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Ermal Meta sullo stupro di Palermo, “il mio non era un messaggio di odio”

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AGI – “Quando subisci uno stupro quel dolore dura per sempre. Ciò che ho scritto è stato dettato dalla rabbia”: così Ermal Meta ha precisato il senso del suo sfogo sui social contro lo stupro di gruppo a Palermo, intervistato a TG1 Mattina Estate.

“Io non ho scatenato nessun odio”, ha aggiunto il cantautore di origine albanese rispondendo alle polemiche, “l’odio viene scatenato da una certa passività. Spesse volte il non interesse su quello che accade viene travestito da una sorta di garantismo, e non può essere più così”.

 

 

Meta aveva augurato agli autori della violenza, se saranno reclusi, di “finire sotto 100 lupi in modo“, aveva aggiunto, “che capiate cos’è uno stupro”. L’allusione era a un messaggio scambiato dagli stupratori in chat dopo la violenza: “Eravamo 100 cani sopra una gatta”.

“Ciò che ho scritto d’istinto  stato dettato dalla rabbia di un libero cittadino”, ha spiegato il cantautore, “il dolore non deve essere necessariamente personale per poterlo sentire. Ho conosciuto persone che hanno subito stupri e dopo vent’anni il loro dolore è ancora vivo”. “Quando compi uno stupro”, ha aggiunto, “l’eco di quel crimine dura per tantissimo tempo. Io non ho conosciuto stupratori che hanno fatto 25 anni di galera, ma ho conosciuto vittime di stupro che hanno fatto 20 anni di psicofarmaci. Non è quella forse una prigione?”.

“È giusto educare”, ha concluso il cantautore, “ma è giusto anche punire qualora l’educazione non funzioni. Tutti i giorni incontro persone che esprimono le proprie paure e la più grande paura è diventata quella dell’altro”. 

Intanto sono in carcere Angelo Flores, che aveva ripreso i propri sei amici mentre stupravano la diciannovenne e, interrogato, aveva fatto i nomi dei complici cercando però di minimizzare le proprie responsabilità e Gabriele Di Trapani che aveva sostenuto che era stata la vittima a volere far sesso. Sono loro i primi due dei sette arrestati di Palermo che si sono visti respingere l’istanza di remissione in libertà.

L’unico uscito dalla cella, per andare in comunità, è R.P., che il 7 luglio, giorno della violenza, era ancora minorenne e ora ha compiuto 18 anni. La Procura, diretta da Claudia Caramanna, farà ricorso al tribunale del riesame, in sede di appello.

Il gip del tribunale dei minorenni di Palermo Alessandra Puglisi ha preso atto delle ampie ammissioni rese da R.P. e ha revocato l’ordine di custodia cautelare che aveva colpito il ragazzo, disponendo il suo trasferimento in comunità.

Il giovane è uno dei sette coinvolti nello stupro di gruppo e che, fra il 3 e il 18 agosto, sono finiti in carcere: si tratta di sei maggiorenni e di un diciassettenne – appunto R.P. – che nel frattempo ha compiuto la maggiore età. Il giovane era però ancora minorenne il 7 luglio scorso, il giorno in cui furono commessi gli abusi ai danni di una ragazza di 19 anni, trascinata in un cantiere del Foro Italico e sottoposta a violenze di ogni genere dagli indagati, tutti di età compresa fra 17 e 22 anni.

Abusi che, di fronte al giudice, R.P. ha confessato, anche perché incastrato dalle indagini dei carabinieri: da qui la scarcerazione disposta dal gip Puglisi ma anche il ricorso al tribunale del Riesame, in sede di appello, da parte della procura dei minorenni, convinta che R.P. abbia solo ammesso quel che non poteva negare.

I pm chiederanno dunque al riesame di riarrestare il giovane, che comunque – anche nel caso in cui l’appello dovesse essere accolto – potrà fare a sua volta ricorso in Cassazione e dunque resterà fuori per almeno 3-4 mesi. 

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Autore Redazione