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Chissà cosa avrebbe detto David Foster Wallace di tutti questi pugnetti nel tennis

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AGI – Chissà cosa avrebbe detto David Foster Wallace di questa epidemia di pugnetti che ha contagiato il tennis mondiale, questo coronavirus dell’autoincitamento che rende certe partite più ridicole che combattute. Il pugnetto – per chi non è del ramo – è quel gesto con cui i tennisti esultano dopo aver vinto un ‘quindici’. Spesso anche il primo quindici: primo punto del match – pronti, via – e questi già stringono il pugnetto rivolti all’immancabile ‘angolo’ dove stazionano coach, vice-coach, preparatore atletico, mental coach, nutrizionista.

Anche il numero 150 del mondo si porta in tribuna un esercito di allenatori, che hanno come fondamentale compito quello di rispondere al pugnetto con un altro pugnetto o con gesti davvero basici che significano, se vai a vedere, ‘forza’, ‘dai’, oppure ‘coraggio’, in certi casi ‘avanti così, non mollare’. Finita la pandemia da Covid nel tennis è arrivata quella del pugnetto. Ne hanno contati anche 400 in uno stesso match. In questo Wimbledon c’è stata un picco storico di pugnetti. Insopportabile.

Ma può essere il primo punto di una partita, o anche fosse il primo break, un evento da stringere il pugno verso la tribuna, e poi a seguire altre decine, centinaia di volte? Rino Tommasi ha sempre sostenuto che il tennis è una boxe senza contatto fisico. Vero e profetico, ma qui stiamo esagerando, mancano solo i guantoni. Ci sono certi tennisti – Berrettini e Sinner – per dire due che vediamo spesso – che fanno il pugnetto a ogni punto vinto. Anche se giocano il primo turno a Estoril contro Munar o Popisil.

Non è stato sempre così. Il virus era molto meno diffuso. McEnroe-Borg nella finale di Wimbledon del 1981 avranno totalizzato 10 pugnetti in due in tutta la partita. Non si ricordano pugnetti di Artur Ashe o John Newcombe, già Jimmy Connors poteva lasciarsi andare di più, ma lui il pugnetto lo esibiva all’angolo avversario, non al suo (che poi non aveva) per provocare, non era certo rivolto a sé, non ne aveva bisogno (Jimbo quando faceva un punto decisivo sogghignava, altro che pugno stretto, lui sfotteva, si caricava così).

Edberg e Becker? Poteva capitare che si auto incitassero, ma non al primo ‘15′ a Estoril. Bisognerebbe proibirlo, il pugnetto, come urlare dopo aver colpito. Oppure consentire un numero chiuso di pugnetti a set, come le richieste di verifica col ‘falco’. Al decimo pugnetto gratuito, scatta il ‘warning’. Quanto ci manchi, David Foster Wallace.

Redazione

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