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Undici militari italiani sono rimasti feriti in Kosovo. Meloni: “Inaccettabile”

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AGI –  Undici militari italiani del contingente Kfor appartenenti al nono reggimento Alpini L’Aquila sono rimasti feriti oggi pomeriggio durante le operazioni di contenimento di manifestazioni dei serbi che protestavano contro l’elezione di sindaci albanesi in aree del Paese a maggioranza serba.

I militari hanno riportato – riferisce lo Stato Maggiore della Difesa – ferite da trauma e ustioni dovute all’esplosione di dispositivi incendiari. Subito soccorsi dalle unità mediche di Kfor, sono attualmente sotto osservazione del personale sanitario che ne sta accertando le condizioni.

Il Capo di Stato Maggiore della Difesa, ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, segue l’evoluzione della situazione per il tramite del Comando Operativo di Vertice Interforze ed esprime vicinanza ai militari feriti e ai loro familiari.

Tajani: “Tre militari in condizioni serie”

“Voglio esprimere solidarietà ai militari della missione KFOR rimasti feriti in Kosovo durante gli scontri tra manifestanti serbi e polizia kosovara. Tra di loro 11 italiani di cui 3 in condizioni serie ma non in pericolo di vita. I militari continuano ad impegnarsi per la pace”, ha scritto su Twitter il ministro degli Esteri, Antonio Tajani.

La missione KFOR della Nato ha usato oggi gas lacrimogeni e bombe stordenti per disperdere i manifestanti serbi che protestavano davanti al municipio per chiedere la rimozione del nuovo sindaco di una coalizione a maggioranza albanese.

Secondo il portale Kossev, la KFOR è intervenuta quando la folla si è rifiutata, nonostante l’appello dei loro leader politici, di lasciar passare due veicoli speciali della polizia kosovara, bloccati tra i manifestanti dalla mattina.

I manifestanti chiedono il ritiro di tutta la polizia speciale nell’edificio del municipio e alcuni media affermano che si sentono degli spari.

Meloni: “Inaccettabile, non tollereremo altri attacchi alla missione KFOR”

“Quanto sta accadendo” in Kosovo “è assolutamente inaccettabile e irresponsabile. Non tollereremo ulteriori attacchi nei confronti di Kfor”. Lo afferma in una nota il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.

“È fondamentale evitare ulteriori azioni unilaterali da parte delle autorità kosovare e che tutte le parti in causa facciano immediatamente un passo indietro contribuendo all’allentamento delle tensioni”, aggiunge. “L’impegno del governo italiano per la pace e per la stabilita’ dei Balcani occidentali è massimo e continueremo a lavorare con i nostri alleati”, conclude la premier.

I serbi hanno boicottato le elezioni

I sindaci sono stati nominati in seguito alle elezioni locali organizzate dalle autorità kosovare il 23 aprile in quattro comuni a maggioranza serba, che hanno in gran parte boicottato il voto: a votare sono stati solo circa 1.500 aventi diritto, su circa 45.000 registrati.

I manifestanti chiedevano anche il ritiro delle forze speciali di polizia dispiegate nella regione da diversi giorni. La situazione molto tesa è degenerata proprio a Zvecan, dove le forze speciali hanno respinto un gruppo di manifestanti che ha cercato di entrare nel municipio. 

La polizia ha dichiarato in un comunicato di aver reagito al tentativo dei manifestanti di sfondare un cordone di polizia “usando violenza e gas lacrimogeni”. I serbi, i cui rappresentanti politici hanno abbandonato le istituzioni locali del Kosovo settentrionale a novembre in un braccio di ferro tra Belgrado e Pristina, hanno boicottato le elezioni comunali organizzate dal governo kosovaro ad aprile per porre fine a questo vuoto istituzionale.

Già venerdì si erano verificati incidenti quando questi consiglieri sono entrati in carica accompagnati dalla polizia.

