AGI – Fantastica coppia Michele Riondino e Diodato, entrambi tarantini, entrambi impegnati per salvare la città dal disastro ambientale creato dall’Ilva. Oggi Riondino porta alla Festa del cinema di Roma il suo film d’esordio da regista, ‘Palazzina Laf’, in cui racconta un aspetto meno noto dell’acciaieria maledetta, quella dell’azienda i cui vertici, primi in Italia, sono stati condannati per mobbing nel 1997 quando questa forma di tortura psicologica non era aveva neppure un nome.
Riondino è attore, sceneggiatore (con Maurizio Braucci) e regista, mentre Diodato è autore della canzone che si sente mentre scorrono i titoli di coda con le immagini vere dei protagonisti di quella stagione all’Ilva, ‘La mia terra’ (Music Union Srl – Gli Alberi Srl – Carosello Records). In conferenza stampa il cantautore pugliese ha accennato al brano.
Un testo che, ha spiegato Riondino, “ho voluto lasciare alla fine come una sorta di epilogo di questo film. ‘La mia terra’ – ha detto il regista – è una dichiarazione d’amore per Taranto e doveva essere accompagnata da immagini reali, vere e mostrare il passaggio dal 1997 a oggi. Il suo pezzo è per oggi”.
In mattinata, durante un incontro ristretto con i giornalisti, Diodato stesso aveva spiegato: “Con Michele siamo fratelli da alcuni anni, per una sorta di destino che ci lega alla nostra terra. Quando ho saputo che stava lavorando al suo primo film da regista – ha detto – mi sono permesso di proporgli una collaborazione perché sentivo che poteva essere un bel modo per raccontare insieme qualcosa.
‘La mia terra’ è una canzone che parte dal mito della fondazione di Taranto, dal re dei Parteni che viene esiliato da Sparta a cui l’oracolo dice: troverai la tua terra quando vedrai piovere col cielo sereno. Arrivato dopo tanto peregrinare nel porto di Taranto – ha spiegato – il re si addormenta sulle gambe della moglie e questa, ripensando a tutto quello che avevano passato, inizia a piangere. Lui quindi si risveglia con queste lacrime che confonde con la pioggia e, guardando il cielo sereno, pensa di aver trovato la sua terra. Queste lacrime a ciel sereno – ha detto ancora Diodato – è un po’ come se ci avessero segnato. È il destino a cui sembriamo essere condannati noi tarantini. Ma da qualche anno nella nostra città c’è una sorta di rivoluzione e deve molto all’impegno di Michele. E in questa canzone volevo unire i due mondi – ha spiegato ancora – il mito della fondazione e ciò che è accaduto e continua ad accadere a Taranto. Nella canzone ripeto più volte la parola amore perché è basata su quello, sull’amore per una terra che è stata contaminata da scelte scellerate fatte in passato. Ma chi la ama – ha concluso – conserva in sé la speranza per un futuro migliore per cui però bisogna lottare”.