenti di ogni ragazzo, facendo particolare attenzione alla personalità del singolo, perché viva il suo processo di crescita senza che questo generi ansie o, peggio ancora, situazioni drammatiche. Sul tema del disagio psichico degli adolescenti soprattutto credo che debbano essere introdotte anche forme di aiuto psicologico per gli studenti che manifestino particolare disagio”. 

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Presa la banda che aveva rubato un robot medico da un milione e mezzo di euro

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AGI – È stata presa la banda che un anno aveva rubato un robot sanitario da un milione e mezzo di euro. Il macchinario era  destinato a un ospedale romano. Si trovava a bordo di un camion quando i ladri sono riusciti a trasferirlo a bordo di un altro tir per poi far perdere le proprie tracce.

Quattro le persone, tutte italiane, finite agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico su ordine del Gip del Tribunale di Tivoli.

Il robot rappresentava il massimo della tecnologia nella robotica applicata alle operazioni mediche più difficili e una nuova frontiera per la medicina. Dal momento del furto i Carabinieri della Compagnia di Tivoli hanno iniziato a ricostruire passo dopo passo ogni minuto dell’azione criminale, grazie a una raccolta minuziosa di dati provenienti dal camion ritrovato e dalle telecamere, fino a giungere arrivare ai volti di quattro soggetti.

È stata la successiva perquisizione disposta nei confronti degli indagati a fornire gli elementi d’indagine mancanti: a casa dei sospettati sono stati rinvenuti gli abiti indossati durante le fasi del furto nonché alcuni disturbatori di frequenza, jammer, non commerciabili in Italia, utilizzati per inibire la trasmissione in radio frequenza del GPS del camion all’atto del furto.

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È morto Paolo Portoghesi, il maestro del postmodernismo

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AGI –  È morto a 92 anni nella sua casa di Calcata, in provincia di Viterbo, l’architetto Paolo Portoghesi. Ne annuncia la scomparsa sui social il segretario dell’Ordine degli architetti di Roma e provincia Marco Maria Sambo. “Grazie di tutto, sei stato un grande Maestro, un riferimento assoluto. Continueremo a leggere e rileggere i tuoi meravigliosi libri di storia dell’Architettura, le tue riflessioni – scrive Sambo – il tuo sguardo brillante e profondo, sull’architettura e sulla vita, ci accompagnerà sempre”. Tra le opere realizzate da Portoghesi ‘Casa Papanice‘ nel quartiere Prati di Roma del 1966 e la Moschea del 1974. 

Maestro del postmodernismo

“L’architettura non è solo ciò che si vede, ma è anche l’allusione a qualcosa che non si vede ma che ha un valore, in gran parte nascosto”. Lo spiegava appena un anno fa agli studenti del Politecnico di Bari Paolo Portoghesi, in una delle sue ultime lectio magistralis. E convinto di un valore umano dell’architettura lo è sempre stato il teorico e docente, scomparso oggi dopo una vita all’insegna della composizione architettonica.

Proprio come il borgo dove aveva scelto di vivere da molti anni, Portoghesi sembrava distante dal grande pubblico ma aveva invece una vita intellettuale ricca e fervida, portata avanti fino all’ultimo. Noto a molti per essere stato uno dei massimi esponenti della corrente del postmodernismo, aveva mosso i primi passi nella sua Roma, laureandosi all’università La Sapienza e pubblicando, quando ancora studiava, alcuni saggi su Francesco Borromini, alla cui opera dedicherà negli anni numerosi studi.

Proprio quella Roma Barocca che lo aveva accompagnato nei primi anni di vita nel rione Pigna, all’ombra di Largo Argentina, rimarrà per Portoghesi fonte di ispirazione perenne, come lui stesso aveva più volte ricordato. Sarà però con il saggio ‘Le inibizioni dell’architettura moderna’, pubblicato nel 1976, che diventerà riferimento e sostenitore del postmodernismo in Italia.

