ROMA (ITALPRESS) – “Ho scritto qualcosa che ha a che fare con uno spaccato del ‘900. Ho avuto la fortuna di nascere e crescere in una famiglia divertente, di fini umoristi, grandi raccontatori di storie come mio padre e i miei zii. Questa atmosfera è stata fondamentale per me che ho acquisito un modo di intendere la vita sempre in modo positivo, è stato terreno fertile affinchè nascesse la piantina umoristica di uno dei componenti della nostra famiglia, come sapete bene”. Così Salvo Buzzanca, scrittore e giornalista, in un’intervista alla Italpress presentando il suo ultimo libro, “Dobbiamo festeggiare”, edito da Tozzuolo, che racconta storia e tradizioni di famiglia, ma che è anche uno spaccato del Bel Paese e di quegli anni irripetibili, oltre a presentare diversi aneddoti del suo rapporto con il fratello Lando, il noto e apprezzato attore palermitano scomparso a gennaio dello scorso anno. “A un certo punto mi sono reso conto che il mondo fosse fatto di persone felici, nessuno si stava rendendo conto di vivere il periodo forse più positivo del nostro Paese e del mondo, i favolosi anni ’60 – ha aggiunto – Mentre scrivevo il libro mi rendevo conto che non stavo rappresentando solo la mia famiglia, ma le tante altre che come la mia stavano costruendo le basi dell’Italia moderna, avendo in mente anche il fatto che nella mia famiglia si stava sviluppando un fenomeno non indifferente, di cui non avevamo ancora idea – ha sottolineato introducendo la figura del fratello Lando – Nel libro c’è tanto di mio fratello. Il mio primo incontro con Lando avviene quando ho nove anni, perchè lui era partito anni prima. Nel momento migliore della sua carriera, con il film ‘Sedotta e abbandonatà che l’ha consacrato al pubblico e alla critica, conobbi questa persona che a me incuteva molta soggezione, e che in quel periodo era molto teso”. A questo proposito, Salvo Buzzanca cita un episodio in particolare, inserito anche nel libro: “Mi piace molto l’aneddoto in cui io e lui ci troviamo in macchina per andare assieme a mare dopo il mio diploma, è il primo vero incontro da adulti in cui ci facciamo delle confidenze e lui mi dice che secondo lui potrei fare il giornalista – ha raccontato – Capisco che lui ha toccato una corda che io non osavo toccare, fu una bastonata. Da quel momento in poi ho deciso di fare quello, non perchè me lo ha detto lui ma perchè in fin dei conti non ci avevo mai pensato”. Infine, una riflessione su cosa vuol dire essere siciliani: “Parlando di Sciascia, Camilleri cita Vittorio Nisticò, il ‘miticò direttore del giornale L’Ora di Palermo, che distingueva i siciliani in due categorie: quelli di scoglio e quelli di mare aperto – ha spiegato Buzzanca – In quest’ultimo caso parliamo di chi va a trovare fortuna fuori dalla sua terra, ma io aggiungo per quanto mi riguarda con un grande elastico attaccato dietro la schiena. Le radici per me sono fondamentali e non riesco ad allontanarmi dalla mia terra”, ha concluso.
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