La forza NATO dispiegata in Kosovo (KFOR) ha dichiarato di aver “rafforzato la sua presenza” nel nord del Paese e ha esortato Belgrado e Pristina a riprendere il dialogo condotto sotto gli auspici dell’Unione Europea per ridurre le tensioni.

 

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Pompei continua a stupire. Ritrovati scheletri e due case [VIDEO]

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AGI – Appartengono a due donne e a un bambino di tre o quattro anni i resti ossei di tre vittime dell’eruzione del Vesuvio del 79 dopo Cristo ritrovati lungo via di Nola a Pompei. La nuova campagna di scavo riguarda la Regio IX, in un’area finora inesplorata, nella quale nel 1888 fu iniziata una attività di indagine presto interrotta. Dopo più di un secolo da quel saggio, il nuovo cantiere restituisce subito le prime sorprese, due case ad atrio costruite in età Sannitica e trasformate, nel I secolo dopo Cristo, in officine produttive.

Una di queste è una fullonica, cioè una lavanderia, impiantata nell’atrio dell’abitazione al civico 2, con banconi da lavoro e vasche per il lavaggio e la tintura degli abiti e di un panificio con il forno, spazi per le macine e ambienti per la lavorazione e la creazione dei prodotti alimentari da distribuire in città. Ed è qui che sono affiorati gli scheletri di tre pompeiani che cercavano la salvezza restando sotto un tetto e invece, hanno trovato la morte nel crollo dei solai.

I resti  sono state trovati in un ambiente già perlustrato ma non nei quaranta centimetri di stratigrafia intatta nel quale erano inglobati. Gli scheletri erano sul pavimento e, oltre alle evidenze di importanti processi di assestamento post mortem, hanno una serie di traumi dovuti al crollo del solaio soprastante, i cui frammenti sono vicino alle ossa frammisti a lapilli pomicei bianchi, che caratterizzano le prime fasi dell’eruzione pliniana del 79 d.C. a Pompei.

“Questi continui ritrovamenti ci fanno capire quanto ancora c’è da svelare a Pompei – sottolinea il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano – si sta concludendo felicemente  il progetto Grande Pompei, ma abbiamo già discusso come, poi, dargli seguito. Va evitato assolutamente che il degrado possa tornare in questo luogo. Quindi, occorre assicurare finanziamenti costanti, sia per andare avanti con gli scavi, e concepire anche nuovi allestimenti museali affinché poi i reperti che vengono trovati possano trovare una loro utile collocazione per il pubblico e per i turisti. Poi dobbiamo preservare questo luogo, tenendo presente che c’è ancora molto da svelare ai nostri occhi, alla ricerca storica, alla ricerca degli archeologi e a quanti altri si vorranno misurare con Pompei”.  

“Questo scavo ha una finalità soprattutto di miglioramento delle condizioni di conservazione del sito, di riduzione dei rischi lungo il fronte di scavo – spiega il direttore del Parco Archeologico, Gabriel Zuchtriegel – ma è anche una fantastica occasione di trovare ancora nuovi dati, di applicare nuove metodologie. Il ritrovamento di tre vittime dell’eruzione ha messo insieme tutta una squadra di archeologi, antropologi, vulcanologi, sismologi, archeobotanici che lavorano insieme per cavare il massimo dei dati da questi rinvenimenti. Sono persone morte non direttamente dall’eruzione, dal flusso piroclastico, ma dal crollo degli edifici durante la prima fase dell’eruzione, quindi probabilmente a causa dei terremoti che accompagnavano l’eruzione. Voglio ringraziare il ministro che è qui e ci segue anche perché pone l’attenzione a quello che c’è oggi e anche a quello che sarà a Pompei nei prossimi cinque, dieci e oltre anni perché quella prospettiva della sostenibilità, della manutenzione programmata, dei temi che stiamo discutendo dove abbiamo l’attenzione del ministero è fondamentale proprio perché il Grande Progetto Pompei è stato un successo notevole e vogliamo andare oltre”. 