Eletto direttore della Biennale di Venezia nel 1979, l’anno seguente darà vita all’installazione Strada Novissima, composta da venti facciate contigue e di misure differenti, realizzate da altrettanti architetti di fama internazionale. Un’iniziativa che fu considerata come il manifesto italiano dell’architettura postmoderna. Tra le sue numerose opere si ricordano casa Baldi a Roma, i giardini di Montpellier a Lattes, in Francia, il palazzo dei reali di Giordania ad Amman, le moschee di Roma e di Strasburgo.

Ma soprattutto casa Papanice, un edificio civile romano progettato nel 1967 insieme all’ingegnere Vittorio Gigliotti, considerato dagli storici di tutto il mondo uno dei simboli del postmodernismo italiano. Tanto che, in occasione dei 90 anni di Portoghesi, la facciata fu proiettata sugli edifici di cultura di quattro diversi continenti. Considerato una mente vivace e sempre in cerca di nuove intuizioni, seppe anticipare anche i temi naturalistici e legati al recupero del rapporto tra uomo e terra.

Negli ultimi venti anni, infatti, dedicò la sua attività a quella che chiamò  geoarchitettura, definendola un’architettura ‘umanistica’, in linea con la teoria della decrescita di Serge Latouche. Nel 2005 pubblicò il saggio ‘Geoarchitettura. Verso un’architettura della responsabilità’, fondando inoltre la rivista ‘Abitare la terra’.

Nel 2007 venne attivata la cattedra di Geoarchitettura presso la facoltà di Architettura de La Sapienza, della quale fu professore emerito. Secondo quanto spiegava Portoghesi, la geoarchitettura avrebbe dovuto rispettare specifici criteri fondamentali, tra i quali imparare dalla natura, apprendere dalla storia e tutelare gli equilibri naturali. Un tema sul quale, soprattutto oggi, Portoghesi avrebbe avuto ancora molto da insegnare.

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Sala ha avviato un procedimento disciplinare per la trans picchiata dai vigili

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AGI – “Ritengo sia doveroso a questo punto l’avvio del procedimento disciplinare di pertinenza dell’Amministrazione comunale, in attesa che l’Autorità Giudiziaria completi valutazioni più approfondite e intervenga con i provvedimenti di sua competenza”. Così il Sindaco di Milano Giuseppe Sala in merito alla donna transgender fermata dai vigili la settimana scorsa, con l’uso di spray al peperoncino e manganello. La decisione del sindaco arriva dopo aver approfondito l’accaduto, sia suscitato non poco scalpore, essendo stato diffuso attraverso un video sui social da un cittadino.

“Subito dopo aver visto le immagini diffuse da alcuni media – ricorda – ho dichiarato, pur senza conoscere i fatti nel dettaglio, che il comportamento di alcuni agenti della Polizia Locale appariva grave e non in linea con il modus operandi dei tanti vigili che quotidianamente si impegnano con dedizione per la nostra città. Il Comandante della Polizia Locale, Marco Ciacci, dopo aver raccolto informazioni, stamattina mi ha formalmente presentato un quadro più preciso dell’accaduto e ciò mi porta a confermare la valutazione del primo momento”. 

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‘Dragare’ i corsi d’acqua aumenta il rischio di piena

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AGI – “Nei giorni successivi a ogni evento alluvionale spunta inevitabilmente la polemica riguardante i corsi d’acqua “non puliti”: molti sono convinti che “dragarli” possa far aumentare la sezione di deflusso del corso d’acqua e migliorare l’efficienza idraulica. I corsi d’acqua sono spesso considerati come elementi territoriali scomodi, in conflitto con le esigenze di uso del suolo, particolarmente nelle aree pianeggianti e soprattutto nell’attraversamento delle aree urbanizzate”. A parlare è Fabio Luino, coordinatore nazionale Area Tematica Rischio Geo – Idrogeologico della Società Italiana di Geologia Ambientale, che sottolinea come asportare i sedimenti aumenta i rischi.

