AGI – ‘Chi ha rapito Roger Federer?’ di Piero Valesio (Absolutely Free Libri, 226 pagine, 18 euro) è un romanzo con il doppio fondo. In superficie, un divertente giallo, scritto da una delle migliori penne del giornalismo sportivo italiano, ambientato nel 2040 alla vigilia degli Internazionali d’Italia di tennis.
Il protagonista è ovviamente il campione svizzero, forse il più forte tennista di tutti i tempi, certamente il più iconico. Federer arriva a Roma per essere eletto presidente della più importante organizzazione sportiva mondiale, ma succede qualcosa di imprevisto. Una spy story in piena regola, il romanzo di Valesio, mai scontata, dal finale interessante. Il mistery in ambito sportivo è un filone non battutissimo dalla letteratura contemporanea e leggendo queste pagine non capisci perché.
Lo scenario è quello di una città e di un mondo diversi da quelli che conosciamo oggi, dove il cambiamento climatico ha lasciato segni profondi nella vita delle persone, anche dei protagonisti del romanzo. Tutto lo sport del pianeta è in mano a organizzazioni transnazionali in guerra l’una con l’altra: e proprio a Federer potrebbe toccare il compito di aprire una nuova pagina di collaborazione fra i soggetti “belligeranti”. Di questo piano A del romanzo è bene non raccontare altro.
Il piano B, il secondo cassetto dello scrigno, non è detto che sia accessibile a tutti i lettori, anche se chiunque può provare ad aprirlo. Bisogna sapere allora che Piero Valesio, cronista, racconta (TuttoSport, ma anche Sky, Messaggero) da quasi 40 anni i principali avvenimenti sportivi mondiali, Olimpiadi, Formula 1, atletica, calcio. Ma soprattutto tennis. È stato per quattro anni direttore del canale Tv Supertennis e responsabile della comunicazione del torneo romano. Il Foro Italico è stata la sua prima casa per tanti anni.
E il Foro Italico è ‘attore co-protagonista’ di questa sceneggiatura (ci faranno un film, vedrete) scritta per un editore anche lui cronista di lungo corso, Daniele Azzolini, un altro campione del giornalismo sportivo degli ultimi decenni, direttore di ‘Ok Tennis’, firma di punta sul tennis per Paese Sera, l’Unità, il Messaggero. Anche lui con la residenza al Foro, dove ha coordinato la sala stampa negli anni di Adriano Panatta direttore del torneo. Questi due signori conoscono il tempio del tennis italiano come nessun altro. Ambienti, circostanze, personaggi, persino tic di un universo, lo stadio del tennis, teatro ideale di un intrigo internazionale molto più che verosimile.
I campi sportivi – come noto – sono luoghi dello spirito, prima ancora che dei corpi. Luoghi dove la vita degli uomini si realizza in tutte le fasi, in cui sentimenti, tensioni, passioni, persino amori (odi) si risolvono – con vincitori e vinti – dentro un rettangolo d’erba, uno di terra rossa, talvolta un ring delimitato da corde elastiche e – per facilità di fruizione – entro un tempo prestabilito. Due set su tre. Riproduzione col fine di intrattenimento di conflitti umani. Se la guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi, diceva von Clausewitz, lo sport, della guerra è rappresentazione plastica e fedele, in streaming o in tribuna, cambia poco (ma anche i corridoi sono importanti, è lì che si consumano delitti e si pianificano rapimenti). Nadal e Djokovic come Ettore e Achille, Italia-Germania al Santiago Bernabeu come lo scontro tra i romani di Marco Aurelio e i barbari germanici nei boschi della Pannonia.
Ecco allora che il rapimento di Roger Federer in un albergo di Roma Nord a due passi dalla terra rossa del Foro acquista – nel racconto di Piero Valesio – un sapore particolare per chi conosce quegli spogliatoi e quelle tribune, per chi ha avuto la ventura di attraversare i sotterranei del campo Pietrangeli, l’ex Centrale, e ha creduto di essere inseguito dai fantasmi che li abitano.
Oppure per chi su quei campi ha giocato e conosce bene le facce dei guardiani, quelle dei custodi, dei maggiordomi di questo labirinto incantato, dove Roger Federer è comparso tante volte e – per ora – mai sparito. Nel giallo scritto da Valesio e pubblicato da Azzolini c’è tanta Roma Nord, lo slang di Ponte Milvio e dintorni, ma anche riti e rituali dei palazzi dello sport capitolino. Anche di questo cassetto nascosto del romanzo è bene non ‘spoilerare’ altro. Ma la sensazione, per chi quei luoghi li conosce un po’, è di aver letto non un romanzo giallo col finale a sorpresa, ma una pagina in cronaca nera del Messaggero, o del Tempo, se preferite. Una storia di piccoli eroismi e grandi meschinità.