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Rapporto Cida-Censis, il 50% del ceto medio teme il declassamento

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ROMA (ITALPRESS) – Il 60,5% degli italiani sente di appartenere al ceto medio che, prima ancora che una questione reddituale, è una condizione di identità e status sociale percepito; il 48,8% vive il timore di una regressione nella scala sociale e il 74,4% ha la convinzione di un concreto blocco della mobilità verso l’alto: sono i dati che emergono dal Rapporto CIDA-Censis “Il valore del ceto medio per l’economia e la società” commissionato dalla Confederazione Italiana dei Dirigenti e delle Alte Professionalità e presentato oggi in un convegno alla Camera.
Secondo lo studio, il 66,6% degli italiani (il 65,7% del ceto medio) è convinto che le generazioni passate vivevano meglio e il 76,1% degli italiani (75,1% del ceto medio) ritiene che le generazioni future staranno peggio di quelle attuali. “A me preoccupa soprattutto questa assenza di speranza nel futuro”, ha sottolineato il presidente di CIDA, Stefano Cuzzilla. “Se le aspettative calano, se non si crede più di poter migliorare la propria condizione, se si ritiene che le generazioni future staranno peggio di quelle attuali, sarà il Paese intero a pagare un prezzo altissimo. E’ nostra responsabilità, come manager e come società civile, rispondere a questo cambiamento e intercettarne i bisogni prima che sia troppo tardi. Significa investire per avere un sistema costruito sulla triade più alto benessere economico – più alti consumi – aspettative crescenti. Mentre oggi siamo in questa situazione: meno benessere economico – consumi ridotti – aspettative pessimistiche. Solo valorizzando l’impegno nel lavoro, il talento, le conoscenze e le competenze, è possibile riattivare i meccanismi di crescita”, ha spiegato.
Secondo lo studio per il 57,9% degli italiani impegno e capacità non sono adeguatamente premiati (54,9% del ceto medio). Inoltre, l’81% pensa sia giusto che chi lavora di più guadagni di più (80% del ceto medio), e il 73,7% ritiene legittimo e giusto che una persona talentuosa e capace possa diventare ricca (75% del ceto medio). Di fronte alle complessità del contemporaneo, a processi epocali di transizione relativi alle nuove tecnologie o alla sostenibilità, l’87,1% degli italiani è convinto che solo un innesto massiccio e capillare di culture e pratiche manageriali potrà consentire quell’upgrading di funzionalità che oggi è richiesto al sistema Paese. Per l’82,7% il bravo manager nelle aziende e negli enti è colui che sa trascinare e motivare gli altri. Per l’84,4% degli italiani una più alta efficienza di imprese e Pubblica Amministrazione richiede dirigenti fortemente orientati a premiare i più meritevoli ad ogni livello. L’85,8% delle famiglie è convinto che, se una scuola è ben gestita sul piano organizzativo, è più facile che garantisca anche buone performance didattiche e il 62,2% crede che avere manager come dirigenti nel servizio sanitario è un fattore di garanzia per i pazienti. Per questo la Cida avanza una serie di proposte, a partire da una revisione urgente delle aliquote Irpef che vada nella direzione della riduzione della pressione fiscale per le fasce di reddito medio-alte, passando gradualmente da tre a due aliquote; un incentivo al merito, attraverso forme di decontribuzione e di defiscalizzazione collegate a premi di produzione che siano applicate alla generalità dei lavoratori; la lotta all’evasione, attraverso misure rivolte alla crescita e all’uso dei pagamenti elettronici; incentivi fiscali a favore delle figure manageriali che investono in start-up o in partecipazioni nel capitale sociale delle piccole e medie imprese; la tutela delle pensioni e il rafforzamento della previdenza complementare e degli investimenti, un miglioramento dell’accesso e della qualità delle cure sanitarie e infine misure per favorire l’occupazione dei giovani, attraverso un dialogo costruttivo e costante tra il mondo del lavoro e quello della scuola.(ITALPRESS).

Foto: xi2

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