AGI – “Qualche giorno fa io e Lorenzo ci siamo sposati civilmente. Lo abbiamo fatto ‘in articulo mortis’ perché ogni giorno c’è una complicazione fisica diversa, entro ed esco dall’ospedale e ormai non diamo più niente per scontato. Lo abbiamo fatto controvoglia: se avessimo avuto un altro modo per garantirci i diritti a vicenda non saremmo mai ricorsi a uno strumento così patriarcale e limitato, che ci costringe a ridurre alla rappresentazione della coppia un’esperienza molto più ricca e forte, dove il numero 2 è il contrario di quello che siamo. Niente auguri, quindi, perché il rito che avremmo voluto ancora non esiste. Ma esisterà e vogliamo contribuire a farlo nascere”.
Così sul suo profilo Instagram la scrittrice Michela Murgia, che a inizio maggio aveva reso nota la sua battaglia contro un tumore al rene a uno stadio molto avanzato. “Tra qualche giorno nel giardino della casa ancora in trasloco daremo vita alla nostra idea di celebrazione della famiglia queer”, scrive ancora l’autrice di Cabras.
“Le nostre promesse non saranno quelle che siamo stati costretti a fare l’altro giorno. Vogliamo condividerlo a modo nostro e lo faremo da questo profilo, senza giornalisti o media vari. Il nostro vissuto personale, come quello di tutti, oggi è più politico che mai e se potessi lasciare un’eredità simbolica, vorrei fosse questa: un altro modello di relazione, uno in più per chi nella vita ha dovuto combattere sentendosi sempre qualcosa in meno”.
Le parole con le quali Michela Murgia ha annunciato il suo matrimonio civile con il compagno Lorenzo, anticipando la volontà di una ulteriore nuova celebrazione ‘queer’ e più personale, sono in linea con il suo recente percorso. L’autrice e politica sarda, che fin dagli esordi letterari non ha mai fatto mancare la sua voce per i diritti civili, si è sempre schierata in favore della libertà di autodeterminazione nei rapporti personali, sentimentali e familiari.
Tanto da aprire le porte della sua casa raccontando al pubblico la sua famiglia ‘queer’, intesa come un nucleo familiare inclusivo e mai escludente, nel quale l’autrice di Accabadora abbraccia tutte le persone che ritiene di voler sostenere e amare.
Non solo il marito Lorenzo, “che è un uomo ma sarebbe potuta essere una donna” come ha spiegato la stessa Murgia in un’intervista al Corriere della Sera, ma anche amiche e amici, colleghe e colleghi, persone con le quali ha condiviso il proprio attivismo o semplicemente una parte del cammino. Pezzi di vita, insomma. O, per dirla con le sue parole, ‘fillus de anima’, figli dell’anima.
Dopo aver annunciato, a marzo, di essere affetta da un grave carcinoma, la scrittrice ha anticipato inoltre di voler acquistare una casa con dieci letti, dove poter ospitare la grande comunità che vive già con lei a Roma e che rappresenta, appunto, la sua famiglia. È stata lei stessa a raccontarla in diversi e dibattuti post su Instagram, dal titolo ‘queering the family’.
“Nella queer family che vivo non c’e’ nessuno che non si sia sentito rivolgere il termine sposo/sposa in questi anni. L’elezione amorosa va mantenuta primaria, perché nella famiglia cosiddetta tradizionale i sentimenti sono vincolati ai ruoli, mentre nella queer family è esattamente il contrario: i ruoli sono maschere che i sentimenti indossano quando e se servono, altrimenti meglio mai. Usare tipologie di linguaggio alternative permette l’inclusione”.
O ancora: “La queerness familiare è una cosa che esiste e raccontarla è una necessita’ sempre più politica, con un governo fascista che per le famiglie non riconosce altro modello che il suo”.
L’intellettuale ha inoltre raccontato anche i rapporti interni alla queer family, ad esempio il suo con Claudia e Raphael. “Nella nostra famiglia queer io e Claudia siamo l’unica coppia omogenitoriale perché condividiamo un figlio, Raphael. Come è successo che siamo diventate madri insieme? Lo ha fatto succedere Raphael, prendendomi la mano la sera stessa in cui ci siamo conosciuti e dicendomi ‘non voglio che te ne vai più via’. Allora ho guardato Claudia, anche lei conosciuta quella sera. Nei successivi dodici anni è successo di tutto, io ho divorziato, lei si è sposata. Ma una cosa non è cambiata. Siamo rimaste entrambi le madri di Raphael”.
Amata e contestata, mai convenzionale, sempre controcorrente quando la corrente tira in una direzione che lei ritiene superata. Michela Murgia ha sempre puntato a svelare mondi ancora sconosciuti ad altri. Lo ha fatto con la Sardegna ancestrale dei suoi romanzi. Lo fa adesso, con il racconto queer della sua vita.