“Asportare i sedimenti, come è stato ampiamente dimostrato da studi scientifici, altera il naturale equilibrio del corso d’acqua, che nel giro di qualche anno tenderà a definire un nuovo profilo di equilibrio aumentando la propria azione erosiva sulle sponde e, se queste sono protette, asportando materiale dal fondo, determinando la scomparsa del materasso alluvionale presente e il conseguente restringimento dell’alveo stesso. Asportare i sedimenti aumenta il rischio a valle perché accelera e concentra i deflussi (che non sono mai solamente liquidi) – ha continuato Luino – accentua di conseguenza il picco di piena e la sua velocità di trasferimento verso valle”. 

“Inoltre, rende instabile l’equilibrio geomorfologico, generando un effetto domino: le costose opere di contenimento e di mitigazione dell’erosione realizzate lungo le sponde (scogliere, gabbionate, argini etc.) in molti punti perdono la propria funzionalità, essendo ormai sospese rispetto al corso d’acqua – ha aggiunto Fabio Luino – a monte, oltre all’abbassamento diretto del livello del fondo nella zona di estrazione, l’escavazione modifica il profilo longitudinale, provocando un aumento locale di pendenza che tende a migrare verso monte, creando una erosione regressiva.

Quindi possiamo affermare che asportare sedimenti dai corsi d’acqua comprometta inevitabilmente la stabilità delle opere longitudinali sulle sponde e anche quelle di attraversamento. In passato sono crollati ponti per sotto escavazione delle pile: nel 1966 (dopo pochi anni di estrazione) crollò il ponte di Romito sul Fiume Magra, nel 1993 il ponte della tangenziale di Biella sul Torrente Cervo, fenomeno avvenuto proprio a causa di anomali approfondimenti del fondo alveo (in Cervo sino a 6 metri) dovuti all’asportazione per decenni di grandi quantitativi di materiale ghiaioso-ciottoloso”.

“Inoltre, l’abbassamento dell’alveo condiziona anche l’equilibrio tra acque superficiali e acque sotterranee diminuendo il livello della falda freatica e quindi della captazione delle acque nei pozzi – ha spiegato l’esperto della Società Italiana di Geologia Ambientale – L’asportazione di inerti comporta anche effetti lungo le aree costiere marine provocando un deficit di trasporto solido che sbilancia il delicato equilibrio tra ingressione marina e ripascimento naturale delle spiagge che determina i dati ormai tristemente noti che vedono le nostre aree costiere marine per lo più soggette a erosione e arretramento”.

“Gli studi che geomorfologi fluviali, ingegneri idraulici e civili da decenni conducono sui corsi d’acqua hanno dimostrato che vi sono stati molti danni in tutti i corsi d’acqua ove le ruspe hanno depauperato il letto dei corsi d’acqua da milioni di metri cubi di pietrisco: sottraendo materiale si favorisce un’ulteriore incisione e si accresce il pericolo idraulico – ha concluso Luino – il problema della gestione degli eventi alluvionali non si risolve facendo scorrere più velocemente l’acqua nei fiumi, alzando gli argini in terra o utilizzando in cemento, per mitigare le alluvioni è necessario dissipare l’energia dei fiumi laminando le piene, rimuovere dagli alvei piante morte e i grandi alberi che possono incastrarsi sotto i ponti ostacolando il transito delle acque”. 

L’allarme di Anbi: “104 episodi alluvionali nel 2022”

Mentre in Emilia Romagna si continua a lavorare per superare l’emergenza alluvionale, l’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche illumina una verità sotto traccia, che conferma l’immagine di un’Italia alla merce’ della crisi climatica e che, accanto alle tragedie, annovera una serie impressionante di episodi, che avrebbero potuto avere ben più gravi conseguenze. Nel solo 2022, anno per altro caratterizzato da una grave insufficienza idrica soprattutto nel Nord Italia, i fenomeni alluvionali sono stati 104, cioè due alla settimana.

“E’ un dato che allarma e che dovrebbe sollecitare una grande piano di manutenzione del territorio, la più importante opera pubblica, di cui l’Italia abbisogna – sottolinea Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI) -. Per questo, rendiamo noto un elenco delle più gravi emergenze meteo registrate dall’agosto scorso, cioè dalla fine della fase più acuta della siccità”.

