ROMA (ITALPRESS) – I nuovi dati statistici economici ci ricordano di un debito pubblico esorbitante mai ridotto, di perdita di competitività che perdura e dunque di perdita di peso nel mercato internazionale per le nostre aziende. L’incremento ininterrotto di debito pubblico come soluzione per la governabilità, bassa competitività e perdita di spazi nei mercati internazionali, sono i classici punti di debolezza della rovina di una nazione. Queste congiunture economiche, quando non si affrontano con decisione e permangono a marcire nella loro difficoltà, riducono i salari, le prestazioni sociali e il reddito nazionale per provvedere ad ogni incombenza pubblica. Questi mali, se non estirpati, ne procurano altri pericolosi. Ad esempio: i salari bassi riducono i consumi; posti di lavoro e aziende si distruggono; le tasse aumentano per supplire alla penuria delle entrate; gli investimenti pubblici subiscono cali; il Welfare rimpicciolisce; i poveri diventano più poveri, e chi non lo era lo diventa anch’esso. Ma allora perché si rifiuta una visione ragionevole di questi temi? Se finora la competizione politica si fa a chi offre più doni, alla lunga i cittadini capiscono che a pagarli sono proprio loro.
Alla fine non possono che valutare non responsabili tali soggetti, e trarne conclusioni negative. Con le continue altalene di forze politiche: salgono nei consensi e con la medesima rapidità poi crollano. Allora le stesse forze politiche farebbero bene a cambiare la rotta economica, così come alcune forze sociali. Ad esempio Landini ha annunciato un altro referendum contro le poche riforme del lavoro fatte, che hanno dovuto allinearci alle esigenze della organizzazione moderna del lavoro stesso. Insomma si vogliono incolpare le riforme per i bassi salari e la precarietà, che invece dipendono da scarsa cultura riformatrice e disattenzione sui pilastri della economia, dalle politiche assistenzialistiche, dagli sprechi. Un esempio per tutti: la scellerata iniziativa referendaria di anni fa per la chiusura delle centrali nucleari, che ci ha condotto ad alti costi energetici per aziende che hanno perso competitività, e famiglie ridotte sul lastrico anche da speculazione ed inflazione. Altro aspetto che dovrebbe essere analizzato con logica diversa è l’esperienza del reddito di cittadinanza, costato finora 50 miliardi di euro. Non è stato un mezzo per condurre al lavoro né per professionalizzarsi. I cinesi ad esempio, per diventare leader nel fotovoltaico hanno investito una cifra equivalente in ricerca, formazione e organizzazione dei processi produttivi.
Il risultato finale ha portato molte centinaia di migliaia di posti di lavoro in più, entrate maggiori allo Stato, più investimenti pubblici. E allora se guardassimo con occhi nuovi le dinamiche socio-economiche ci renderemmo conto del motivo del nostro declino. Ecco perché preghiamo per la conversione di Landini. Per i lavoratori e il lavoro italiano, potrebbe cancellare il referendum contro le riforme, sostituendolo con il referendum per ripristinare integralmente il nucleare.
– Foto Agenzia Fotogramma –
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