AGI – “Un giorno è venuto qui a mangiare Checco Zalone e mi ha invitato a una cena dove avrebbe cucinato gli spaghetti all’assassina. Piatto tipico di Bari che ultimamente nei social sta spopolando”, racconta al Gambero Rosso l’ottimo chef Mauro Uliassi, sempre in testa a tutte le classifiche gastronomiche, il cui ristorante a Senigallia “è valutato con 3 stelle Michelin, 5 cappelli Espresso, 3 forchette del Gambero Rosso”, come si evince dal suo sito ufficiale.
E a lui in testa si è accesa subito la lampadina della creatività e della replicabilità dell’idea. Gli spaghetti all’assassina non è tuttavia né una ricetta antica né un piatto di recupero, come in genere si ritiene, bensì “un piatto antico della tradizione barese”, la cui nascita, risale al 1967 quando Enzo Francavilla, foggiano, titolare del Sorso Preferito a Bari, li inventò di sana pianta per due clienti che si erano accomodati ai tavoli della sua trattoria. E da quel momento “gli spaghetti all’assassina entrarono a far parte del menu del Sorso Preferito a Bari”, per altro ancora in attività, conquistando altri clienti e viaggiando di ristorante in ristorante, fino a divenire uno dei piatti simbolo di Bari.
Una storia intrigante che ha conquistato anche Mauro Uliassi, che così racconta: il piatto: “Nasce da una chiacchierata con Luca Medici, in arte Checco Zalone, una persona straordinaria, così come tutta la compagnia con la quale è venuto qui a pranzo. A un certo punto mi ha invitato a una festicciola nel suo hotel la sera, dove avrebbe cucinato gli spaghetti all’assassina. Grande classico di Bari che, diciamolo, non è tecnicamente corretto: in pratica gli spaghetti vengono messi a crudo nel pomodoro e poi man mano si aggiunge il brodo fatto con la conserva, ma il vero segreto è di farli attaccare alla padella più e più volte. Eppure, con i miei ragazzi, ci allettava molto l’idea di inserire questo piatto nel Lab”.
Il risultato è “aver estrapolato la caratteristica principale della pasta all’assassina, la sua piccantezza, creando una salsa all’arrabbiata dove al posto del pomodoro abbiamo utilizzato il peperone rosso lungo, che ha una piccantezza di livello medio e poco persistente. Dopodiché, con i gambi di prezzemolo, abbiamo fatto una specie di tabbouleh, l’aglio lo abbiamo messo in infusione nell’olio e a cristalli leggermente tostato, e ci abbiamo aggiunto la ‘nduja e un olio fatto con l’ajowan, che ha un marcato sentore cuminoso”.
La pasta, poi, va resa croccante senza bruciarla mentre la cottura tradizionale non lo permette. Va invece azzeccato il punto di cottura dove la pasta cede ed è poi facile da arrostire. Formato ideale: il fusillone di Pietro Massi cucinato in acqua per 34 minuti a fronte dei 12 minuti normali. Una volta stracotto viene freddato e arrostito in padella e sotto la salamadra, ottenendo una tostatura che di fatto è due passi indientro rispetto alla bruciatura. Ecco servita la pasta all’assassina di Uliassi: fusillo in bianco arrostito (morbido al centro e croccante fuori) con sugo all’arrabbiata di peperone rosso, ‘nduja, cristalli di aglio tostato, olio di ajowan e tabbouleh di prezzemolo. Il tutto accende le papille.