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Italiani, popolo di santi, navigatori, poeti e… gattari

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AGI – Whisky ha il pelo bianco e gli occhi azzurri, ma solo adesso riesce ad aprirli grazie alle donazioni di privati che lo hanno salvato dalla cecità. Odisseo oggi sgattaiola allegro, fino a pochi mesi fa rischiava di rimanere paralizzato dopo essere stato investito e lasciato sull’asfalto. A salvarlo, anche in questo caso, la raccolta fondi che ha permesso di operarlo.

Sono alcune delle tante storia di solidarietà raccolte dall’Oipa – Organizzazione internazionale protezione animali, che testimoniano l’amore degli italiani per i gatti. Un idillio confermato anche dai numeri, alla viglia della giornata internazionale del gatto promossa dall’International Fund for Animal Welfare.

I felini rimangono in cima agli animali domestici più apprezzati secondo il rapporto Eurispes 2023, per il quale il gatto viene scelto dal 34,4 per cento degli intervistati ed è secondo solo al cane, solido al 42 per cento.

Tra i 10 e 15 milioni gli esemplari tenuti in casa secondo Legambiente, che stima tra 66mila e 72mila le persone ufficialmente impegnate nel loro accudimento volontario e tra 700mila e fino a un milione i gatti liberi presenti nelle colonie feline, una realtà talmente diffusa sul territorio da essere stata disciplinata con una legge specifica, la 281 del 1991, che ne prevede la registrazione nelle città italiane.

Per Legambiente il nostro si conferma quindi tra i paesi che più amano i mici. Sfatato invece il mito di ‘Roma città dei gatti’. È Napoli il capoluogo con più esemplari registrati all’anagrafe, 80.740 nel 2021, di cui 21.050 in colonie feline. A seguire Taranto con 12.566 gatti e Brescia con 8.902.

In percentuale, però, spicca il primato di Sant’Angelo in Lomellina, in provincia di Pavia, che dichiara di avere più di un gatto ogni due cittadini residenti. Ma se Roma non è più la città dei gatti, rimane comunque quella dei ‘gattari’, il termine con il quale si indicano tutte quelle persone che si prendono cura dei mici randagi, portando loro da mangiare nelle colonie feline che a Roma, secondo il censimento delle Asl, sono oltre 5mila.

Non a caso proprio nella Città Eterna esiste la colonia più famosa, quella di largo Torre Argentina, divenuta ormai uno dei simboli della Capitale tanto da aver ricevuto, nello scorso mese di maggio, la targa e i tesserini di riconoscimento ufficiali da parte del Campidoglio. Lo stesso riconoscimento è stato consegnato anche alla colonia ‘I gatti della Piramide’ in viale di Campo Boario.

Il primato di longevità, però, rimane alla colonia di Torre Argentina, chiamata anche il ‘Santuario dei Gatti’. Proprio qui decine di felini cominciarono a trovare rifugio fin dai primi del Novecento, quando l’area sacra fu riportata alla luce dagli scavi archeologici e, parallelamente, si diffuse l’usanza di abbandonare i felini che non si volevano più tenere in casa.

Si è sviluppata così negli anni questa colonia che oggi conta un secolo di storia, dove i gatti ricevono il cibo lasciato loro da habitué del luogo, dai volontari dell’Associazione culturale colonia felina di Torre Argentina o da semplici turisti incuriositi.

Le persone del posto raccontano di come anche Anna Magnani, che abitava nelle vicinanze, di tanto in tanto portasse da mangiare ai piccoli mici della colonia. E, secondo l’associazione, fu un’altra attrice, Franca Stoppi, a impegnarsi affinché gli ospiti felini dell’area sacra fossero curati e sterilizzati. Per i gatti romani, un vero trattamento da divi. 

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