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Sole al mattino e temporali al pomeriggio fino al weekend 

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AGI – Prossimi giorni tra sole e temporali pomeridiani localmente anche di forte intensità su molte regioni d’Italia. La situazione sinottica è infatti ancora contraddistinta da un robusto anticiclone centrato sulle Isole Britanniche e Mediterraneo scoperto e in balia di correnti più instabili e fresche. Gli ultimi aggiornamenti del Centro Meteo Italiano non mostrano particolari stravolgimenti per i primi giorni di giugno con la Festa della Repubblica bagnata da acquazzoni e temporali di stampo pomeridiano. Sotto il profilo delle temperature l’estate inizia con valori in linea con le medie del periodo e dunque massime quasi ovunque inferiori ai 30 gradi.

Previsioni meteo per oggi

Al Nord

Al mattino innocui addensamenti su Alpi e Prealpi, sereno altrove. Al pomeriggio attese piogge e temporali sui rilievi, più asciutto sulla Pianura Padana. In serata ancora acquazzoni e temporali sui medesimi settori; variabilità asciutta altrove.

Al Centro

Al mattino tempo stabile con cieli sereni o poco nuvolosi. Al pomeriggio instabilità in aumento con acquazzoni o temporali lungo l’Appennino, asciutto altrove con cieli poco nuvolosi. In serata si rinnovano condizioni di tempo asciutto, con cieli poco o irregolarmente nuvolosi.

Al Sud e sulle Isole

Tempo stabile al mattino, con nuvolosità irregolare sulle Isole Maggiori; isolati piovaschi sulla Sardegna meridionale. Al pomeriggio attesi temporali anche intensi sulle regioni Tirreniche e su Sicilia e Sardegna. In serata ancora tempo stabile ma con molte nubi in transito. Temperature minime stazionarie o in lieve rialzo, massime stabili o in lieve diminuzione.

Previsioni meteo per domani

Al Nord

Al mattino addensamenti sul Piemonte con piogge sparse, sereno o poco nuvoloso altrove con locali piogge sulle coste del Friuli. Al pomeriggio attese piogge e temporali su Alpi e Appennini, più asciutto sulla Pianura Padana. In serata residui fenomeni sui settori alpini, variabilità asciutta altrove.

Al Centro

Al mattino locali piogge tra Abruzzo e Marche, asciutto altrove con cieli poco nuvolosi. Al pomeriggio instabilità in aumento con acquazzoni o temporali sparsi, più asciutto sui settori adriatici. In serata tempo in miglioramento con nuvolosità irregolare, salvo residue piogge tra Lazio e Abruzzo.

Al Sud e sulle Isole

Tempo locali piogge su Molise, Puglia, Basilicata e Sardegna orientale, variabilità asciutta altrove. Al pomeriggio attesi acquazzoni e temporali sparsi, più asciutto sui settori adriatici e settori orientali di Calabria e Isole Maggiori. In serata tempo in miglioramento, salvo residue piogge isolate sui settori appenninici. Temperature minime in aumento al Centro-Nord e stabili o in lieve calo al Sud e sulle Isole Maggiori, massime in generale diminuzione su tutta l’Italia. 

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Il contadino che fu registrato in tre bande partigiane in cui non era mai stato 

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AGI – Alla fine della seconda guerra mondiale il suo nome è stato inserito in ben tre bande come partigiano combattente, ma in realtà Cesare Ciammaichella fu più semplicemente una delle migliaia di vittime civili della ferocia nazista. E venne persino arbitrariamente “arruolato” come soldato all’8 settembre 1943, nonostante non avesse prestato servizio militare, né prima né durante il conflitto.

La storia del contadino di Brecciarola, nell’agro di Chieti, merita di essere raccontata, perché esemplificativa della disinvoltura con cui nel dopoguerra vennero stilate le liste delle bande per il riconoscimento dell’attività partigiana contro l’occupazione tedesca, che in Abruzzo fu particolarmente dura, considerato che per la prima volta in Italia vi furono applicate le strategie del terrore con le rappresaglie e le stragi di civili (Pietransieri, Sant’Agata di Gessopalena, Francavilla) e la tattica della terra bruciata.

