AGI – Sono giorni toccanti, di memoria e di ricordo, quelli che si stanno celebrando ai piedi della Marmolada, la ‘Regina delle Dolomiti’: alle 13,43 di quella torrida domenica 3 luglio di un anno fa – il 3 luglio ricorre il primo anniversario – una valanga provocata dal collasso della calotta sommitale del ghiacciaio di Punta Rocca travolse diciannove persone.
Undici morirono – sette vicentini, una trentina, un trevigiano, e due cechi – e otto rimasero ferite: ancora oggi ricordano quei terribili momenti oltre a riportare lesioni permanenti. Quella massa di materiale tra neve, blocchi di ghiaccio, massi e fango, scivolata a una velocità di 50-80 metri al secondo ha lasciato una ferita importante per il mondo della montagna e del turismo.
Quella zona della Marmolada, il massiccio ‘conteso’ tra Trentino e Veneto, è da sempre stata ad alta vocazione non solo alpinistica ma anche turistica. Un tempo non così tanto lontano – i primi anni 2000 – sul versante trentino della Marmolada si poteva ancora praticare lo sci primaverile.
Quella della Marmolada è stata una tragedia, una delle più pesanti della montagna. Dopo la strage di un anno fa la montagna venne subito chiusa, decretata la ‘zona rossa’ (vie d’accesso inibiti) da parte dell’amministrazione trentina mentre quella veneta dopo qualche giorno di chiusura per facilitare i soccorsi e il rispetto delle vittime, riaprì i tre tronconi della funivia in partenza da Malga Ciapela.
Gli escursionisti potevano salire fino ai 3.342 metri di Punta Rocca ma era vietato mettere piede sul ghiacciaio. La macchina dei soccorsi è stata sin da subito imponente, prima con gli elicotteri e poi, una volta verificata la sicurezza perché il rischio di nuovi crolli era reale, anche via terra. I pezzi dei cadaveri – così hanno riferito in più occasione i soccorritori – e i loro oggetti sono stati ritrovati anche diverse centinaia di metri verso valle.
Nessuna responsabilità umana
Il giorno seguente la strage a portare la sua vicinanza anche lo Stato italiano: ad Alba di Canazei arrivò l’allora premier Mario Draghi. Era stata aperta un’inchiesta per capire quanto accaduto e per escludere cause di terzi, archiviata recentemente dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trento, Enrico Borrelli: “crollo imprevedibile” ha scritto sulla sentenza.
Le stesse parole le avevano scritte anche i periti nominati dalla Procura del capoluogo trentino. Nessuna responsabilità dell’uomo, non è stato l’uomo ad aver provocato lo slittamento del seracco della calotta sommitale del ghiacciaio della Marmolada poco sotto Punta Rocca. Le cause sono riconducibili a eventi della natura.
Domenica 3 luglio 2022 era una giornata molto calda, a fondovalle c’erano 38 gradi e sulla ‘Regina delle Dolomiti’ la colonnina di mercurio da alcuni giorni non scendeva sotto lo zero. In occasione del primo anniversario della tragedia sono stati organizzati dibattiti ed incontri. Reinhold Messner, il ‘Re degli Ottomila’ essendo stato il primo alpinista della terra a essere salito su tutte le 14 montagne oltre gli 8.000 metri senza l’uso di ossigeno, ha detto, “la montagna è là e ci offre la possibilità di emozionarci” aggiungendo, “contiene per sua natura dei pericoli perché si tratta di ambienti che non possono essere esenti da rischi” precisando che “siamo chiamati a frequentare le vette con questa consapevolezza e usando la massima prudenza”.
Nella giornata del ricordo alle 11 sarà celebrata una messa a Passo Fedaia sul piazzale a monte del rifugio Cima Undici. Al termine della celebrazione religiosa, in uno spazio di meditazione situato poche decine di metri più in alto sarà deposta una targa commemorativa. Sarà un momento intimo al quale parteciperà anche una rappresentanza dei soccorritori e delle istituzioni.