AGI – Una lunga carriera artistica che è arrivata fino alle passerelle di Dior. La creazione artistica scaturisce dall’esigenza ineluttabile di affrontare le proprie urgenze politiche, intellettuali, estetiche, narrative e identitarie, di indagare il mondo con uno sguardo autentico, sperimentando ogni relazione in maniera partecipata e personale. I video, la fotografia, il disegno, la scultura, le installazioni sono tecniche “linguistiche” che l’artista romana, Elena Bellantoni ha utilizzato per rappresentare la visione di sé e del reale, concentrandosi sul corpo come mezzo di interazione. La scrittura, poi, è servita a fare ordine, a dare voce al rapporto tra vita e arte, che dialogano e si riconoscono, nel flusso continuo della poetica del vagabondare, del perdersi e ritrovarsi, in una dimensione che del tempo cerca la sua diacronia.
“Non è un catalogo, ma un’auto-etnografia attraverso la quale cerco di fare il punto sugli incroci e le interferenze tra la mia vita personale e lo sviluppo del mio lavoro. L’arte è totalizzante, io mi sento sempre artista” spiega all’AGI, l’artista che il prossimo 30 novembre presenterà al Maxxi il volume edito da Castelvecchi.
Bellantoni oggi si divide tra il suo studio d’arte e la docenza all’Accademia di Belle Arti L’Aquila e alla NABA di Roma. Dopo la laurea in Storia dell’arte contemporanea, studia a Parigi e Londra, dove nel 2007 ottiene un Master of Arts in Visual Art al WCA – University of Arts London. Nel 2018 è tra gli artisti vincitori della IV edizione dell’Italian Council del MiC (Ministero della Cultura) e nel 2019 presenta il libro dell’intero progetto On the Bredline al MAXXI di Roma con un focus su tutta la sua produzione video. Questo libro è l’occasione per raccontarsi, partendo dalla propria infanzia fino ad arrivare alla fuga berlinese, che ha portato Bellantoni a confrontarsi con un nuovo contesto artistico, culturale e personale, finalmente lontana dalla periferia romana dove è cresciuta e dalla quale è in qualche modo scappata.
Scrive Bellantoni “Ho deciso di dividere il libro in sei capitoli che quasi in ordine cronologico – ci sono degli sbalzi spazio-temporali – seguono l’evolversi della mia ricerca. Tra un capitolo e l’altro ho inserito degli “intermezzi poetici”, dei testi che negli anni ho scritto e che sono strettamente legati alla mia produzione più performativa. La loro ragione d’essere è quella di parole in libertà, costituiscono l’ossatura dei mei pensieri che diventano, poi, agiti. Inoltre, quest’elenco di parole è stato per diverso tempo – all’interno della mia pratica relazionale – il canale di comunicazione con l’altro. Ovvero le regole fisse su cui ho impostato lo spazio del dialogo: prima di chiedere le parole ero io che consegnavo le mie.
Nel 2018 il lavoro “Ho annegato il mare” è selezionato nei Collateral di Manifesta 12 a Palermo. Lo stesso anno viene selezionata per il Gran Tour d’Italie del MiC. Nel 2014 vince il premio speciale Repubblica.it per il Talent Prize; con il progetto In Other Words. The Black Market of Translation – Negotiating Contemporary Cultures nel 2011 vince il bando della NGBK a Berlino. Il suo lavoro è presente in importanti collezioni pubbliche e private.
“Il mio processo artistico si nutre inoltre del dialogo tra discipline umanistiche: la storia come dispositivo di memorie e narrazioni, l’antropologia come luogo dell’incontro, la psicoanalisi come giardino in cui germoglia la parola. L’elemento sociale e politico è il collante che contraddistingue la mia ricerca, la quale, tuttavia, conserva sempre uno sguardo poetico”.