AGI – Condannati a 26 e 18 anni di reclusione Alessandro Panella e Luigi Zabara, accusati dell‘omicidio di Emanuele Scieri, il para’ siracusano trovato morto nella Caserma Gamerra di Pisa il 16 agosto 1999.
La sentenza di primo grado è stata pronunciata dalla Corte d’Assise del Tribunale di Pisa presieduta dal giudice Beatrice Dani. Il verdetto sarebbe dovuto arrivare il 14 giugno scorso ma, a sorpresa, dopo più di sei ore di Camera di Consiglio, la Corte d’Assise aveva chiesto di sentire tre donne che, nel 1999, erano state inserite nella lista testi del pm che aveva condotto la prima inchiesta sulla morte del para’.
Le testimonianze di tre donne
La testimonianza delle tre donne era stata ritenuta necessaria perché proprio in quei giorni di 24 anni fa frequentavano i caporali accusati dell’omicidio. Imputati nel processo e ora condannati sono due ex caporali della Folgore, Alessandro Panella (difeso dall’avvocato Andrea Cariello) e Luigi Zabara (difeso dagli avvocati Andrea Di Giuliomaria e Maria Teresa Schettini) accusati di omicidio volontario aggravato da futili motivi. Per loro la Procura di Pisa, rappresentata da Alessandro Crini e Sisto Restuccia, aveva chiesto 24 e 21 anni.
Emanuele Scieri, 26enne para’ siracusano della Folgore fu trovato morto il 16 agosto del 1999, nella caserma Gamerra di Pisa. Il caso era stato riaperto nel 2018 dalla Procura di Pisa dopo che già la commissione parlamentare d’inchiesta aveva concluso che Scieri non si era suicidato.
Cosa accadde la notte del 16 agosto 1999
Secondo l’accusa, Zabara e Panella, assieme ad Andrea Antico (assolto nel novembre 2021 con rito abbreviato), nella sera del 13 agosto 1999 avrebbero obbligato Emanuele Scieri a salire sulla torre di asciugatura dei paracadute, dopo averlo picchiato e fatto spogliare. Il giovane sarebbe poi precipitato cercando di fuggire mentre qualcuno dei commilitoni faceva pressione con gli scarponi sulle nocche delle sue dita.
Secondo l’accusa la morte di Scieri si sarebbe potuta evitare se i caporali, subito dopo la sua caduta, non fossero fuggiti. Il suo corpo sotto un tavolo fu poi ritrovato il 16 agosto. Da qui la contestazione di omicidio volontario. Secondo la Procura di Pisa, nella caserma Gamerra c’era un clima di nonnismo di cui erano a conoscenza anche i vertici accusati di aver coperto il fatto. Imputati per favoreggiamento erano l’ex maggiore Salvatore Romondia e l’ex generale Enrico Celentano, entrambi assolti assieme ad Antico con rito abbreviato. Contro questa sentenza di assoluzione la procura di Pisa ha già fatto appello: la trattazione sarà in forma orale e si terrà l’11 ottobre.
Il fratello di Emanuele: “Adesso c’è una verità”
“Mio fratello non ci sarà restituito ma adesso c’è una verità, quella che noi abbiamo sempre voluto, sia io che i miei genitori”. Così Francesco Scieri, fratello di Emanuele, ha commentato a caldo la sentenza della Corte d’Assise di Pisa che ha condannato a 26 e 18 anni due ex caporali della Caserma Gamerra accusati dell’omicidio volontario del giovane para’ siracusano. “I miei genitori – ha detto Scieri – hanno lottato fino allo stremo per avere questa giornata così importante e, finalmente, una sentenza di condanna per i colpevoli. Noi volevamo la verità e così oggi è stata scritta una pagina di verità”.
Una sentenza di primo grado che è arrivata dopo 23 anni dalla morte di Emanuele Scieri. “Purtroppo – ha aggiunto – per come sono andate le cose non avevo nessuna certezza di una sentenza di condanna e quindi sarebbe stata una ulteriore sconfitta. Mi ero preparato su cosa dire in caso di assoluzione e in caso di condanna. Ero più preparato sull’assoluzione. Quello di oggi è un tassello importante se ci saranno altri gradi di giudizio. Penso alla Corte d’Appello di Firenze che l’11 ottobre si esprimerà sul rito abbreviato: chissà che questa sentenza non influisca per gli altri imputati, perché non credo che possano essere assolti tutti”.
La difesa: “Non ce l’aspettavamo”
Andrea Di Giuliomaria, difensore di Luigi Zabara, condannato a 18 anni, ha così commentato: “Francamente non ce l’aspettavamo perché l’istruttoria dibattimentale aveva dimostrato l’assoluta inattendibilità del testimone Meucci e degli elementi probatori. Stamani era stato fatto un supplemento istruttorio che, secondo noi, non ha chiarito niente. Le sentenze si attendono, si leggono e si impugnano. Faremo appello. Adesso aspettiamo i 90 giorni per leggere la sentenza e vedremo quali punti avranno delle falle. Noi francamente eravamo molto convinti della tesi difensiva. I giudici motivano, basta leggere cosa sostengono”. Di Giuliomaria aggiunge infine: “Ritengo che l’istruttoria della Corte d’Assise abbia chiarito molto di più, rispetto a quello che era stato il giudizio abbreviato, la completa inattendibilità del teste Meucci. Credo che la tesi accusatoria sia uscita ancora più indebolita da questo approfondimento dibattimentale, non da ultimo quello di oggi”.