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Due 007 tra i morti del naufragio sul Lago Maggiore

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AGI – Sono tre turisti e un membro dell’equipaggio le quattro vittime del naufragio della serata di domenica sul Lago Maggiore. I sommozzatori dei vigili del fuoco hanno recuperato i corpi di due uomini e due donne, tra cui Anya Bozhkova, cittadina russa e moglie del comandante dell’imbarcazione che invece si è salvato. Le altre tre vittime sono due italiani e un israeliano.  

Tra i morti due 007

Nel naufragio hanno perso la vita anche il signor Claudio Alonzi, 62 anni, coniugato e padre di due figli e la dottoressa Tiziana Barnobi, 53 anni, coniugata e madre di un figlio ancora minorenne.

Lo rende noto il Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica, spiegando che i due dipendenti, appartenenti al Comparto intelligence, si trovavano in zona per partecipare a un incontro conviviale organizzato in occasione del festeggiamento del compleanno di uno della comitiva.

Equipaggio misto italiani e israeliani

I passeggeri a bordo dell’imbarcazione erano tutti italiani e israeliani. Non c’erano cittadini di altre nazionalità, come ipotizzato in un primo momento. Oltre ai due 007 vittime, potrebbero avere partecipato alla gita altri esponenti dei servizi segreti. Lo apprende l’AGI da fonti qualificate

Comandante sentito da pm, “È in stato di choc”

Claudio Carminati, il comandante della nave è stato sentito dagli investigatori, coordinati dal pm Massimo De Filippo. Ha “fornito la sua versione, compatibilmente con lo stato emotivo di choc in cui si trova” riferiscono fonti investigative all’AGI. Sua moglie è una delle quattro vittime.

Al momento non è indagato ma non è escluso che lo sia nelle prossime ore per consentire tutti gli accertamenti del caso in un’inchiesta che punta sull’ipotesi dell’inabissamento dovuto alle tremende condizioni meteo di ieri sera ma deve comunque valutare anche se l’imbarcazione viaggiasse in sicurezza e se il comandante abbia tempestivamente preso la via del ritorno quando è scoppiata la tempesta.

Tante le domande a cui dare una risposta. Alla Procura il compito di chiarire se la nave fosse in buono stato di manutenzione, se non c’era troppa gente a bordo, se erano presenti salvagenti o altri salvavita per un eventuale naufragio. È certo però che l‘elemento ‘meteo’ è al momento quello preponderante.

 

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Sorprende il partner con l’amante e lo accoltella

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AGI – Una donna italiana di 45 anni ha accoltellato la scorsa notte il compagno, un cittadino romeno di 35, in un’abitazione di Ventimiglia, nel ponente ligure. Secondo una prima ricostruzione dei carabinieri, l’uomo sarebbe stato sorpreso con un’altra donna.

A quel punto, la 45enne lo ha colpito con un coltello da cucina all’addome, poi ha chiamato il 112. Stabilizzato dal personale sanitario del 118 e portato in ospedale a Sanremo, dovrà essere operato. La donna è stata arrestata e accusata di tentato omicidio. 

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Gli scatti di Letizia Battaglia alle Terme di Caracalla

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AGI – Poco più di un anno dopo la scomparsa di Letizia Battaglia, due ampli spazi recuperati e restaurati all’interno delle terme di Caracalla ospitano dal 27 maggio al 27 novembre decine di immagini in bianco e nero della grande fotografa siciliana. Nota soprattutto per le crude immagini della carneficina della mafia a Palermo negli anni ’80, Battaglia ha avuto una lunghissima carriera: il primo dei 92 scatti esposti a Roma risale al 1971 e l’ultimo al 2020; oltre alle terribili immagini delle morti e dei lutti mafiosi, in mostra ci sono i contrasti della società siciliana: le feste nei castelli dell’aristocrazia e i giochi nei vicoli dei bambini delle famiglie più povere.

