AGI – È morto a 92 anni nella sua casa di Calcata, in provincia di Viterbo, l’architetto Paolo Portoghesi. Ne annuncia la scomparsa sui social il segretario dell’Ordine degli architetti di Roma e provincia Marco Maria Sambo. “Grazie di tutto, sei stato un grande Maestro, un riferimento assoluto. Continueremo a leggere e rileggere i tuoi meravigliosi libri di storia dell’Architettura, le tue riflessioni – scrive Sambo – il tuo sguardo brillante e profondo, sull’architettura e sulla vita, ci accompagnerà sempre”. Tra le opere realizzate da Portoghesi ‘Casa Papanice‘ nel quartiere Prati di Roma del 1966 e la Moschea del 1974.
Maestro del postmodernismo
“L’architettura non è solo ciò che si vede, ma è anche l’allusione a qualcosa che non si vede ma che ha un valore, in gran parte nascosto”. Lo spiegava appena un anno fa agli studenti del Politecnico di Bari Paolo Portoghesi, in una delle sue ultime lectio magistralis. E convinto di un valore umano dell’architettura lo è sempre stato il teorico e docente, scomparso oggi dopo una vita all’insegna della composizione architettonica.
Proprio come il borgo dove aveva scelto di vivere da molti anni, Portoghesi sembrava distante dal grande pubblico ma aveva invece una vita intellettuale ricca e fervida, portata avanti fino all’ultimo. Noto a molti per essere stato uno dei massimi esponenti della corrente del postmodernismo, aveva mosso i primi passi nella sua Roma, laureandosi all’università La Sapienza e pubblicando, quando ancora studiava, alcuni saggi su Francesco Borromini, alla cui opera dedicherà negli anni numerosi studi.
Proprio quella Roma Barocca che lo aveva accompagnato nei primi anni di vita nel rione Pigna, all’ombra di Largo Argentina, rimarrà per Portoghesi fonte di ispirazione perenne, come lui stesso aveva più volte ricordato. Sarà però con il saggio ‘Le inibizioni dell’architettura moderna’, pubblicato nel 1976, che diventerà riferimento e sostenitore del postmodernismo in Italia.
Eletto direttore della Biennale di Venezia nel 1979, l’anno seguente darà vita all’installazione Strada Novissima, composta da venti facciate contigue e di misure differenti, realizzate da altrettanti architetti di fama internazionale. Un’iniziativa che fu considerata come il manifesto italiano dell’architettura postmoderna. Tra le sue numerose opere si ricordano casa Baldi a Roma, i giardini di Montpellier a Lattes, in Francia, il palazzo dei reali di Giordania ad Amman, le moschee di Roma e di Strasburgo.
Ma soprattutto casa Papanice, un edificio civile romano progettato nel 1967 insieme all’ingegnere Vittorio Gigliotti, considerato dagli storici di tutto il mondo uno dei simboli del postmodernismo italiano. Tanto che, in occasione dei 90 anni di Portoghesi, la facciata fu proiettata sugli edifici di cultura di quattro diversi continenti. Considerato una mente vivace e sempre in cerca di nuove intuizioni, seppe anticipare anche i temi naturalistici e legati al recupero del rapporto tra uomo e terra.
Negli ultimi venti anni, infatti, dedicò la sua attività a quella che chiamò geoarchitettura, definendola un’architettura ‘umanistica’, in linea con la teoria della decrescita di Serge Latouche. Nel 2005 pubblicò il saggio ‘Geoarchitettura. Verso un’architettura della responsabilità’, fondando inoltre la rivista ‘Abitare la terra’.
Nel 2007 venne attivata la cattedra di Geoarchitettura presso la facoltà di Architettura de La Sapienza, della quale fu professore emerito. Secondo quanto spiegava Portoghesi, la geoarchitettura avrebbe dovuto rispettare specifici criteri fondamentali, tra i quali imparare dalla natura, apprendere dalla storia e tutelare gli equilibri naturali. Un tema sul quale, soprattutto oggi, Portoghesi avrebbe avuto ancora molto da insegnare.