Ciammaichella, classe 1903, il 7 maggio del 1944 vide arrivare nel suo casolare due soldati tedeschi, molto giovani, che reclamavano la consegna di una vacca, che lui rifiutò. I suoi fratelli, aiutati da altri contadini, lanciarono pietre all’indirizzo dei militari, che se ne andarono. Ma mentre i fratelli, per prudenza, si allontanarono dalla zona, lui non ascoltò i consigli della moglie Clara di fare altrettanto. Non aveva fatto nulla e riteneva che non avesse nulla da temere, e si attenne al detto “male non fare, paura non avere”. Invece i tedeschi tornarono, e non erano due.

Ciammaichella, tirato giù dal letto, fece appena in tempo a far mettere in salvo la famiglia, ma quando lui stesso tentò la fuga venne colpito con una fucilata e lasciato a terra per morto. Raccolto e portato in ospedale, dissero che per lui non c’era più nulla da fare, a allora lo riportarono a casa dove spirò il 9 maggio, come testimoniarono sottoscrivendo l’atto di morte n. 487 del 9 maggio alle ore 17 i testimoni Pasquale Di Muzio e Gabriele Fraticelli.

Dopo la liberazione, avvenuta nel giugno dello stesso anno, si mise in moto un meccanismo diabolico che ne fece simultaneamente un partigiano combattente nella Brigata Maiella, della Banda Palombaro e della Banda Francavilla.

Il suo nome sarà iscritto persino nel ruolino di una quarta Banda, la Fortunato proposta come attiva dall’8 settembre 1943 al 13 giugno 1944, con a capo la vedova Mafalda de Bonis riconosciuta partigiana combattente, ma che fu dichiarata inesistente persino dall’apposita Commissione: Ciammaichella sarebbe stato impegnato nell’attività partigiana come «isolato» dall’8 settembre 1943 al 9 maggio 1944.  

La Commissione regionale abruzzese per il riconoscimento della qualifica di partigiano, con verbale n. 37 del 6 dicembre 1946 (scheda n. 3414) lo dà appunto in «attività partigiana» in questo intero periodo, e alla voce località precisa: «diverse – isolato – Francavilla» (ben distante da Brecciarola). Documentalmente sancisce che è  morto il 7 maggio, due giorni prima, cioè, di aver compiuto il periodo che gli viene riconosciuto. Il giudizio della Commissione ne fa comunque un «caduto per la lotta di liberazione».

Nella Banda Francavilla avrebbe invece prestato attività partigiana fino al 7 maggio, secondo l’estratto dallo schedario. Ovviamente il suo nome non compare nell’elenco ufficiale dei caduti della Brigata Maiella (che non erano partigiani ma patrioti inseriti come soldati di fanteria da montagna nel II Corpo polacco del generale Anders) né tanto meno degli arruolati, perché non ne aveva mai fatto parte.

È di tutta evidenza che Ciammaichella, che non si era mai mosso dal suo podere, fu una delle vittime civili della guerra, e come tale era stato correttamente inserito nell’elenco fornito dal questore di Chieti il 17 aprile 1946 in risposta a precisa richiesta del ministro degli Interni Ferruccio Parri in data 17 novembre 1945, il quale chiedeva che l’inchiesta fosse «condotta con ogni scrupolo e sollecitudine» per fornire tutti i possibili nominativi. I Carabinieri altrettanto correttamente, avevano iscritto Ciammaichella nell’elenco delle vittime civili e non tra quello dei partigiani combattenti.

A Chieti, in seguito, verrà realizzata una lapide nel Sacrario monumentale, con i «nomi gloriosi / Fulgida consacrazione di italiche / partigiane virtù», dove assieme ai componenti della Banda Palombaro fucilati l’11 febbraio 1944 appare anche l’agricoltore Cesare Ciammaichella. I discendenti, e in special modo il nipote che ne perpetua il nome, chiedono ora che sia ripristinata la verità.