“Consiglio di fotografare tutto da molto vicino, a distanza di un cazzotto o di una carezza”, diceva Letizia Battaglia, un’autodidatta, come raccontano i bei cartelloni illustrativi alle Terme di Caracalla. Vi si legge anche della scelta che la fotografa fece dopo le stragi di mafia del 1992: basta Palermo, basta foto di morte e disperazione. L’ultimo scatto di quella stagione è il ritratto della vedova dell’agente della scorta di Giovanni Falcone, Vito Schifani, la giovanissima donna che 31 anni fa, durante il funerale delle vittime, commosse il mondo intero con il suo grido accorato rivolto agli assassini di Capaci.

Il titolo della mostra è “Letizia Battaglia Senza fine”. Promossa dalla Soprintendenza Speciale di Roma diretta da Daniela Porro, con l’intento di commemorare il trentesimo anniversario degli attentati a San Giovanni in Laterano e San Giorgio al Velabro, è stata organizzata da Electa in collaborazione con l’Archivio Letizia Battaglia e la Fondazione Falcone per le Arti, ed è curata da Paolo Falcone.

“Questo nuovo progetto mantiene la tradizione di comporre un’opera unica, atematica, atemporale e priva di gerarchie dove fotografie iconiche, appunti di viaggio, vita quotidiana costruiscono una narrazione aperta per conoscere e scoprire i tanti aspetti di Letizia Battaglia – ha spiegato il curatore – È una costellazione di fotografie dove amore e dolore, dolcezza e dramma, passione e impegno, raccontano momenti della nostra storia”. L’allestimento è ispirato ai cavalletti che l’architetta italo-brasiliana Lina Bo Bardi realizzò a San Paolo oltre 50 anni fa: le fotografie in grande formato sono sistemate su espositori in cristallo temperato che ne mostrano due, davanti e dietro, e sono distribuite nell’ampio spazio dei due ambienti delle Terme per la prima volta aperte al pubblico.

“La Soprintendenza ha ripristinato un ingresso originale alla palestra occidentale e nell’altra sala, con la vasca, individuato il sistema di riscaldamento e un lacerto di mosaico geometrico”, ha spiegato la direttrice delle Terme Mirella Serlorenzi. 

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La Pelosa di Stintino minacciata dall’erosione costiera

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AGI – Dalle 8 di domani sarà possibile prenotare l’accesso alla spiaggia della Pelosa di Stintino (Sassari), fra le più note della Sardegna, da qualche anno a numero chiuso dal 1 giugno al 31 ottobre per preservarne la bellezza. Saranno disponibili a numero chiuso che possono essere prenotati senza limiti di tempo, mentre un ulteriore lotto di 750 posti sarà prenotabile non prima di 48 ore prima della data di accesso, fa sapere il Comune che quest’anno ha introdotto un nuovo servizio: operatori socio sanitari per l’accompagnamento di persone disabili e fragili alla spiaggia, grazie a deambulatori e Sedie Jobs dedicate. Si potrà prenotare sul sito www.spiaggialapelosa.it o tramite l’applicazione mobile ‘La Pelosa’.

Intanto è di oggi la notizia che un team di ricercatori Cnr, Enea e Università di Cagliari e di Sassari ha sviluppato un modello innovativo per comprendere la circolazione marina, in particolare del Mediterraneo, e individuare le cause dell’erosione costiera e l’evoluzione delle spiagge, tra cui quella di Stintino in Sardegna.

La notizia di questo nuovo modello, contenuta nello studio pubblicato in un volume speciale della rivista internazionale Geological Society Publications, è stata diffusa alla vigilia della Giornata Europea del Mare che si celebra ogni anno per sensibilizzare i cittadini sul ruolo fondamentale degli oceani e dei mari nell’ecosistema globale. Lo studio sugli stretti e le aree costiere si è focalizzato sul Mediterraneo quale regione rappresentativa di quello che succede su scala globale, dove i cambiamenti climatici impattano con effetti amplificati.

Lo studio della circolazione delle correnti ha rivelato la causa dell’erosione della spiaggia di Stintino (La Pelosa), antistante lo stretto, sempre più colpita dagli effetti del cambiamento climatico e, negli ultimi 30 anni, da una crescente erosione: in pratica la sua estensione e la sua forma variano in base all’innalzamento del livello del mare, alla prateria sottomarina di Posidonia ed anche al regime dei venti. 

