Chiudi
Notizie

In Italia un posto di lavoro su tre è a rischio per l’Intelligenza artificiale

in-italia-un-posto-di-lavoro-su-tre-e-a-rischio-per-l’intelligenza-artificiale

AGI – I lavoratori italiani sono i più minacciati dal’Intelligenza artificiale in Europa. L’innovazione tecnologica sta cambiando il modo di lavorare creando potenziali mismatch, ovvero squilibri nell’offerta di profili professionali rispetto alle nuove esigenze del mercato.

L’Italia è tra i Paesi con il più alto tasso di ‘skill mismatch’ in Europa: lo skill-gap (la scarsa adeguatezza dei profili professionali) che ne deriva si traduce nell’incapacità di acquisire, entro i tempi della transizione tecnologica, le stesse abilità complesse che svolgerebbe un robot al nostro posto.

È il risultato di un’analisi del Fondo per la Repubblica Digitale che, con l’obiettivo di accrescere le competenze digitali dei lavoratori con mansioni a forte rischio sostituibilità a causa dell’automazione e dell’innovazione tecnologica, ha pubblicato il bando “In progresso”.

“Il Fondo mette a disposizione 10 milioni di euro per sostenere progetti che mirano a garantire le condizioni di permanenza nel mondo del lavoro e migliori opportunità professionali per quei lavoratori che rischiano di perdere il posto di lavoro per l’introduzione di sistemi di automazione e per l’innovazione tecnologica, come l’I.A”, spiega nella nota Giorgio Righetti, Direttore generale del Fondo per la Repubblica Digitale – Impresa sociale.

A rischio un lavoratore su tre

Un recente studio dell’Università di Trento conferma che nei prossimi 15 anni la quota di lavoratori e lavoratrici ad alto rischio di sostituzione tecnologica si attesterà tra il 33% (7,12 milioni di persone) e il 18% (3,87 milioni), se si considerano rispettivamente le professioni automatizzabili o le singole mansioni.

Nel nostro Paese le professioni ad alto rischio di automazione interessano diversi settori: trasporti e logistica, supporto d’ufficio e amministrativo, produzione, servizi e settore della vendita. Anche il rapporto Today Istat su Cittadini e competenze digitali pubblicato oggi, conferma che meno della metà degli italiani tra i 16 e i 74 anni nel 2021 aveva competenze digitali di base, un dato che si attesta al quart’ultimo posto in Ue.

Più indietro rispetto all’Italia (45,7%) solo la Romania con il 27,8%, la Bulgaria (31,2%), e la Polonia (42,9%). La Finlandia (79,2%) e l’Olanda (78,9%) già nel 2021 presentavano valori quasi in linea con il target dell’Europa fissato per il 2030: l’80%.

Quanta strada dobbiamo recuperare

Per raggiungere l’obiettivo il nostro Paese dovrà far registrare nei prossimi anni un incremento medio annuo di 3,8 punti percentuali. Inoltre, sempre più aziende e istituzioni si aspettano che la maggior parte dei loro lavoratori possieda competenze digitali che permettono loro così da stare al passo con gli sviluppi del progresso in ambito tech, restare competitive sul mercato e favorire migliori condizioni economiche e sociali per le comunità.

Tutto ciò rende necessaria un’azione di adeguamento del know-how attraverso azioni di upskilling dei lavoratori, con percorsi di formazione sulle competenze digitali e trasversali per svolgere le mansioni a più alto valore aggiunto in via complementare agli strumenti forniti dall’innovazione tecnologica.

Questa trasformazione, per essere vissuta come un’opportunità, necessita di azioni di riqualificazione del personale. Un altro esempio potrebbe riguardare la trasformazione di mansioni d’ufficio, come l’amministrazione, il marketing, le vendite, anch’esse in profonda trasformazione per l’innovazione tecnologica.

“L’intelligenza artificiale, l’innovazione tecnologica e l’automazione sono una grande opportunità di cambiamento e crescita per le imprese. Come tutte le fasi intermedie e di passaggio – commenta Giovanni Fosti, Presidente del Fondo per la Repubblica Digitale – Impresa sociale – anche quella che stiamo vivendo comporta per manager e dipendenti, la necessità di migliorare le proprie capacità di utilizzare questi strumenti. È necessario mettere al centro le persone, investire nella loro formazione, nell’aggiornamento delle competenze e dare opportunità di riqualificazione ai lavoratori a seguito del progresso tecnologico. Puntare su questo obiettivo di crescita significa, per noi, lavorare anche sull’emergenza disuguaglianza, che crea ingiustizia e la amplifica, deprimendo le occasioni di sviluppo. In questo nostro tempo, l’accesso alle opportunità passa soprattutto dalla formazione e, in particolare, quella in ambito digitale”. 

Redazione

Autore Redazione