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Strage di Cadore. Dalla Norvegia parte la raccolta fondi per Elena Potente 

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AGI – È partita dalla Norvegia la raccolta fondi a supporto di Elena Potente , la donna di 42 anni che giovedì scorso nel tremendo investimento di Santo Stefano di Cadore , nel Bellunese , ha perso il figlio Mattia di due anni, il compagno Marco Antoniello , 48 anni, e la madre Mariagrazia Zuin , 64enne, restando lei stessa ferita, fortunatamente in maniera non grave.

Il piccolo Mattia per Elena era il secondo figlio avuto dalla relazione con Marco. A lanciare la raccolta fondi finalizzata ad un aiuto economico è stato Matteo Scarpellino che vive in Norvegia ma che di Elena era stato compagno dall’asilo alle medie.

“Siamo assolutamente sconvolti dalla tragedia che ha distrutto la famiglia della nostra cara amica – scrive Scarpellino in un post su Facebook -. Elena è mia amica da una vita. Non riesco a esprimere il senso di ingiustizia e insensatezza che questa tragedia lascia in me . Non lasceremo la Elena sola, e la sosterremo come possiamo. Per questo mi sembra giusto promuovere una raccolta di fondi a favore di Elena, come forma di partecipazione”.

Intanto è in corso in carcere, a Belluno , l’interrogatorio di convalida dell’arresto di Angelika Hutter , la donna di 31 anni originaria della Baviera arrestata con l’accusa di omicidio stradale plurimo. La turista tedesca, senza fissa dimora, descritta come una persona molto litigiosa, alle ore 15.15 di giovedì scorso lungo la via Udine ha falciato quattro persone uccidendone tre, tutti componenti della stessa famiglia originaria di Favaro Veneto .

Hutter, che è stata affidata al carcere femminile della Giudecca a Venezia , è difesa dall’avvocato d’ufficio Giuseppe Triolo. Oggi a Santo Stefano di Cadore è lutto cittadino , negozi chiusi e mercato settimanale del lunedì allestito con un numero inferiore di bancarelle.

 

Già denunciata a Bolzano

Solo pochi giorni prima di commettere l’omicidio stradale nel Cadore, Angelika Hutter era stata denunciata dalla Questura di Bolzano per oggetti atti ad offendere: gli agenti, chiamati da un negozio di elettronica di un centro commerciale perché la donna aveva litigato con un addetto alle vendite, si trovano nel suo zaino un martello.

Come ha riferito il legale d’ufficio Giuseppe Triolo, Angelika in carcere continua a ripetere nella sua madrelingua una sola frase, “Ich bin in einem Abgrund” (“sono in un baratro”, la traduzione dal tedesco) e non ricorda nulla dell’ incidente. Hutter, come hanno confermato le analisi sul sangue, alla guida non si era messa sotto l’effetto di sostanze alcoliche o stupefacenti.

Dubbi sulle cause dell’incidente

Sulle cause della tragedia restano ancora diversi punti interrogativi: 

Disattenzione causata dalla consultazione del telefono cellulare (il telefonino è stato sequestrato)?

Gesto volontario dopo una lite con una persona?

Malore?

Le telecamere di un’officina hanno ripreso il transito dell’Audi A3 nera con a bordo Hutter percorrere a gran velocità, decisamente superiore ai ’50’ chilometri orari indicati (sono stati ipotizzati almeno 90 km/orari), la via Udine: erano le ore 15 e 14 minuti e 54 secondi e solo quattro secondi dopo si è udito un forte boato.

Nel corso dell’atto istruttorio di oggi l’avvocato Triolo cercherà di ottenere la scarcerazione da parte del giudice di Belluno, Enrica Marson perché “non può stare in carcere, l’incidente è stata una sfortuna che può capitare a chiunque”.

 

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Autore Redazione