Quest’ultimo può generare la perdita di sabbia dalla spiaggia quando i granelli vengono trasportati a ovest, verso un canalone che li fa depositare a profondità di 15-30 metri, da dove poi non riescono più a risalire. Grazie a questo approccio metodologico i ricercatori hanno ricostruito la ‘storia evolutiva’ di questo ambiente molto particolare e potranno contribuire alla riqualificazione ambientale del sistema spiaggia-duna di Stintino. 

La particolarità del modello messo a punto sta nel fatto di combinare analisi del vento e del moto ondoso, indagini subacquee, sensoristica, interpretazioni di foto aeree ma anche scansioni del fondale con prospezioni geofisiche (come Side Scan Sonar, Sub Bottom Profiler e Multi Beam) e implementazione di modelli numerici ad alta risoluzione. Oltre alla comprensione del comportamento degli stretti marini, vere e proprie ‘vie d’acqua’ che mettono in collegamento diversi bacini, il modello consente anche di studiare la circolazione dei sedimenti in condizioni di basse oscillazioni di marea dove il regime dei venti, mutevole per effetto dei cambiamenti climatici, è il primo responsabile delle dinamiche ambientali.

“La comprensione degli stretti e dei collegamenti tra diversi bacini è fondamentale per i sistemi deposizionali sedimentari attuali, per le ricostruzioni geologiche regionali e per l’evoluzione tettonica e paleogeografica su larga scala e a lungo termine”, spiega Stefano Andreucci dell’Università di Cagliari, primo autore del lavoro. “La comprensione dei processi che interessano lo stretto tra La Sardegna e l’Isola dell’Asinara non è importante solo per l’interesse e valore economico della spiaggia di Stintino, ma è utile anche per il completamento del Foglio Geologico della zona che si sta completando”, evidenzia Vincenzo Pascucci dell’Universita’ di Sassari.

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Per i  genitori arriva ‘PopòApp’. Una foto al pannolino per lo screening dei neonati

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AGI – Una foto alla ‘popò‘ sul pannolino e pochi semplici passaggi con lo smartphone per facilitare l’identificazione precoce delle colestasi neonatali, un accumulo di bile nel fegato che può avere effetti molto gravi sulla salute dei bambini. Il nuovo strumento a disposizione dei genitori è la PopòApp, ideata e sviluppata dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù in collaborazione con ANIBEC – Associazione Nazionale Italiana Bambini Epatopatici Cronici.

L’applicazione, frutto di una ricerca scientifica pubblicata sul Journal of Medical Screening, sfrutta algoritmi di intelligenza artificiale e la caratterizzazione colorimetrica delle feci per restituire risultati con un grado di precisione vicino al 100%.

Le colestasi neonatali sono disordini caratterizzati dall’accumulo di bile nel fegato come conseguenza della riduzione o dell’arresto del normale flusso biliare verso l’intestino. Le cause di questi disordini sono varie: problemi metabolici, difetti genetici, malformazioni, infezioni, ma nella maggior parte dei casi sono dovute all’atresia biliare (distruzione progressiva delle vie biliari) che rappresenta la principale indicazione al trapianto di fegato in età pediatrica.

Le colestasi sono di difficile diagnosi e con una elevata incidenza in epoca neonatale (ne soffre in media 1 neonato su 2.500).

I sintomi

I sintomi caratteristici, che in genere si presentano durante le prime 2 settimane di vita del neonato, sono l’ittero, l’urina scura e le feci di colore chiaro (feci ipo-acoliche). Il riconoscimento della ipo-acolia fecale attraverso il test del colore (caratterizzazione colorimetrica) è un metodo di diagnosi precoce delle condizioni di colestasi neonatale patologica.

L’app del Bambino Gesù, sviluppata con un algoritmo di machine learning, facilita l’identificazione precoce di colestasi nelle prime settimane di vita dei bambini mediante il riconoscimento delle feci ipo-acoliche.

