AGI – Le paure dei cittadini sul 5G sarebbero ormai marginali. Nonostante sia largamente diffusa l’idea che la popolazione nutra timore per l’inquinamento elettromagnetico e avversione per l’installazione delle “antenne” di quinta generazione, secondo un’analisi condotta da Bytek e I-Com, le ricerche sul web relative al 5G e correlate a un sentimento di paura mostrano un andamento fortemente decrescente: in Italia passano infatti dal 13% del totale nel 2020 al 2,8% del 2022, anno nel quale si sono registrate solo 144,5 ricerche di questo tipo ogni 100.000 abitanti.
Lo studio dal titolo “Il 5G e la percezione dei rischi presso i cittadini” è stato presentato a Roma nel corso di una tavola rotonda alla quale hanno partecipato anche il presidente di I-Com Stefano da Empoli e al direttore external affairs and sustainability di WindTre Roberto Basso, il senior business advisor di Join Group Enrico Barsotti e la vicepresidente I-Com Silvia Compagnucci. Il paper analizza lo sviluppo delle reti 5G in Italia e nel mondo e fa il punto sulla normativa relativa ai limiti elettromagnetici e alla percezione dei rischi da parte dei cittadini.
Resta largamente diffusa l’idea che la popolazione nutra timore e avversione per l’installazione delle reti di telecomunicazione e lo sviluppo della tecnologia di quinta generazione. L’analisi condotta da Bytek e I-Com per Futur#Lab ha permesso di studiare i timori correlati al 5G in 5 paesi (Italia, Stati Uniti, Francia, Germania e Spagna) attraverso l’osservazione delle keyword utilizzate sul web dagli utenti a livello nazionale nel periodo compreso tra agosto 2019 e marzo 2023: le ricerche sul 5G correlate a un sentimento di paura, al di là del secondo trimestre 2020 – a causa di un forte condizionamento esercitato dalla crisi pandemica e dalle numerose fake news su possibili collegamenti tra 5G e Covid-19 – mostrano un andamento fortemente decrescente e si attestano su numeri marginali.
Prova ne è il fatto – si legge sul rapporto – che in Italia passino dal 13% del totale nel 2020 al 2,8% del 2022, anno nel quale si sono registrate solo 144,5 ricerche di questo tipo ogni 100.000 abitanti. Rispetto alle antenne, emerge un ridotto interesse per l’argomento in generale (solo 9,5 ricerche ogni 100.000 abitanti in Italia nel 2022). Anche il tema dei limiti elettromagnetici, unico argomento non impattato – USA a parte – dalla crisi pandemica, sembra non appassionare particolarmente le ricerche italiane che, seppur superiori a quelle realizzate in Spagna (11,5) e Francia (5,7), si attestano a quota 12,3 ogni 100.000 abitanti nel 2022.
A fronte di una larga maggioranza della popolazione che non nutre particolari preoccupazioni verso il 5G, appare crescente l’interesse delle aziende. Secondo il rapporto internazionale “Reimagining Industry Futures Study”, pubblicato da EY a febbraio 2022, il 17% delle imprese stava già investendo sul 5G nella propria organizzazione, mentre ben il 56% stava programmando un investimento che verrà effettuato in un arco temporale che va da 1 a 3 anni. Solo il 12% crede che il 5G non abbia rilevanza per il proprio settore e per la propria posizione competitiva. In questo contesto, scrivono i ricercatori di I-Com – andrebbe nella giusta direzione l’iniziativa del Governo, ancora in fase di gestazione, di rivedere i limiti vigenti.
In particolare, nella bozza in discussione, si prevede l’innalzamento ad un valore di 24 V/m nel caso di mancato raggiungimento di un’intesa entro 120 gg dall’entrata in vigore della legge. Si tratterebbe di una modifica normativa assolutamente importante, ove effettivamente implementata, attraverso la quale si porrebbe un freno al proliferare di impianti e dunque si ridurrebbe, da un lato, l’impatto ambientale conseguente al maggior consumo di energia, di suolo e di materiali che la disciplina vigente impone; dall’altro, si favorirebbe la competitività delle imprese di TLC non più chiamate a realizzare innumerevoli nuovi siti, delle aziende italiane in generale che potrebbero più rapidamente accedere alla connettività 5G e ai servizi che lo stesso abilita e, in ultima istanza, del Sistema Paese nel suo complesso.
“A oggi – si legge ancora – l’Italia resta l’unico dei grandi paesi comunitari a non aver adottato gli standard consigliati dall’ICNIRP (Commission on Non-Ionizing Radiation Protection). A differenza delle linee guida che fissano un valore limite di 61 V/m, pari a circa 10 W/m2, nella Penisola sussistono limiti più stringenti, con un valore mediato su 24 ore di dieci volte inferiore, pari a 6 V/m. La previsione di tali limiti alle emissioni elettromagnetiche si traducono, secondo un recente studio presentato da ASSTEL nel corso di un’Audizione presso la IX Commissione Trasporti, Poste e Telecomunicazioni della Camera dei Deputati, in extra-costi di circa 4 miliardi di euro. Di contro, le poche altre nazioni europee che, insieme all’Italia, avevano storicamente limiti stringenti li hanno alzati o stanno considerando di farlo di fronte alle nuove sfide poste dal 5G. La Polonia si è uniformata ai limiti internazionali a partire dal 1 gennaio 2020 mentre nella regione di Bruxelles è iniziato un processo di modifica della disciplina su tali limiti”.
L’evoluzione tecnologica delle telecomunicazioni rappresenta infatti sicuramente un fattore determinante per la trasformazione digitale del Sistema Paese. Basti ricordare che secondo le più recenti stime GSMA, l’impatto positivo sul PIL potrebbe arrivare su base annuale a 950 miliardi di dollari nel 2030.