AGI – “Non volevo qualcosa di celebrativo ma un’opera che mi rappresentasse, per quello che sono”. Zucchero Fornaciari alla festa del cinema di Roma per la presentazione del suo omonimo docu-film svela se stesso e parla delle sue ‘tribolazioni’, del suo essere come persona. Eppure, guardando le immagini, ascoltando i commenti di Bono Vox, Francesco De Gregori, Sting e tanti altri, non si può che rimanere piacevolmente affascinati da quanta incredibile strada abbia fatto questo musicista, divenuta una rock star internazionale, un blues man appassionato della sua arte che ha suonato con tutti i grandi fra i grandi della musica rock e vanta amicizie speciali, come quella con Luciano Pavarotti.
“È vero quello che dice De Gregori nel film – spiega Zucchero in conferenza stampa – io sono una persona ‘tribolata’ ed è forse anche per questo che esce fuori la mia vocazione per il blues. Sono una persona che è stata sradicata da piccola, andando via dalla provincia di Reggio Emilia per finire in Versilia a 11 anni, dove non mi sono ambientato mai. È stato uno sradicamento anche da mia nonna Diamante che mi ha fatto soffrire – aggiunge – ed è finita che non mi sono mai sentito veramente a casa. Quindi in me ci sono effettivamente pensieri malinconici e questo spiega anche la mia passione per il blues”.
Malinconia che, aggiunge il cantante, “è bella, non necessariamente negativa. Basta che non si trasformi in depressione. In questo film c’è la provincia emiliana, il mio piccolo mondo che era fatto della mentalità contadina – spiega – al paese c’era il prete detto ‘tagliatella’ perché pasciuto, la cooperativa del Partito comunista e la chiesa. E io sono cresciuto suonando l’organo della chiesa, dove suonavo anche altra musica e in cambio facevo il chierichetto”.
Ed ecco il ricordo di Luciano Pavarotti: “Ho avuto la fortuna di essere suo amico – racconta – con lui ho fatto ‘Miserere’. Era una persona genuina. Quando ci vedevamo ci parlavamo in dialetto. Per me è stato un faro. Genuino pur essendo planetario, era legato alle sue radici, quando andava a casa giocava a briscola. Lui e io, genuini – aggiunge – per me la genuinità e alla base di tutto: puoi essere Gesù, ma la cosa che mi sta a cuore è capire e sentire la genuinità un una persona. Quando sei fuori dal palco o dalle scene devi essere te stesso”.
Tanta strada fatta dentro una storia incredibile: “Ci ho pensato spesso a questa cosa – ammette Zucchero – ho pensato a quanta gente e quante rockstar ho incontrato e mi emoziona tutto questo. Devo dire che le testimonianze dei colleghi che parlano di me nel film sono state anche troppo generose. Sono apparsi vogliosi di parlare di me e delle mie storie e quando ho visto il film finito mi sono chiesto: ma come ho fatto? Ci vuole costanza e tenacia – aggiunge – ma nel mio caso, la tenacia è stata un’esigenza. Parti dicendo che vuoi fare il musicista e vivere in modo decoroso, sufficiente, inizi cosiì ma poi mai avrei pensato a fare tutto questo”.
In effetti, ricorda ancora il bluesman, “i primi tempi sono stati molto duri. Tornavo a casa sconfitto. Le ho provate tutte fino a quando non è arrivato ‘Donne’ che poi si è classificato penultimo al Festival di Sanremo ma stato un successo. C’è stato talento ma anche una componente di fortuna: in un momento della mia vita, quando ero depresso, sono capitate le cose più incredibili – ricorda ancora – mi chiamò Sting e scrissi ‘Miserere’: le cose belle sono capitate quando stavo male. Quindi ero tribolato, ma ora va meglio”.
Nel 2024 Zucchero tornerà live negli stadi partendo a marzo per l’Europa, poi una parentesi in Italia e di nuovo in giro fino al Sud America. “Io non ho mai seguito le regole del musicista, album e poi concerto. Io prendo spunto da Eric Clapton e da B.B. King, gente che va e suona sempre, soprattutto ora che la discografia soffre molto. Io seguo mio istinto e metto il cantare d’avanti”, conclude.