Il sistema consente ai genitori o ai medici di effettuare una valutazione colorimetrica scattando una foto alla popò sul pannolino. L’algoritmo confronta il colore della foto con la carta colorimetrica, restituendo una prima indicazione. Una volta ricevuto il risultato preliminare, l’app consente di contattare il Centro specializzato per approfondire il test tramite una visita o una televisita del bambino, allegando la foto scattata.

PopòApp è risultato di oltre un anno di studi condotti da clinici e ricercatori delle unità di Chirurgia Epato-bilio-pancreatica e dei Trapianti di fegato-rene e di Epatogastroenterologia e Nutrizione del Bambino Gesù, coordinati dal dott. Marco Spada.

I risultati della ricerca su 160 immagini campione hanno evidenziato una precisione dell’app pari al 99,4%, con un valore predittivo positivo del 98,4% e una sensibilità del 100% senza falsi negativi, indipendentemente dal modello di smartphone utilizzato. Lo studio è pubblicato sulla rivista scientifica Journal of Medical Screening.

“Considerata la gravità delle sue conseguenze, la colestasi, in particolare se causata dall’atresia delle vie biliari, deve essere riconosciuta nel neonato il prima possibile” afferma Marco Spada, responsabile di Chirurgia Epato-bilio-pancreatica e dei Trapianti di fegato-rene del Bambino Gesù.

“Infatti, se la malattia viene individuata e trattata precocemente da specialisti epatologi e di chirurgia epatobiliopancreatica, quasi il 100% dei neonati può essere efficacemente curato e avere normali prospettive di vita. È questo l’obiettivo dell’app mobile che abbiamo sviluppato, che rappresenta uno strumento preciso e intuitivo al servizio della salute dei bambini e della ricerca medica”.

“L’applicazione – Giuseppe Maggiore, responsabile di Epatogastroenterologia e Nutrizione del Bambino Gesù – è uno strumento capace di intercettare alcune condizioni patologiche del neonato che, se diagnosticate con ritardo, possono mettere in serio pericolo la salute dei bambini. Per questo motivo l’uso della app è consigliato a tutti i neo genitori sin dai primi giorni dalla nascita dei piccoli e per i primi 3 mesi di vita”.

PopòApp, scaricabile gratuitamente su tutti i dispositivi mobili, è stata presentata nel corso di un convegno promosso dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù rivolto al personale sanitario che si dedica alla cura del neonato e del lattante, agli operatori dei Centri nascita e delle neonatologie e ai pediatri di libera scelta.

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Litiga con l’autista e prende a pugni il bus

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AGI – Caos domenica sera al capolinea Atac della metro Anagnina dove un uomo, in evidente stato di alterazione dovuto all’assunzione di bevande alcooliche, ha preteso che l’autista del bus della linea 20, anticipasse la partenza della corsa.

L’uomo, al diniego del conducente, ha inveito contro di lui sferrando pugni contro la protezione di plastica della cabina di guida, causando una interruzione del servizio che è durata un’ora. Nessuno è rimasto ferito e non sono stati segnalati danni al mezzo. Sul posto sono intervenuti i carabinieri del Nucleo Radiomobile che hanno denunciato l’uomo, un cittadino rumeno di 44 anni, per interruzione di pubblico servizio

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I naufraghi nel Lago Maggiore: “Noi scambiati per anatre”

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AGI – ‘Goduria’: nome quantomai beffardo quello dell’imbarcazione che si è ribaltata e inabissata a una profondità di una quindicina di metri nel lago Maggiore sulla sponda di Sesto Calende, vicino a Varese, provocando quattro morti.

Il proprietario e comandante della barca, Claudio Carminati, 53 anni, descritto come un esperto navigatore, si è salvato, mentre sua moglie Anja Bozhkova, russa, di tre anni più giovane, non è riuscita a riemergere da quelle acque di solito ferme e ospitali impazzite all’improvviso per una tromba d’aria. I due vivevano sulla barca costruita nel 1985 e lunga 15 metri. Le altre vittime sono una coppia di turisti italiani e una israeliana.

