MILANO (ITALPRESS) – “La storia è molto semplice. L’Italia è il secondo Paese in Europa come potenziale nelle rinnovabili e al terzo posto nell’idro, dopo Norvegia e Francia. Siamo tra i primi per l’irraggiamento solare, con Spagna e Grecia, e nel sud siamo messi bene anche per la disponibilità di vento”. Così, in un’intervista a la Repubblica, Renato Mazzoncini, amministratore delegato di A2a.
“Nei primi anni Duemila – spiega – siamo partiti forte nel fotovoltaico anche grazie ai ‘conti energià che hanno incentivato generosamente sia operatori che cittadini. Risultato: tra il 2005 e il 2010 abbiamo installato 8-10 gigawatt di potenza all’anno. Grazie agli incentivi, gli investimenti nel fotovoltaico si ripagavano con un rendimento non inferiore al 6% all’anno. Si tratta di pannelli che con il tempo hanno perso solo il 20% della loro capacità. Quando sono stati tagliati gli incentivi, le installazioni sono crollate, fino ad arrivare ai 0,9 gigawatt del 2020, nonostante una riduzione del costo medio degli impianti. Una concausa è l’allungamento dei tempi per il rilascio di nuove autorizzazioni per l’enorme mole di richieste ai comuni e a Terna per gli allacciamenti alla rete. Nel 2022 si è tuttavia osservato un aumento del ritmo delle nuove installazioni con il fotovoltaico che ha fatto segnare un 177% e l’eolico 32,5% rispetto al 2021”.
“Non è solo una questione di autorizzazioni – sottolinea -. Per esempio:, chiunque può presentare domanda per un impianto, anche fosse il più grande mai realizzato in Italia, senza alcuna garanzia sulla capacità tecnica e finanziaria di poterla realizzare. Mancano, in sostanza, valutazioni sulla qualità dei progetti. Ma solitamente non si partecipa a gare pubbliche senza dare garanzie, industriali ed economiche. In realtà, più che operatori a fare domanda spesso sono sviluppatori che si preoccupano di avere un’area disponibile e mettono poi in vendita, di fatto, la domanda presentata e il preventivo di connessione. Questo ha creato un mercato delle autorizzazioni che finisce per incidere anche sul costo totale del progetto e sul prezzo dell’energia finale. Oltre a rallentare tutto ilsistema: al di là dei ritardi burocratici va detto che gli uffici tecnici di Comuni, Province e Regioni sono alle prese con una mancanza di norme certe che permettano loro una preselezione dei progetti”.
“L’eolico è fondamentale: una pala eolica di ultima generazione da 5 MW che lavora per 2500 ore all’anno produce 10 GWh, sempre all’anno – sottolinea l’Ad di A2a -. In pratica, una sola pala eolica genera l’equivalente di 10 ettari di pannelli solari (circa 14 campi di calcio,ndr ).Se vogliamo sostituire le centrali a gas, occorre certamentesfruttare al massimo anche l’eolico inclusa la sostituzione delle pale e dei rotori con tecnologie più avanzate. Ma questo vale per gli impianti on-shore. Per quelli in mezzo al mare, il discorso è diverso. Perchè il Mediterraneo, e ancor di più il Tirreno, è molto più profondo del Mare del Nord, dove la base delle pale viene fissata sul fondale, mentre al largo delle coste italiane bisogna ricorrere all’eolico galleggiante, dove l’impianto viene ancorato, con costi maggiori. Quindi il tema è il seguente: quanto si vuole che costi l’energia in Italia?”.
“La tecnologia dell’idrogeno consente di accumulare energia, soprattutto quando i prezzi dell’energia necessaria a produrlosono molto bassi per avere a disposizione energia da utilizzare quando le rinnovabili, intermittenti per loro natura, non ne producono a sufficienza – aggiunge -. Ma gli elettrolizzatori e l’idrogeno verde prodotto con le rinnovabili sono ancora troppo costosi. Come è successo per le batterie, si ipotizza che la tecnologia migliorerà e i prezzi scenderanno, magari con il supporto di incentivi della Ue. Penso che al 2050, il 45% dell’energia sarà coperto da molecole, di cui un terzo garantito dall’idrogeno. Per quanto riguarda A2a, abbiamo partecipato ai bandi del Pnrr per l’uso di idrogeno nella mobilità ferroviaria in Lombardia, Campania e Calabria”.
“Ho grossa fiducia nella tecnologia, per cui dal punto di vista della sicurezza non ho pregiudizi. Ma se si decide di investire sul nucleare servono grandi finanziamenti, il che renderebbe questa tecnologia una sorta di oligopolio naturale. In Italia non potrebbero esserci più di 4 o 5 gruppi adatti a partecipare alla costruzione di nuove centrali, tra cui anche A2a. Potrebbe essere interessante, ma c’è poi un problema di mercato energetico: le centrali nucleari non sono impianti flessibili e devono produrre tanto per ripagare gli ingenti investimenti. Il rischio che vedo è che in alcune ore del giorno possano entrare pesantemente in concorrenza con le rinnovabili, in particolare col fotovoltaico, disincentivandone gli investimenti. Per cui, chi ha grosse potenzialità nelle rinnovabili, l’Italia per prima, meglio che prediliga queste, mentre chi ne ha meno può costruire e mantenere le centrali nucleari perchè è energia a basso costo e contribuisce a decarbonizzare”, conclude l’Amministratore delegato di A2a, Renato Mazzoncini.
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