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Due condanne e quattordici assoluzioni, le sentenze per la strage di Andria

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AGI – Due condanne e quattordici assoluzioni. È la sentenza letta dalla presidente della sezione penale del tribunale di Trani, Carmen Anna Lidia Corvino, dinanzi a cui si è conclusa la vicenda giudiziaria legata al disastro ferroviario del 12 luglio 2016, che portò alla morte di 23 persone e al ferimento di altre 51, a causa dello scontro tra due treni di Ferrotramviaria sulla tratta tra Andria e Corato.

I condannati e gli assolti

Ad essere condannati il capostazione di Andria, Vito Piccarreta (a 6 anni e 6 mesi di reclusione) e il macchinista del treno partito da Andria e diretto a Corato, Nicola Lorizzo (a 7 anni di reclusione). Oltre alla condanna, per entrambi, “in solido con il responsabile civile Ferrotramviaria Spa”, al risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non, subiti dalle parti civili dove, oltre ai parenti delle vittime, figurano Regione Puglia, i comuni di Ruvo di Puglia, Corato, Andria, Codacons, Confconsumatori, associazione Acu Onlus, Anmil Onlus e associazione nazionale Gepa.

Sono stati assolti, per non aver commesso il fatto, Alessio Porcelli, Francesco Pistolato, Enrico Maria Pasquini, Massimo Nitti, Michele Ronchi, Giulio Roselli, Vito Mastrodonato, Giuseppe Francesco Michele Schiraldi, Tommaso Zonno, Giandonato Cassano, Galesi Antonio, Virginio Di Giambattista, Alessandro De Paola e Pietro Marturano.

La sentenza esclude la responsabilità per l’illecito amministrativo contestato a Ferrotramviaria Spa perchè il fatto non sussiste. Si è disposto, in ultimo, il dissequestro e la restituzione agli aventi diritto di quanto ancora sotto sequestro. Le motivazioni della sentenza saranno depositate tra 90 giorni.

Il pm della procura tranese, Marcello Catalano, il 27 ottobre dello scorso anno, aveva chiesto per gli imputati pene comprese tra i 12 e i 6 anni di reclusione, oltre alla richiesta di un milione di euro di risarcimento chiesto a Ferrotramviaria Spa e la revoca delle autorizzazioni, licenze e concessioni finalizzate all’esercizio dell’attività per un anno. 

La rabbia dei familiari delle vittime

“Siamo dei moscerini, la legge non è uguale per tutti, almeno non per le persone normali come noi. Li hanno uccisi una seconda volta”.È indignata Daniela Castellano, figlia di Enrico Castellano, il pensionato 72enne, originario di Ostuni, ma che viveva da molti anni a Torino, che il 12 luglio 2016 era in treno per raggiungere i figli e trascorrere qualche giorno con loro. Dai parenti non sarebbe mai arrivato: perse la vita.

“Ho letto le carte della procura: c’erano delle criticità enormi su quella tratta. Ma io non sono Ferrotramviaria, non ho le conoscenze per arrivare dove voglio”, dice indignata Castellano.

“Faccio i miei complimenti per cosa è riuscita a fare la legge italiana – dice un altro parente -. Nessuno di noi se lo aspettava: il fatto è successo, risulta agli atti che le infrastrutture erano carenti. Se la colpa è di chi l’ha commesso, la causa sono state le infrastrutture che se funzionavano, altrimenti non sarebbe successo”. Altri genitori, fratelli, futuri mariti delle vittime, con le foto dei loro cari stampate sulle magliette, si sono chiusi tra le lacrime in un “no comment”.

I legali della società: “Una coincidenza sfortunata”

“Una sentenza giusta a nostro parere, perchè è stata accolta la tesi della difesa per cui vi è stata una coincidenza di momenti sfortunatissimi”, “tre ferrovieri contemporaneamente hanno disapplicato le norme sulla circolazione degli incroci e, quindi si è verificato il disastro, non perché la società non era organizzata, non perché gli amministratori non avessero adempiuto ai loro doveri, non perché i dirigenti non controllassero, ma perché quel giorno, quella mattina, purtroppo, tre ferrovieri si sono disinteressati di controllare un incrocio tra tre treni”. È il commento dell’avvocato difensore di Ferrotramviaria Spa, Tullio Bertolino, a margine del processo.

“A me dispiace infinitamente per quello che è successo, umanamente è una tragedia per chiunque, solo che la giustizia non coincide necessariamente con la condanna degli imputati. La giustizia coincide con l’accertamento della verità, quindi delle responsabilità ove ci sono” e oggi è emerso “che non vi fosse alcun coinvolgimento della società nella causazione del disastro”. Dello stesso parere anche il collega Michele Laforgia: “Una vicenda terribile, ma la giustizia va rispettata sempre”.

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