AGI – Praga come luogo dell’anima, la cultura slava diffusa vivificandola negli schemi espressivi della lingua italiana, luoghi ed emozioni della Mitteleuropa illuminati con la solarità mediterranea. Angelo Maria Ripellino ha raccontato Praga con la sensibilità del poeta e ora la capitale ceca si appresta a onorarlo dedicandogli una via, sperabilmente entro il 2023, anno in cui ricorrono il centenario della nascita e il cinquantesimo della pubblicazione del suo volume più celebre: “Praga magica“.
Una petizione promossa dall’editore di Progetto Repubblica Ceca ha già raccolto numerose e autorevoli adesioni dal mondo culturale irradiandosi proprio dalla capitale, e si inserisce come punta di diamante in una serie di manifestazioni promosse dall’Istituto italiano e supportate dall’Ambasciata per ricordare e attualizzare il pensiero e gli scritti dell’intellettuale palermitano scomparso prematuramente a 55 anni a Roma.
L’ambasciatore Mauro Marsili ha scritto al sindaco di Praga per appoggiare a titolo personale e istituzionale la proposta di intitolazione “di una via, di una piazza o di un altro spazio pubblico di Praga alla memoria di Ripellino. Un artista che non ha mai smesso di credere nella funzione creatrice e liberatrice di forme dell’arte, nel potere evocativo e catartico della parola. Ritengo inoltre che ad Angelo Maria Ripellino devono molto sia la città di Praga, sua seconda patria, che l’Italia, da lui avviata ad una conoscenza della civiltà slava e mitteleuropea con testi e strumenti di indagine che vanno al di là del perimetro accademico”.
Praga appare fisicamente nell’orizzonte di Ripellino nel 1946, fresco di laurea in letteratura slava conseguita con una tesi sulla poesia russa del Novecento. È il suo professore, Ettore Lo Gatto, a indirizzarlo verso la Cecoslovacchia, tornata democrazia dopo sette tremendi anni di Protettorato nazista e il distacco temporaneo della Slovacchia nel periodo bellico. Un Paese che riallaccia i fili col passato, la repubblica di Tomáš Garrigue Masaryk e di Edvard Beneš nata dalla dissoluzione dell’impero degli Asburgo, in un mondo sconvolto dal secondo conflitto mondiale e dal rimescolamento degli equilibri di forze.
Ripellino tiene un corso sulla letteratura italiana del XX secolo e torna nuovamente nel 1947, anno in cui poi si sposa a Roma con la studentessa praghese Ela Hlochová. Non assiste pertanto al colpo di stato che nel 1948 cancella la Terza repubblica e sposta il Paese dal cuore dell’Europa verso il sistema sovietico. Sale in cattedra all’Università di Bologna dove insegna Filologia slava e lingua ceca e terrà quell’incarico per un quadriennio, prima di approdare alla Sapienza di Roma dove nel 1961 succederà proprio a Lo Gatto.
È autore instancabile nell’analisi e nella divulgazione firmando articoli e saggi su riviste letterarie e culturali, sui giornali e alla radio. Nel 1950 pubblica il suo primo libro, “Storia della poesia ceca contemporanea” e diviene consulente di Einaudi curando edizioni di opere di Fëdor Dosto’evskij, Aleksandr Puškin e Mikhail Lermontov. Si confronta con la realtà dell’Unione Sovietica nel 1957 e qui conosce, con il giovane Evgenij Evtušenko, Boris Pasternak di cui fa pubblicare i versi per la prima volta in Italia nel 1957.
Praga torna continuamente nella sua vita, sia come elemento di riappropriazione delle origini familiari, sia per le relazioni intessute con esponenti della cultura cecoslovacca. I suoi problemi di salute, che l’hanno già costretto a sottoporsi a un intervento e a un ricovero in Italia, lo portano nel 1965 in un sanatorio nei dintorni di Praga, esperienza che finirà in una raccolta di poesie edita da Rizzoli. La storia bussa però nuovamente alla porta della nazione slava, con la ciclicità del numero “8” che fa davvero credere alla cabala, ai corsi e ricorsi, a un destino scritto nelle lettere e nelle cifre: la repubblica indipendente nacque nel 1918, fu colpita dalla coltellata alla schiena del Patto di Monaco nel 1938, sterzò verso il comunismo nel 1948, tenterà di riconquistare la libertà nel 1968 con una primavera gelata dal totalitarismo sovietico.
L’Espresso lo invia in quell’anno nella sua Praga che vedrà martoriata dai carri armati con la stella rossa e soffocata nelle aspirazioni di rinascita democratica. La racconta prima e dopo l’abbandono forzato dall’invasione e vi tornerà per l’ultima volta nel 1969, per una serata in onore del presidente Alexander Dubček. Poi, non potrà più. Praga da tempo, però, si è impossessata del suo cuore e della sua mente, lo ha sedotto con la bellezza, la cultura, il suono della lingua, i volti e le voci, gli echi di un grande passato e la propensione verso il futuro, e pure con il sentimento nostalgico, languoroso e straniante, di un distacco imposto e lacerante.
Elabora allora quel mondo e lo consegna nel 1973 alle pagine di “Praga magica” che è insieme atto di amore e di lucida corrispondenza di sensi, rapporto intellettuale e sublimato, slancio romantico e razionale, mistero e rivelazione, spleen et idéal. E, pure, il mondo perduto del Cabaret Viola e delle birrerie che punteggiano i dedali di Malá Strana, quello mitizzato del sognatore di Rodolfo II e della sua corte di architetti, astronomi e artisti ma anche di alchimisti e ciarlatani, quello di una città che scolorisce e ingrigisce avvolta dalla cappa ideologica conservando però sottopelle lo smalto vivido dell’identità e dell’antico splendore, del sentimento e delle idee, dei grandi autori divenuti giganti del pensiero come Franz Kafka, Jaroslav Hašek, Karel Čapek e Bohumil Hrabal, della musica di Antonín Dvořák e Bedřich Smetana, dei concerti e delle rappresentazioni al Rudolfinum e al Teatro Nazionale.
“Praga magica” fa in qualche modo pendant con “Storie del bosco boemo“, di due anni successivo, l’altro aspetto di un Paese fascinoso che stilla miti e leggende dalle pietre e dalla terra, dai fiumi e dagli alberi, dalle città e dai villaggi.
Nel centenario della nascita di Ripellino il nome dell’italiano innamorato della Cechia e propagatore instancabile della sua cultura, viaggia in lungo e in largo nella capitale sui tram e sui vagoni della metropolitana grazie alla traduzione dei versi di “Sinfonietta n. 37” a cura della scrittrice Sylvie Richterová. Un viatico per l’intitolazione di uno spazio urbano, dove passeggiare respirando “Praga magica”, che c’era e che ancora c’è.