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Il Vaticano propone una “disintossicazione digitale”

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AGI – Siamo sempre connessi e in questo sovraccarico di stimoli è utile una “disintossicazione digitale“. È quanto sottolinea nel documento “Verso una piena presenza” del Dicastero vaticano per la Comunicazione che offre una riflessione pastorale sul coinvolgimento delle persone nei social media.

Nella nostra condizione di “sempre connessi”, siamo esposti “alla tentazione di postare all’istante, poiché siamo fisiologicamente assuefatti alla sollecitazione digitale, desiderando sempre più contenuti in uno scrolling infinito e frustrati da qualsiasi mancanza di aggiornamenti. “Una sfida cognitiva importante della cultura digitale – si legge – è la perdita della nostra capacità di pensare in modo profondo e mirato”.

“Scrutiamo la superficie e restiamo in acque poco profonde, piuttosto che ponderare le cose in profondità”. “Con questo sovraccarico di stimoli e di dati che riceviamo, il silenzio è un bene prezioso – indica il documento -, perché assicura lo spazio per la concentrazione e il discernimento. La spinta a cercare il silenzio nella cultura digitale accresce l’importanza della concentrazione e dell’ascolto. Negli ambienti educativi o lavorativi, così come nelle famiglie e nelle comunità, cresce l’esigenza di staccarsi dai dispositivi digitali”.

“Il silenzio in questo caso può essere paragonato a una ‘disintossicazione digitale’, che non è semplicemente un’astinenza, ma piuttosto un modo per entrare più profondamente in contatto con Dio e con gli altri”. 

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Non vuole mettere la museruola al cane e accoltella l’autista del bus

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AGI – Un autista di bus del comune di Trieste sarebbe stato accoltellato questo pomeriggio intorno alle 18 da una donna di origini venezuelane con cittadinanza italiana che si trovava insieme a un uomo, un cubano con permesso di soggiorno.

All’origine dell’episodio, un diverbio nato a bordo della Linea 10 del bus, fra la coppia salita con un cagnolino di razza maltese, e il controllore che ha chiesto di mettere la museruola all’animale.

L’autista è intervenuto per difendere il controllore e in quel caso avrebbe subito l’aggressione con un coltello a serramanico da parte della donna riportando comunque ferite non gravi. 

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“Da Ultimo messaggio sbagliato sulla cannabis”

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AGI –  La dichiarazione sul suo consumo personale di cannabis fatta ieri dal cantante Ultimo in un’intervista al ‘Corriere della sera’, “trasmette un messaggio sbagliato ai ragazzi” secondo Antonio Pignataro, dirigente generale della polizia di Stato e consulente del Dipartimento per le politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei ministri.

Ultimo, aggiunge Pignataro, “avrebbe il dovere morale di documentarsi in merito ai danni provocati dalla cannabis e, soprattutto, comprendere che questi messaggi sono estremamente pericolosi se trasmessi da un personaggio come lui che arriva al cuore di milioni di ragazzi e che, per tale motivo, deve lanciare messaggi costruttivi e positivi, come le sue canzoni, per poter contribuire alla loro crescita in maniera sana e costruttiva”.

Inoltre, “Ultimo, che proviene da una realtà di periferia, da una realtà difficile come San Basilio, una delle piazze di spaccio della Capitale, ha la consapevolezza della fragilità dei ragazzi e, d’altra parte, della sua capacità di influire potentemente sulla loro psiche”, osserva ancora Pignataro, che da questore di Macerata in passato aveva intrapreso un’energica azione contro la cannabis, compresa quella ‘light’, dando tra l’altro spunto alla sentenza delle sezioni unite penali della Corte di Cassazione che ha ritenuto illegale la canapa indiana a prescindere dal contenuto di principio attivo.

Il cantante ha dunque, conclude Pignataro, “la grande responsabilità di non lanciare ai suoi fans messaggi pericolosi o fuorvianti ma, al contrario, di trasmettere quegli input che possano migliorare la qualità della loro vita per non farli cadere nel tunnel della droga”.

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