AGI – Le temperature superficiali del Mar Mediterraneo hanno raggiunto livelli insoliti, fino a 5-6 gradi Celsius sopra la media climatologica di luglio, con un picco di 30 gradi Celsius, due oltre la soglia, registrato nel Golfo di Taranto a seguito dell’ondata di calore marino verificatasi immediatamente dopo la prima decade del mese. È quanto rende noto il Centro Euro-Mediterraneo sui cambiamenti climatici (CMCC) di Lecce. Un’ondata di calore marino (Marine heatwave – MHW) è stata osservata a luglio 2023 ed è ora in espansione verso est attraverso il Mar Mediterraneo.
“Le ondate di calore marino si verificano quando le temperature dell’oceano superano una soglia estrema a variabilità stagionale – spiegano gli studiosi salentini – per più di cinque giorni di seguito”. Rita Lecci, della divisione Ocean predictions and applications (OPA) del CMCC, afferma: “Le nostre simulazioni mostrano che attualmente ci troviamo in una condizione in cui la temperatura media della superficie del Mediterraneo è di circa 28 gradi e si prevede che continuerà a salire nei prossimi giorni, superando i 30 gradi. Dall’inizio di luglio abbiamo osservato un trend positivo nell’aumento della temperatura superficiale del mare, normale per le condizioni estive”.
“A metà luglio, questo aumento della temperatura – aggiunge Rita Lecci – si è rivelato un’anomalia perché la temperatura superficiale del mare ha superato la soglia climatologica del mese, calcolata negli ultimi 30 anni, per più di cinque giorni consecutivi. Lo scorso anno, un’ondata di calore marino di proporzioni record nel Mar Mediterraneo – ricorda Lecci – aveva colpito il Mar Ligure per tre settimane, interessando successivamente il Golfo di Taranto con maggiore intensità dove la temperatura ha superato di quasi cinque gradi la media”.
Ronan McAdam, della divisione Ocean modeling and Data Assimilation (ODA) del CMCC, afferma: “L”anno scorso abbiamo registrato un fenomeno di ondata di calore marino che abbiamo considerato record, perché ha interessato una vasta area del Mediterraneo con un’intensità persistente. Ma quest’anno sembra che l’ondata di calore marino sia concentrata nell’Atlantico settentrionale e si stia manifestando principalmente nel Mediterraneo occidentale. Penso che ciò che ha portato il calore verso l’Atlantico settentrionale e più a ovest nel Mediterraneo siano stati gli anticicloni che si spostano dall’Africa. Le nostre previsioni – osserva McAdam – indicano che nella prossima settimana le ondate di calore marine nel Mar Ligure si attenueranno. D’altra parte, ci aspettiamo che l’onda di calore nel Golfo di Taranto continui, probabilmente perché si sta spostando verso il centro del Mediterraneo. Tuttavia, una volta finita l’estate, potremo finalmente vedere quali aree sono state colpite maggiormente rispetto al passato”, conclude Ronan McAdam.
Il Mar Mediterraneo è un punto focale per lo studio delle ondate di calore perché il numero di eventi, la loro durata e la loro intensità stanno aumentando, secondo gli studiosi del CMCC, e si prevede che il bacino sarà un vero e proprio hotspot per il cambiamento climatico e il riscaldamento globale.
“Questo aumento della temperatura del mare ha un impatto significativo sugli ecosistemi marini, soprattutto sulla fauna ittica, poiché molte specie di pesci hanno un range ottimale di vita – sostiene ancora Rita Lecci – in specifici valori della temperatura del mare. Oltre questi valori, superando la soglia, la fauna ittica potrebbe andare in sofferenza, morire o non poter più riprodursi, portando alla possibilità di trovare specie molto diverse nel nostro Mar Mediterraneo nel prossimo futuro. Le cosiddette specie aliene, come i pesci tropicali, sono ora in grado di trovare un ambiente adatto – sottolinea Lecci – e condizioni idonee per la loro vita nel Mar Mediterraneo grazie all’aumento della temperatura del mare. Quello che vedremo nel prossimo futuro è un cambiamento degli ecosistemi, della fauna ittica e anche della vegetazione marina. Questo influisce anche sugli esseri umani perché cambia la quantità e la qualità dei prodotti della pesca. Dobbiamo adattarci a quello che verrà – conclude Rita Lecci – che è ancora piuttosto sconosciuto, ma stiamo già cominciando a vederne gli effetti”.