AGI – Un’installazione immersiva con le grandi fotografie appese ai palchi del teatro, a ricordare la protesta dei lenzuoli sciorinati dai balconi per dire No alla mafia.
Scatti di un bianco e nero furioso che sulle balaustre scarnificate di quello che un tempo fu un gioiello ottocentesco, oggi acquistano un significato ancora più importante: testimoni di dolore e di speranza, delle guerre tra clan mafiosi, di innominabili, di protagonisti di una stagione che arriverà – ma non si chiuderà – agli attentati in cui persero la vita i giudici Giovanni Falcone e Francesca Morvillo, e Paolo Borsellino, e le rispettive scorte.
E della rivolta germinata da quelle stragi, dalla rivalsa della città che ha avviato un cammino di riappropriazione degli spazi, fisici ma soprattutto morali ed etici. Tony Gentile allora era uno dei giovani fotografi di cronaca: sin dagli anni Ottanta – i suoi inizi – ha documentato delitti e arresti, visi imperscrutabili e politici conosciuti, bambini nei quartieri popolari, manifestazioni, scene quotidiane, i primi respiri di libertà e di rinascita; e fu lui a realizzare l’immagine iconica che racconta in uno sguardo, la grande complicità e amicizia tra i giudici Falcone e Borsellino, scattata precisamente 57 giorni prima della strage di Capaci, quasi uno scherzo del destino visto che passarono altri 57 giorni esatti prima dell’attentato di via D’Amelio.
Il fotografo più noto e sconosciuto d’Italia
“Tony Gentile è il fotografo più famoso ma paradossalmente sconosciuto per quanti in Italia hanno visto una sua fotografia tanto eccezionale da essersi trasformata in un’icona della storia italiana contemporanea”, scrive Ferdinando Scianna nella prefazione al volume “Sicilia 1992. Luce e memoria” (Silvana editoriale) che racchiude anche i trenta scatti scelti per la mostra “Tony Gentile. Luce e memoria” inaugurata il 22 maggio al Teatro Garibaldi, che viene così restituito alla comunità dopo quattro anni di chiusura.
Ed espone per la prima volta la fotografia dei giudici – ha una data, 27 marzo 1992 – restituita nella sequenza esatta dello scatto e trattata con un supporto digitale di “morphing” (realizzato da Luca Lo Iacono) che fa apparire, leggero, il sorriso di Paolo Borsellino mentre ascolta la frase, forse una battuta, dell’amico Giovanni Falcone. “Uno scatto a cui tutti si aggrappano perché è il simbolo del desiderio di rinascita di un popolo” dice Tony Gentile ricordando che la prima pubblicazione fu il 20 luglio 1992 sul Messaggero.
Ma ci sono le altre, archivio di memoria, quasi un album di famiglia di Palermo: bambini che giocano tra le strade polverose della Kalsa anni Ottanta – quello stesso quartiere dove sono cresciuti i giudici Falcone e Borsellino e dove ha sede il teatro che con questa mostra torna alla vita – una catena umana NoMafia del 1993, Bruno Contrada e Giulio Andreotti, i morti ammazzati e il pianto delle donne. Tutti scatti e personaggi che sembrano guardare lo spettatore che entra in teatro, chiedendo un impossibile perché.
“Credo non possa esistere un’occasione più simbolica per ridare a questo teatro la sua nuova vita”, dice il sindaco Roberto Lagalla mentre l’assessore alla Cultura Giampiero Cannella è convinto che “il miglior modo per combattere la mafia è intervenire sul piano culturale: è il messaggio di questa mostra”. Per l’assessore regionale ai Beni Culturali, Francesco Paolo Scarpinato, “vediamo foto che riportano indietro le lancette e danno coraggio, memoria e luce su un percorso di legalità portato avanti da Falcone, Borsellino e da tutti i siciliani”.
La mostra, organizzata dalla Fondazione Le Vie dei Tesori e dal Comune di Palermo -assessorato alla Cultura su un progetto della Fondazione Tricoli, è stata realizzata con il supporto dell’ARS, dell’assessorato regionale ai Beni culturali, di Confcommercio Palermo, del Cresm, dell’Ersu.
“Questo teatro riapre dopo quattro anni con Le Vie dei Tesori che ha fatto della riappropriazione degli spazi, la sua missione – interviene Laura Anello, presidente della Fondazione Le Vie dei Tesori – E lo facciamo in questa Kalsa dove Falcone e Borsellino sono cresciuti”.
Per la Fondazione Tricoli “le foto di Tony Gentile per le nuove generazioni sono una testimonianza forte di cosa ha rappresentato la barbarie mafiosa degli anni ’70 e ’80 – dice Fabio Tricoli – Dopo questo momento di riflessione, ci attende il trentennale della morte di don Pino Puglisi: ci impegneremo a diffondere la cultura delle legalità con nuovi progetti che possano arrivare nelle periferie”.
Inaugurato nel cuore dell’antica Kalsa nel 1861 dall’Eroe dei due mondi che da questo palcoscenico arringò la folla, il Teatro Garibaldi subì una prima chiusura fino al 1906, poi funzionò trent’anni come cinema (si chiamò anche Araldo) poi fu serrato di nuovo per riaprire a metà anni Novanta.
Storia di un teatro instabile
Occupato nel 2012 dai lavoratori dello spettacolo, venne sgomberato e affidato a Manifesta 12 durante Palermo Capitale italiana della cultura. Era chiuso dal 2019. Il Comune ha provveduto alla pulizia degli spazi e delle uscite di sicurezza, ed è stato sradicato l’albero nel giardinetto attiguo che era diventato instabile. È stato nominato un comitato di gestione che valuterà le proposte di spettacoli da ospitare e si sta già pensando a costruire un cartellone. La mostra sarà visitabile fino al 9 luglio, ogni giorno dal martedì al giovedì dalle 11 alle 19; da venerdì a domenica dalle 11 alle 21.