“Non c’era alcuna allerta meteo. C’erano stati alcuni allagamenti in città legati alla pioggia ma l’incidente è stato causato da un colpo di vento importante. Il lago va affrontato con grande responsabilità, di solito è lo specchio d’acqua che vedete ma ogni tanto può salire il vento” afferma Giovanni Buzzi, il sindaco di Sesto Calende, che si dice “commosso per la tragedia” ma anche “riconoscente” verso i cittadini che si sono prodigati per salvare una ventina di passeggeri in difficoltà. 

Quando si è scatenata la tempesta alcuni dei 23 passeggeri si sono tuffati salvandosi a nuoto, altri sono stati soccorsi e poi c’è chi non ce l’ha fatta, per ragioni da chiarire. Cinque persone sono ricoverate in condizioni non gravi.

La Procura di Busto Arsizio indaga per il reato di ‘naufragio’ e sta sentendo in queste ore i sopravvissuti.  Di certo c’è che la barca è partita dal cantiere Piccaluga e avrebbe dovuto terminare il suo giro a Marina di Lisanza.

Nel frattempo la comitiva aveva pranzato all’Isola dei Pescatori. Alcune fonti riferiscono che fosse in corso una festa di compleanno tra persone di varie nazionalità, altre parlano di un giro turistico. I passeggeri sono stati scambiati in un primo momento da chi li ha avvisati da altre imbarcazioni per “anatre o cigni” racconta il vicesindaco Edoardo Favaron: “Alcuni naufraghi sono stati recuperati da persone che erano su altre imbarcazioni nel lago che poi, una volta a terra, mi hanno riferito di avere pensato che le teste di chi era caduto in acqua fossero di anatre o cigni”.

Favaron spiega di essere arrivato quando il naufragio era già avvenuto e di avere assistito ai soccorsi portati da elicotteri, carabinieri e altri natanti.  I vigili del fuoco hanno iniziato le operazioni per portare a galla i resti della ‘Goduria’ che saranno analizzati per capire se fosse in grado di navigare garantendo la sicurezza a chi cercava un po’ di svago nella panoramica serenità lacustre.  E se, come sembra molto verosimile, l’elemento meteo sia stato quello determinate. Da valutare anche se il comandante abbia ritardato il rientro nonostante la burrasca. 

 

 

 

 

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Tutti i cristiani sono influencer 

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AGI – “Tutti noi dovremmo prendere sul serio la nostra ‘influenza’. Non ci sono solo macroinfluencer con un grande pubblico, ma anche micro-influencer. Ogni cristiano è un microinfluencer”. È quanto sottolinea il documento “Verso una piena presenza” del Dicastero per la Comunicazione che offre una riflessione pastorale sul coinvolgimento delle persone nella sfera digitale.

“Ogni cristiano dovrebbe essere consapevole della propria potenziale influenza, a prescindere dal numero di persone che lo/la seguono”, continua il Documento che esorta a utilizzare il mezzo di comunicazione con uno stile cristiano che “deve essere riflessivo, non reattivo, anche sui social media”.

“Dobbiamo essere tutti attenti a non cadere nelle trappole digitali nascoste in contenuti che sono intenzionalmente progettati per seminare conflitti tra gli utenti, provocando indignazione o reazioni emotive”. “La nostra responsabilità aumenta con l’aumento del numero dei follower. Più è grande il numero dei follower più deve essere grande la nostra consapevolezza che non stiamo agendo a nome nostro”.

“La responsabilità di servire la propria comunità, soprattutto per coloro che ricoprono ruoli di leadership pubblica, non può diventare secondaria rispetto alla promozione delle proprie opinioni personali dai pulpiti pubblici dei media digitali”, si legge ancora nel testo che ricorda che “alcuni dei più autorevoli ‘influencer cristiani‘ sono stati martiri. Il fascino dei martiri è che manifestano la loro unione con Dio attraverso il sacrificio della loro stessa vita”. 

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