AGI – Richiedere mutui, prestiti, assicurazioni, ma anche partecipare a concorsi o persino accedere all’iter per un’adozione, per almeno 900 mila italiani è molto più difficile, se non impossibile. Sono i malati di cancro che si possono considerare guariti, e che quindi corrono gli stessi rischi di salute di tutti gli altri, ma che nel compilare i moduli si trovano di fronte alla fatidica domanda: “Ha avuto un tumore?”.
Alla risposta affermativa spesso le porte si chiudono, o quelle assicurative rimangono aperte ma a prezzi impossibili. Per questo è fondamentale una legge che garantisca il diritto all’oblio oncologico, liberando gli ex malati da quello che purtroppo è ancora uno stigma, e riconoscendo contemporaneamente, per la prima volta in giurisprudenza, la figura del guarito dal tumore.
Le proposte di legge
Una legge chiesta a gran voce da anni dalle associazioni di pazienti, la Favo (Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato In Oncologia) in testa, e che mai come in questi giorni si avvicina a diventare realtà.
Il premier Giorgia Meloni e il ministro della Salute Orazio Schillaci hanno sottolineato entrambi l’importanza di questo intervento normativo: “Il governo guarda con grande attenzione alle proposte di legge parlamentari sull’oblio oncologico”, ha detto Meloni. “Per questo ho chiesto al ministro della Salute Schillaci di seguire l’iter e assicurare il contributo necessario dell’esecutivo”. Si tratta di una norma “capace di dare risposte a un problema estremamente concreto e che incide molto sulla vita di tantissimi italiani”.
A breve, verosimilmente subito dopo l’estate ma non è escluso anche prima, si troverà la quadra: al momento, spiega all’AGI l’avvocato Elisabetta Iannelli, segretario generale della FAVO, ci sono 9 proposte di legge sul tema, una promossa dal Cnel, le altre dai partiti di tutto l’arco costituzionale: “Ma si sta lavorando in queste ore a un testo unificato alla Camera, dal momento che i contenuti sostanzialmente sono sovrapponibili”, dice Iannelli. Sarebbe una norma “che va a incidere sulla vita di tanti italiani”.
La legge prevederà due scaglioni temporali entro i quali si avrà il diritto all’oblio oncologico: dieci anni dopo il termine delle cure per chi ha avuto il cancro dopo i 21 anni, cinque anni per chi lo ha avuto da più giovane.
Mai più domande dirimenti
Passato questo periodo, “nessuno potrà più chiedere a queste persone di scrivere su un modulo che hanno avuto il cancro. E questo varrà per le assicurazioni sulla vita, spesso collegate ai mutui, che in questi casi non vengono erogate o vengono erogate con il premio incrementato, ma anche la tutela dei lavoratori, per esempio sul piano delle selezioni concorsuali. E l’idoneità all’adozione degli aspiranti genitori”.
Le proposte di legge che confluiranno nel testo unificato prevedono anche una Consulta con i ministeri competenti e le associazioni dei pazienti per vigilare sulla corretta applicazione. “Inoltre – aggiunge Iannelli – un successivo decreto ministeriale potrà fissare tempistiche più precise oltre ai due scaglioni 5-10 anni: chi è guarito da un tumore alla tiroide o al testicolo ad esempio è assurdo che debba aspettare dieci anni prima di ottenere l’oblio. Così come chi è guarito da un nodulo al seno”.
L’ultimo episodio di #Sipuòfare di Laura Bettini parla del diritto all’oblio oncologico. Ascoltalo a questo link: https://t.co/WjgeN5or56@favo_it @europadonnait @Radio24_news pic.twitter.com/s6iq18kWgX
— Fondazione Aiom (@AiomFondazione)
June 13, 2023
Come si fa già in diversi Paesi europei, tutti più avanti dell’Italia: una legge sull’oblio oncologico è già in vigore in Francia, Lussemburgo, Belgio, Olanda, Portogallo e Romania, “e lo sarebbe anche in Spagna se non si fosse dimesso il premier”, rileva il segretario FAVO.
Ora tocca al nostro Paese: “Indubbiamente c’è un’accelerazione – commenta – ma dobbiamo tenere alta la guardia. Parliamo di una svolta culturale, un messaggio molto forte, in cui si norma la figura del guarito dal tumoree si fissano dei diritti molto precisi. Il consenso mi pare bipartisan, credo che i tempi siano maturi ma le cose si devono fare presto e bene: la legge deve essere anche applicabile”.
A condurre quella che è, senza dubbio, una battaglia di civiltà, oltre alla galassia che comprende malati, ex pazienti, famigliari e caregiver ci sono anche gli oncologi: la fondazione AIOM (Associazione italiana oncologia medica) è in prima linea, anche attraverso la sua campagna la campagna di comunicazione “Io non sono il mio tumore” con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica e le Istituzioni, nella speranza di raggiungere al più presto gli altri Paesi virtuosi
. D’altra parte, spiega la fondazione, “nel nostro Paese sono 3,6 milioni le persone che hanno avuto una diagnosi di cancro. Di questi, il 27% può essere considerato guarito. Molti di loro subiscono, hanno subito o subiranno ingiustamente discriminazioni legate alla malattia”. Nelle prossime settimane questo appello potrebbe finalmente trovare risposta.